La mia bottiglia per l’oceano di Michel Bussi
Trama La storia, avvincente, si dipana in un’isola della Polinesia tra tatuaggi, simboli misteriosi, statue minacciose, perle nere e fughe nella giungla fino a una conclusione del tutto inaspettata. Come nei gialli della miglior tradizione, l’assassino si scopre alle ultime pagine.
«Mi piace che tra l’inizio della storia e l’ultima pagina la soluzione dell’enigma sembri impossibile».
Michel Bussi
Un interno a cielo aperto orchestrato dalla mano di un maestro.
L’isola di Hiva Oa, uno dei paradisi equatoriali della Polinesia francese, non è un atollo, ma un luogo di alte montagne e profonde vallate, traboccante di vegetazione, culla di un’antica cultura quasi interamente spazzata via dalla colonizzazione bianca a partire da metà Ottocento. Oggi è famosa soprattutto perché ci hanno vissuto Gauguin e, settant’anni dopo, Jacques Brel, le cui tombe sono meta di pellegrinaggio.
Nella pensione Au Soleil Redouté, sotto la guida del celebre romanziere Pierre-Yves François detto PYF, si svolge un laboratorio di scrittura al quale partecipano cinque aspiranti scrittrici: Clémence, trentenne sportiva, sognatrice, espansiva; Eloïse, anche lei trentenne, bella, malinconica, chiusa; Farèyne, quarantenne, comandante di commissariato a Parigi con il pallino della scrittura, accompagnata dal marito Yann, capitano di gendarmeria; Marie-Ambre, anche lei quarantenne, ricca sfondata con tendenza all’alcolismo, accompagnata dalla figlia sedicenne Maïma; infine Martine, settantenne, blogger di successo con più di quarantamila follower.
Nella spettacolare cornice polinesiana il consesso letterario sembra procedere con armonia e alacrità, sennonché a un certo punto lo scrittore sparisce, si volatilizza, e nella pensione si affaccia la morte sotto forma di un misterioso omicidio su cui ognuno indaga a modo suo, ma giungendo tutti a un’identica conclusione: l’assassino non può che essere uno di loro!
La mia bottiglia per l’oceano di Michel Bussi, thriller con suspense pubblicato da Edizioni e/o lo scorso 9 novembre
Michel Bussi è un abilissimo incantatore di serpenti, riesce con la sua prosa a portare il lettore esattamente dove vuole lui, e con La mia bottiglia per l’oceano mi ha ipnotizzato con la sua affascinante penna, rendendo impossibile, alla sottoscritta, un ragionamento logico. Non ho capito niente. Mi sono limitata semplicemente, come faccio con ogni suo romanzo, a pendere letteralmente dalle sue parole e a farmi prendere abilmente in giro. Una delle peculiarità che più apprezzo dello scrittore francese è sicuramente la sua capacità di reinventarsi ad ogni libro. Non usa mai lo stesso espediente narrativo, ogni romanzo è un puro concentrato di talento, una trappola ben congeniata, una rete abilmente tessuta pronta a catturare anche il lettore più furbo. E stavolta, fidatevi di me, si è davvero superato con un libro che è un omaggio non dichiarato ma palese alla regina del giallo inglese, Agatha Christie e i suoi Dieci piccoli indiani.
Prendete cinque aspiranti scrittrici desiderose di partecipare ad un laboratorio di scrittura con il loro autore di gialli preferito, trasferitele in un atollo polinesiano isolato, un paradiso terrestre tra la natura, selvaggia e incontaminata, rendete impossibile ogni contatto con la terraferma e avrete un weekend con molti misteri da svelare.
Ci troviamo ad Hiva Oa, a sud dell’equatore nella Polinesia francese, l’isola che fa parte del complesso delle isole Marchesi, è il luogo ideale dove far trascorrere un piacevole soggiorno a 5 aspiranti scrittrici, scelte tra migliaia di partecipanti ad un concorso letterario, organizzato da una casa editrice francese.
Le Marchesi si odiano o si amano, disgustano o incantano. Alcuni le considerano uno degli ultimi paradisi terrestri, altri le vedono come il giardino maledetto del Tiaporo, il diavolo della Polinesia.
Il famoso romanziere Pierre-Yves François, PYF per gli amici, accoglie nel luogo che è stato di grande ispirazione al pittore Gaughin, le 5 partecipanti che han vinto il concorso. Sono 5 donne totalmente diverse tra loro per stile di vita ed estrazione sociale, ciò che le accomuna è il desiderio di scrivere un romanzo, e il laboratorio di scrittura con il loro autore preferito è un ottimo trampolino di lancio. Conosciamo Martine, una famosa blogger di origine belga, una simpatica settantenne con il pallino della scrittura. Incontriamo Clem ed Eloïse, entrambe trentenni, la prima ha davvero una grande voglia di sfondare con un suo libro, Eloïse, invece, sembra più rapita dalle bellezze dell’isola e dalla sua passione per il disegno. Farèyne, invece si è fatta accompagnare dal marito Yann, sono entrambi ufficiali di polizia, lei ha la passione della scrittura, lui vuole godersi solo la vacanza. A chiudere il cerchio c’è la procace e bellissima Marie-Ambre, una quarantenne accompagnata dalla figlia adolescente Maïma. Il loro compito è molto semplice: dovranno scrivere, dare sfogo alla loro fantasia e riuscire a tirare fuori la loro personale bottiglia per l’oceano, il romanzo, che le renderà delle affermate scrittrici. Ma cosa succede se a poche ore dal loro arrivo, PYF sparisce non lasciando alcuna traccia, se non i suoi vestiti piegati su uno scoglio, e un sasso con dei strani simboli tatuati? E cosa rappresentano le 5 statue scolpite, rivenute nei pressi dell’hotel in cui soggiornano le 5 donne? La sparizione dell’autore è solo l’inizio di un incubo, ognuna delle aspiranti scrittrici si ritrova ad indagare, cercando di venire a capo del mistero. E se nel frattempo ci scappasse un morto? E se il cadavere, fosse il primo di una lunga serie?
Cominciate con una sparizione. Il lettore si farà le stesse domande di prima, chi, come e perché, più un’altra: il personaggio scomparso è vivo o morto?
Una delle cose che sappiamo dei libri crime è che il narratore, chi decide di raccontarci gli eventi, deve essere affidabile. Dobbiamo fidarci di lui e di quanto decide di svelarci. Possiamo dire lo stesso de La mia bottiglia per l’oceano? Decisamente no. Le varie voci narranti si contraddicono tra loro, dando la sensazione che nel romanzo ci siano evidenti buchi di trama. Lo stesso evento ci viene raccontato con particolari diversi e contraddittori, e mentre il lettore si domanda chi sta mentendo e chi dice la verità, l’autore ridacchia consapevole di aver gabbato il lettore con stile e genialità. Ho amato visceralmente il romanzo, non è un mistero che consideri Bussi il miglior autore al mondo del genere Polar. Fatevi un regalo: leggete questo libro.