Un altro (d)anno di Valentina Tomirotti
Trama Da novembre, mese in cui Valentina urla il suo primo vagito, a ottobre: un anno al contrario. La nascita, l’infanzia, la scuola, la famiglia, le gioie, gli amori, il sesso e un po’ di dolori. Né un diario, né un calendario, dodici mesi che parlano di una vita vissuta comodamente seduta su quattro ruote. Nessun caso clinico, solo la narrazione vivida e impertinente di una vita che incontra ostacoli a volte più imponenti delle barriere architettoniche, cercando di rendere stabile qualcosa che è nato in bilico. Non un’autobiografia, ma il racconto di dodici mesi lunghi trentasei anni. Un lunario un po’ lunatico e ribelle, tutto da inventare, da sfogliare o forse da spingere, come le ruote di Valentina. “È sempre stata una questione di ruote, della loro grandezza: il loro raggio, l’ampiezza delle mie azioni che cambiavano a ogni pit-stop di crescita. Le ruote sotto al sedere, le ruote in testa, ma soprattutto le ruote che mi portano lontano perché ho sempre bisogno di scappare, andare, un moto a luogo qualsiasi, perché la noia è la mia ombra.” Siamo troppo abituati a considerare la disabilità come la diretta conseguenza della malattia. Invece no, la malattia è un modo diverso di passeggiare nella vita. La malattia è come la verdura: prima accetti di mangiarla tutta, prima starai meglio e finirà la punizione. “Un altro (d)anno” è il racconto sfacciato di come si può mangiare la verdura sapendo poi di assaggiare anche un uovo di Pasqua anonimo, con una sorpresa da montare e smontare giorno dopo giorno. A volte scappa un “wow!”, a volte è solo un pieno di cioccolata che diventerà un brufolo sfrontato, spuntato al posto giusto in un momento sbagliato. Prefazione di Malika Ayane.
Recensione di Esmeralda – Un altro (d)anno di Valentina Tomirotti, pubblicato da Mondadori Electa il 26 marzo.
Sapevo cosa aspettarmi quando ho deciso di recensire questo libro? Sì e no, avevo una vaga idea di ciò che avrei potuto trovare tra le pagine, ma non la forza con cui le parole scritte da Valentina mi avrebbero colpito.
Faccio subito mea culpa: non conoscevo Valentina Tomirotti e il suo PEPITOSA. Non avevo mai letto le sue perle di saggezza #perdire. Come spesso accade sono fuori dal mondo, però credo che da un lato sia stato positivo non avere su lei nessuna idea pregressa perché mi ha permesso di conoscerla solo attraverso le parole che ha impresso in questo diario che non è un’autobiografia, ma che attinge a piene mani dalla sua vita e dalle sue esperienze.
Un altro (d)anno l’ho divorato in un giorno sdraiata sul lettino a prendere il sole (con la mia protezione 30 spalmata rigorosamente su ogni centimetro quadrato lasciato scoperto dal costume, per cui non vedrete nemmeno un leggero rossore che indichi la mia permanenza sotto il sole) e più leggevo, più riflettevo. Riflettevo sulle difficoltà che una persona disabile debba affrontare, riflettevo su quanto siamo ipocriti, anche se non lo ammetteremo mai, e soprattutto cercavo di capire se, tutti i difetti che Valentina ha così ben eviscerato del genere umano in generale, mi appartengano in parte o in toto.
Leggevo e mi preoccupavo perché, se davvero la maggior parte dei ‘normodotati’ è così abominevole, occorre correre ai ripari il più presto possibile. Dobbiamo smetterla di perdere tempo e fare qualcosa perché tutto cambi in meglio, e non sto parlando solo della questione barriere architettoniche, sto proprio parlando della percezione che ‘l’uomo comune’ ha della disabilità. Si salvi chi può perché siamo messi malissimo.
Valentina racconta la sua vita, le difficoltà che ha incontrato durante il cammino (rigorosamente su ruote), ma anche le gioie, gli amici, l’amore e il sesso. E lo fa toccandoti nel profondo, rimanere indifferenti alle sue parole è impossibile. Lei con le parole sa giocare, sa come disporle per strapparti una risata, sa come farle suonare per lanciarti un messaggio e sa come affilarle per colpirti nel profondo.
In questo libro, che potrebbe sembrare un insieme disordinato di pensieri, senza un filo logico da seguire, lei ha messo tutta se stessa, senza freni, senza inibizioni, senza paura (anche se la paura ha un ruolo molto importante nella sua vita come in quella di tutti noi). Si è fidata, cosa che le viene alquanto difficile, e ha deciso che era il momento di dare a tutti un pezzo di lei, per comprendere meglio non solo Valentina, ma anche tanti aspetti della vita di un disabile che tendiamo ad accantonare, facendo finta di nulla.
Valentina non si erge a paladina, non pretende che ciò che lei scrive valga per tutti e nemmeno che i suoi pensieri divengano il Vangelo, vuole solo far emergere che la sua vita, nonostante possa affrontare problemi maggiori, è esattamente come quella di chi la sta leggendo. Esiste un insegnamento migliore di questo? Normalizzare la diversità, senza metterla su un piedistallo, senza fare di lei una santa solo perché ha una malattia che la costringe su una sedia a rotelle. È questo che lei chiede, essere trattata esattamente come chiunque altro ritenuto ‘normale’ dalla società. E ca**o se ha ragione! Si dice sempre che per capire una condizione bisogna trovarcisi, che con i ‘se’ non si va da nessuna parte, che lasciano il tempo che trovano. Lo so, ma io ho quasi l’assoluta certezza che la penserei esattamente come lei.
Detesto chi si piange addosso, non sopporto chi fa di tutte le stupidaggini un affare di stato, chi non sa dare il giusto peso alle cose e sembra sempre avere in mano le sorti dell’umanità ogni volta che deve affrontare qualcosa fuori dall’ordinario.
Valentina affronta la vita sempre col sorriso sulle labbra e la battuta, rigorosamente al vetriolo, pronta. I suoi #perdire vi faranno ridere di gusto. I suoi momenti di follia, i suoi errori, le sue bellissime amicizie, i suoi servizi sexy (eh già ragazze, la Tomirotti non ha paura di mostrare la propria sensualità) vi mostreranno che lei vive tutto al massimo e che dovremmo imparare a farlo anche noi.
Un altro (d)anno sa di vita vera e andrebbe suggerito alle scuole superiori, perché è lì che i ragazzini diventano adulti e se c’è un modo per salvarli dobbiamo provarci 😛 A parte gli scherzi, lo consiglio a chiunque abbia voglia di vedere la vita attraverso altri occhi, a chi cerca una lettura che lo faccia ridere, ma anche riflettere tanto, su se stesso e su come percepiamo, e ci rapportiamo, con la disabilità.