Quello che non siamo diventati di Tommaso Fusari

Trama «Andrà tutto bene, Michael.» «E come fai a dirlo, Sara? Prevedi il futuro?» «Non prevedo il futuro, ma siamo insieme, no?» Mi volto verso il campo di cocomeri e le vigne, che avevamo attraversato per arrivare alla recinzione. Non c’è nessuno all’orizzonte. «E se andasse tutto male?» «Be’, restiamo insieme.» «Sempre?» «Per tutta la vita.» Una promessa fatta da bambini, calda e rassicurante come una carezza, come un abbraccio quando fuori fa tanto, tanto freddo. Un fratello e una sorella, Michael e Sara, che una volta erano inseparabili e ora sono quasi due estranei, due che, pur abitando sotto lo stesso tetto, si sfiorano appena. E, nel mezzo, la vita, fatta di momenti belli ma anche brutti, momenti in cui tutto può andare avanti, oppure può interrompersi bruscamente. Momenti che arrivano inaspettati per dirti che tutto deve cambiare. Anche se non vuoi, anche se non sei pronto. E a quel punto, poco importa come, tu devi trovare un modo per andare avanti. E questo hanno fatto Sara e Michael. Ognuno per conto proprio, però. Lei attenta a non far trapelare il dolore che le si appiccica alle ossa, agli occhi, ai battiti cardiaci e che le fa mancare l’aria, e a controllare sempre tutto, a non lasciarsi sfuggire niente, in un ingenuo tentativo di tenere ogni cosa in equilibrio. Lui in balia di ciò che accade, senza trovare mai la forza di avere un orientamento, col cuore imbottito di hashish e la testa di sogni infranti. Entrambi sempre più estranei, e lontani l’uno dal cuore dell’altra. Ma a un certo punto però qualcosa, o meglio qualcuno, irrompe nella loro vita facendo vacillare il loro piccolo mondo cristallizzato, fatto di giorni sempre uguali, silenzi, muti rimproveri, possibilità sospese, distanze che diventano siderali e ricordi sbiaditi. Di nuovo, Michael e Sara sono di fronte a qualcosa che potrebbe stravolgere la loro esistenza. E se soltanto smettessero di vivere ogni cambiamento come una crepa dalla quale possono entrare solo cose brutte, forse potrebbero riprendere il cammino interrotto tanti anni prima, trovare il modo di tornare a respirare, a credere nel futuro, e, magari, infine, ritrovarsi.

Quello che non siamo diventati di Tommaso Fusari. Edito il 09.07.2019 da Mondadori. Genere: narrativa. 262 pagine

Questo libro dalla bellissima copertina significativa, con una tazza rotta tenuta malamente insieme da un elastico, poggiata sopra un piattino in pezzi, racchiude una storia famigliare di quelle che a me piacciono tanto. Non mi capita spesso di imbattermi in romanzi dove i protagonisti sono due fratelli, come in questo caso, Sara e Michael. Due fratelli che a un certo punto della loro vita sono costretti a fare i conti con la durezza della vita poiché i genitori muoiono in un incidente stradale e a prendersi cura di loro sarà, come meglio potrà, la nonna e loro stessi. Sara, la sorella maggiore, imparerà prima del tempo cosa significa avere a che fare con conti e bollette, tanto che ha rinunciato all’idea di studiare lettere per mettersi subito a lavorare, per poter tirare avanti la casa e Michael. Una bella ragazza, precisa, abitudinaria, brava nel suo lavoro, ligia al dovere, abituata a non concedersi lussi o particolari premi. Michael, invece, ha preso la strada sbagliata, un ragazzo senza lavoro, che passa le giornate tra il divano e il letto o in compagnia della sua fidanzata Lola, spinelli e cocaina. Sara e Michael non potrebbero essere più diversi, e condividono una casa in cui nessuno sa nulla dell’altra. Eppure, una volta erano uniti, una volta erano dei bambini che si erano promessi di esserci per sempre l’uno per l’altra. E questo passato percorre tutto il libro, con dei continui flashback. Sara e Michael, dovranno vedere la loro vita precipitare perché si ricordino cosa sono in grado di essere l’uno per l’altra. Sara arriverà al limite dal baratro e Michael arriverà a gettare tutto all’aria per poter ricostruire. Una storia sulla famiglia, su quanto possa essere difficile volersi bene e su quanto, a volte, i legami di sangue non significhino nulla. Una storia che fa male per poi curarti con un cerotto troppo piccolo per quello squarcio che si è creato nel tuo petto.

È il primo romanzo che leggo di Fusari, la sua penna è molto bella, tanto da non farmi sentire neanche troppo la mancanza di un punto di vista prettamente femminile (lo so, mea culpa).

4 stelle, non arriva a 5 perché è mancato quel qualcosa in più nei protagonisti: troppi luoghi comuni per Michael, Sara un po’ troppo didascalica per essere vera.

 

La serenità è meglio della felicità, perché dura di più. La serenità te la costruisci, è la felicità che dura un secondo.

4 stelle

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