Tre vite una settimana di Michel Bussi

Trama La capitana Marelle della gendarmeria nazionale non crede ai suoi occhi quando scopre le tre patenti quasi identiche nell’automobile dell’uomo trovato morto nella scarpata: Renaud Duval, Hans Bernard e Pierre Rousseau hanno la stessa faccia, sono nati nello stesso giorno, ma in tre luoghi diversi! Qual è dunque la sua vera identità? Ed è stato incidente, suicidio o omicidio? È come se uno stesso uomo conducesse tre vite contemporaneamente a tre indirizzi diversi, con tre case, tre famiglie… In un’indagine che non offre punti fermi l’unica pista sono le marionette, che dal negozio di un misterioso libraio antiquario di Parigi portano alla lontana Boemia, teatro di un episodio di fuoco e sangue avvenuto quarant’anni prima. Ma chi è morto, Renaud, Hans o Pierre? E chi deve morire per mano di una minaccia che resta nell’ombra? Se lo chiede la polizia e se lo chiedono le tre donne che l’uomo ha lasciato. Delle tre, Nanesse deve arrendersi all’evidenza: ha identificato il cadavere del suo Renaud. Ma né la tatuata Éléa, ragazza di Pierre, né la sportiva Vicky, fidanzata di Hans, credono che il loro uomo sia morto. Per la verità non capiscono nemmeno se quello che stanno cercando sia lo stesso uomo o siano due persone diverse. In una girandola di colpi di scena e situazioni mozzafiato, Michel Bussi tira i fili di una vicenda inestricabile che sfocerà nella più imprevedibile delle soluzioni.

Tre vite una settimana di Michel Bussi, poliziesco pubblicato da Edizioni e/o lo scorso 13 settembre.

Sedici sono le ore che ho impiegato per leggere Tre vite una settimana. Sedici ore consecutive, interrotte solo per prendere respiro e metabolizzare. Non so a che punto del romanzo io abbia abbassato la guardia e permesso all’autore di muovere le fila e manipolarmi come un abile puparo, un marionettista esperto che sa che direzione far prendere ai suoi affezionati lettori. Ma anche stavolta Michel Bussi è riuscito a sorprendermi lasciandomi disarmata. L’autore da sempre divide i suoi lettori tra chi pensa che dopo Ninfee nere non abbia scritto niente di rilevante e chi, come me, pende letteralmente dalle sue parole. La sua penna è una sorta di bacchetta magica che lui usa con l’unico intento di lanciare un qualche incantesimo che inibisca la capacità di ragionare lucidamente e di provare a stanare il suo piano. È vero, Ninfee nere è il suo capolavoro assoluto, l’espediente narrativo usato in quel romanzo è forse uno dei più sorprendenti mai utilizzati, ma anche nei romanzi successivi ho ritrovato quella sorta di magia ammaliante che solo lui è in grado di creare. E il segreto di tanta bravura è sicuramente legato al grande lavoro di ricerca dietro ogni suo libro. Ogni tema trattato, ogni piccolo particolare, anche il più insignificante, è facilmente riscontrabile e verificabile. Essere un professore di Geografia oltre a essere un brillante scrittore completa il quadro, perché ogni romanzo è un vero e proprio viaggio, in luoghi diversi, spesso poco conosciuti. Bussi non appesantisce le descrizioni, anzi incuriosisce ulteriormente il lettore e lo rende non uno spettatore esterno ma parte integrante della storia.

Si possono avere tre vite in una settimana? È il primo interrogativo che ci poniamo già dalle prime pagine del libro. In una scarpata nel cuore delle Ardenne al confine con il Belgio viene rinvenuto il cadavere di un uomo. Nella sua auto, nascosta tra le fronde di un albero, tre patenti diverse, tre identità distinte: Renaud Duval, Hans Bernard e Pierre Rousseau hanno la stessa faccia,la stessa data di nascita ma residenze diverse e luoghi di nascita differenti. Non possono essere gemelli, ma nemmeno la stessa persona, o forse sì. I documenti non sono contraffatti, l’uomo conduceva davvero tre vite separate e aveva tre relazioni stabili. Nanesse, la donna della sua vita, 28 anni di matrimonio e due meravigliosi figli è incredula, il suo Renaud non ha mai mostrato cedimenti, non le ha mai dato il sospetto che potesse condurre delle vite parallele. Stavano sempre insieme, tranne che per una settimana al mese, in cui Renaud si allontanava da casa per motivi di lavoro e verosimilmente diventava Hans, un camionista legato a Vicky, una ragazza madre innamorata di quest’uomo che poteva stare con lei solo per una settimana al mese. Anche lei è pronta a giurare di essere l’unica donna amata da Hans. E infine c’è Éléa, ragazza affetta da sindrome di Asperger, poco socievole e incline ai rapporti umani, che in Pierre, uno sfuggente ballerino, ha trovato il suo punto fermo. Il loro rapporto, nato in forma epistolare, si è evoluto in una relazione affiatata e stabile, anche se possono incontrarsi solo un paio di volte all’anno. Come possono Renaud, Pierre e Hans essere la stessa persona e vivere tre improbabili ma credibili vite parallele? Ma, soprattutto, la morte dell’uomo è stato un suicidio, un incidente o un omicidio? Il filo conduttore va ricercato in Boemia, antica patria della madre dell’uomo con tre diverse identità. È lì che va ricercato il bandolo di una matassa ingarbugliata e all’apparenza inestricabile. Ma non temete, Bussi non lascia mai niente al caso e ogni pezzo di un puzzle che sembra impossibile da costruire troverà la giusta collocazione, mostrandovi alla fine un soggetto meraviglioso da ammirare.

Tante sono le cose che vorrei dirvi di Tre vite una settimana, ma cadere nella trappola dello spoiler è un errore che non voglio commettere. Il libro va letto, è giusto che anche voi vi facciate abilmente manipolare da un autore come Michel Bussi. Essere nata nella patria dei pupari siciliani non mi ha protetta dall’essere guidata dalle parole dell’autore. Sono diventata una marionetta, seguendo il percorso logico che l’autore aveva tracciato per i suoi lettori. Pensavo di essere più furba, ma anche stavolta Bussi è stato più bravo della sottoscritta. Due ringraziamenti sono doverosi, uno alla casa editrice che conserva sempre le copertine originali dei libri di Bussi, rendendo, di fatto, anche l’edizione italiana una piccola opera d’arte. Ma il mio grazie più sentito va al grandissimo lavoro di traduzione di Alberto Bracci Testasecca. Sarà che da 5 anni a questa parte invecchio precocemente ogni volta che cerco di far studiare francese al pargolo di casa, ma ogni volta che trovo un testo così fluido e privo di errori in un romanzo di non facile traduzione chiunque sia l’artefice di questo miracolo ha la mia più totale ammirazione e stima.

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