Intervista a Marissa Stapley

Marissa StapleyBuonasera smeraldi, sono felicissima di aver avuto l’opportunità di intervistare Marissa Stapley, autrice di La locanda dei ricordi d’estate pubblicato a maggio da Sperling & Kupfer. Le risposte che mi ha dato sono molto approfondite e curate nei minimi particolari, mi ha piacevolmente stupita. Leggete e ditemi se concordate con me.

Prima di tutto piacere di conoscerti Marissa e grazie per la tua disponibilità. Partiamo con le domande.

  • Da dove nasce la tua passione per la scrittura e quando hai deciso di voler diventare una scrittrice?

Non riesco a ricordare un momento nel quale non mi soia considerata una scrittrice. Quando ero bambina passavo interminabili momenti a scrivere e raccontare storie. Il mio autore preferito era L.M. Montgomery, che ha scritto “the Anne of Green Gables series”, molto famosa qui in Canada. Parla di un’orfana che convive con i disagi della sua vita grazie all’immaginazione. Mi sono spesso identificata in lei, anche io ho sempre vissuto nel mio mondo. Leggevo sempre più libri e sognavo quelli che avrei voluto scrivere. I miei nonni paterni erano entrambi scrittori e mio padre è un giornalista, per cui nella mia famiglia c’è sempre stato un amore viscerale per la scrittura – e un grande supporto nei miei confronti quando ho mostrato interesse.
All’età di sedici anni ho fatto uno stage presso il giornale in cui lavorava mio padre, e lì ho imparato come scrivere – che non si trattava solo di passione e immaginazione, ma anche di efficienza, di rispettare le scadenze e usare il minor numero di parole per trasmettere una grande idea. Successivamente sono andata all’università e ho ottenuto la laurea in giornalismo, ho iniziato a lavorare per varie riviste e giornali sparsi per il paese. In questo modo trascorsero una decina d’anni. Mi sposai, ebbi un figlio e ne stava arrivando un altro ma ancora non avevo scritto nemmeno una novella. Poi mi venne un’idea e comincia a mettermi al lavoro. Ovviamente, come per moltissimi aspiranti autori, quel libro non è mai stato pubblicato e non lo è stato nemmeno quello che ho scritto dopo. E’ stato sconfortante. Ma non mi sono mai arresa. Scrivere è una questione di perseveranza tanto quanto di talento. Non importa quanto tu sia bravo, devi sederti e metterti a scrivere ogni singolo giorno, anche quando non sei sicuro di venir pubblicato, anche quando ti sembra difficile. Quando ho smesso di sognare di scrivere e ho imparato a scrivere decentemente – oltre al fatto di appassionarmi sempre di più – le cose belle hanno iniziato ad accadermi. Cose magiche. E allora, sono diventata una scrittrice.

  • Hai un modello a cui ti ispiri, un autore o autrice che ami in particolar modo?

Anni fa mi trovavo da sola a Muskoka cottage (una zona di laghi in Ontario, dove molte persone trascorrono l’estate, è un luogo bellissimo) e stavo lavorando a una scena del mio romanzo d’esordio su un personaggio, anch’egli solo, a Muskoka cottage, quando sono incappata nel romanzo di Lauren Groff “The Monsters of Templeton”. Era infilato in uno scaffale tra i misteri di Agatha Christie e il “Fisherman’s almanacs”. Leggerlo mi ha distratto dai timori che mi stavano ostacolando.
Cosa succede se nessuno vuole pubblicare il mio romanzo? Cosa succede se una tartaruga azzannatrice mi morde mentre sto nuotando da sola? Groff ha tirato fuori le mie paure dal profondo e le ha rese bellissime; il mio personaggio ha iniziato anche lui a leggere il libro e la storia ha iniziato a venir fuori. Successivamente, quando firmai il contratto di pubblicazione, Groff mi ha gentilmente permesso di usare delle sue parole in un estratto. Dire che sono una sua fan da quel momento è il minimo. Qualunque cosa lei scriva è bellissima, e il fatto che i suoi libri siano lì per me ogni volta che ne ho bisogno, lo trovo di conforto e ispirazione.

Sono anche ispirata dagli autori con cui ho stretto amicizia lungo il mio percorso. Scrivere è un’impresa solitaria – e quando tu hai finito di scrivere un libro, devi uscire fuori e affrontare il mondo. Non so cosa avrei fatto senza i miei colleghi pronti a fornirmi il supporto necessario quando ne avevo bisogno, sia che questo significasse leggere il mio lavoro o venire ai miei eventi o semplicemente esserci quando avevo bisogno di parlare. Noi tutti facciamo cose di questo genere l’uno per l’altra (il nostro gruppo è formato da sei persone e ci divertiamo a chiamarci scherzosamente “la congrega”) ed è senz’altro un dono poter trovare tutto ciò nel mondo.

  • Nel tuo romanzo ‘Things to Do When It’s Raining’ è di fondamentale importanza l’ambientazione: come hai scelto Alexandria Bay?

Ho una zia che è un’attrice e un’insegnante di canto – molto simile al personaggio di Viv – e sono andata a trovarla un po’ di volte mentre stavo mettendo insieme la storia. Sapevo che volevo che l’ambientazione fosse una pensione, ma non ero sicura di dove dovesse essere, fino a quando non ho scoperto la comunità dove viveva mia zia, accanto a St Lawrence River. Un pomeriggio abbiamo fatto una crociera in battello e quando ho visto tutte quelle isole, alcune delle quali così piccole da poter entrare in una cabina, e ho ascoltato alcune delle storie del fiume, specialmente quelle delle poche persone che vivono sul fiume tutto l’anno, i personaggi hanno iniziato a prendere forma. Di recente ho nuovamente visitato la città ed è stato veramente un’esperienza emozionante per me. E’ stato come se stessi vivendo all’interno del libro. Ero sicura che avrei incontrato i personaggi mentre camminavo lungo le strade o passeggiando lungo il fiume. Il fatto che non fossero mai apparsi, mi ha reso estremamente infelice!

  • Mae, Gabe, Lilly e George sono persone vere, con i loro pregi e i loro difetti, le loro paure che li portano a compiere degli errori, come mai hai scelto di creare dei personaggi così realistici?

Non penso di averlo scelto – Sembrava di non avere scelta. Queste persone hanno iniziato a vivere nella mia testa ed erano così reali. Sono meravigliosi, ma come tutte le persone reali hanno i loro difetti. Ho iniziato a percepire che il mio compito principale fosse quello di trovare un modo per trasmetterli al mondo in tutta la loro forza e debolezza. Mi dicono spesso che i miei personaggi sembrano persone reali. Penso dipenda dal fatto di avere – o almeno cercare di avere – una profonda conoscenza della natura umana. Osservo costantemente le persone e le ascolto – forse anche quando non dovrei. E faccio troppe domande. Cerco sempre di capire esattamente perché le persone agiscano in un determinato modo e cerco di dargli un senso, non solo ai modi con cui le persone si amano, ma anche i motivi con cui si fanno del male e per i quali commettono errori. Le persone fanno continuamente degli errori. Anche io commetto degli errori ogni giorno! E mi riscopro frustrata quando nei romanzi risulta tutto inequivocabile e i personaggi prendono decisioni facilmente. Quella non è la vita reale.

  • A quale dei protagonisti ti senti più legata? Il mio preferito è stato nonno George, ho compreso tutte le sue scelte e mi sono sentita vicina a lui.

Adoro che nonno George sia il tuo preferito! Questo mi fa molto felice. Anche io mi sento in sintonia con lui. Lui è vagamente ispirato a mio nonno, che non era legato a me biologicamente ma che mi ha amato e si è preso cura di me come se lo fosse. E’ difficile per me scegliere un personaggio al quale sono maggiormente legata in questo romanzo. Forse, come dei figli, loro sono tutti i miei preferiti per differenti ragioni (E forse, come dei figli, tutti loro segretamente pensano di essere il mio favorito?). Fino ad ora, ho sempre scritto romanzi con un gruppo di personaggi e penso di aver investito in ogni personaggio in modo equo. Può essere un po’ estenuante! Sto ancora aspettando il giorno in cui verrà fuori l’idea di un libro che ha un solo personaggio principale.

  • Quale dei protagonisti ti somiglia maggiormente? Hai tratto ispirazione da persone reali per caratterizzarli?

Mae è forse il personaggio che più di tutti mi somiglia. E per George, Lilly e Everett ho tratto ispirazione dai miei nonni, ma loro sono stati semplicemente il seme che ha dato vita alla storia. Alla fine, questi personaggi non hanno nulla in comune con le persone che conosco. E funziona sempre così. Un libro non può diventare reale fino a quando non ti lasci alle spalle la vita reale… se questo può avere un senso! E sì, ho tratto ispirazione da persone reali per creare i miei personaggi , ma così come per ogni persona che ho sempre incontrato, ogni storia che ho sempre sentito ogni emozione che ho sempre provato. Questo è quello che vuol dire per me essere scrittore: filtrare la vita reale nelle pagine. Ma non è mai un momento o una persona particolare. Mio marito spesso riconosce nei miei libro piccoli momenti o storie delle nostre vite, ma in quel momento non mi accorgo di farlo. Lui dice che lo fa sorridere vederci in quei piccolissimi aspetti.

  • In ‘Things to Do When It’s Raining’ i segreti, le bugie e le mezze verità stravolgono la vita dei protagonisti, cosa ne pensi delle bugie dette per il bene degli altri?

Un momento importante nel romanzo è quando Lilly è da sola in piedi accanto alla finestra e sta guardando verso il fiume, pensando a come, nella vita, alcune cose debbano essere tenute segrete e altre no. La fregatura è capire quali. A essere onesta, lei ha un intuito terribile nello scegliere il momento giusto – comunque, l’ho sempre pensata allo stesso modo sui segreti per cui spesso ho nutrito grande solidarietà per il suo conflitto interiore. Le persone hanno questa tendenza a rivelare qualsiasi cosa li riguardi alle persone con cui vogliono intraprendere una relazione. Credo lo facciano perché sperano che se sono visti completi e innamorati, tutto andrà per il meglio. Io l’ho fatto, non solo con le persone di cui ero innamorata, ma anche con amici e parenti. E ho imparato che in realtà, è una cosa buona avere una vita privata. Va bene non essere completamente capiti in tutti i modi, penso che avere pochi segreti è l’unico modo che una persona ha per arrivare veramente ad amare se stessa, penso che sia giusto, forse non necessariamente dire bugie, ma talvolta tenersi qualcosa per sé e a volte potresti aver bisogno di nascondere la verità per proteggere i sentimenti di un’altra persona. E anche questo va bene. Comunque mantenere i segreti può causare molti dispiaceri. Lilly ha ragione, è difficile sapere quando è importante essere onesti e quando è importante essere discreti. Io sto ancora imparando e sto imparando insieme ai miei personaggi. Voglio avere i miei luoghi segreti ma non voglio “tagliar fuori” o ferire le persone che amo.

  • Altro tema portante del libro sono le seconde possibilità, immagino che tu per prima ci creda, ti è mai successo di concedere una seconda possibilità e pentirtene?

Capisco, forse più delle altre persone, che gli essere umani sono imperfetti. E’ impossibile avere una relazione con un’altra persona senza rischiare un giorno di rimanere feriti o infastiditi. Perciò credo fermamente nelle seconde possibilità – forse persino nelle terze e nelle quarte! Ma senza una ragione specifica. Tu puoi arrivare a comprendere le imperfezioni di una persona e le sue debolezze e amarla in ogni caso, e sai che anche quella persona ti ama. Ma se una persona ti ferisce nel profondo – non importa che la sua crudeltà provenga da quella che gli è stata inflitta come è successo per Jonah – tu devi proteggere te stesso sopra ogni cosa. E allora arriva il momento di andare via senza guardarsi indietro mai, è difficile, ma necessario.

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