Tre gocce d’acqua di Valentina D’Urbano

Celeste e Nadir non sono fratelli, non sono nemmeno parenti, non hanno una goccia di sangue in comune, eppure sono i due punti estremi di un’equazione che li lega indissolubilmente. A tenerli uniti è Pietro, fratello dell’una da parte di padre e dell’altro da parte di madre. Pietro, più grande di loro di quasi dieci anni, si divide tra le due famiglie ed entrambi i fratellini stravedono per lui.

Celeste è con lui quando cade per la prima volta e, con un innocuo saltello dallo scivolo, si frattura un piede. Pochi mesi dopo è la volta di due dita, e poi di un polso. A otto anni scopre così di avere una rara malattia genetica che rende le sue ossa fragili come vetro: un piccolo urto, uno spigolo, persino un abbraccio troppo stretto sono sufficienti a spezzarla.

Ma a sconvolgere la sua infanzia sta per arrivare una seconda calamità: l’incontro con Nadir, il fratello di suo fratello, che finora per lei è stato solo un nome, uno sconosciuto. Nadir è brutto, ruvido, indomabile, ha durezze che sembrano fatte apposta per ferirla. Tra i due bambini si scatena una gelosia feroce, una gara selvaggia per conquistare l’amore del fratello, che preso com’è dai suoi studi e dalla politica riserva loro un affetto distratto. Celeste capisce subito che Nadir è una minaccia, ma non può immaginare che quell’ostilità, crescendo, si trasformerà in una strana forma di attrazione e dipendenza reciproca, un legame vischioso e inconfessabile che dominerà le loro vite per i venticinque anni successivi. E quando Pietro, il loro primo amore, l’asse attorno a cui le loro vite continuano a ruotare, parte per uno dei suoi viaggi in Siria e scompare, la precaria architettura del loro rapporto rischia di crollare una volta per tutte.

Al suo settimo romanzo, Valentina D’Urbano si conferma un talento purissimo e plastico, capace di calare i suoi personaggi in un’attualità complessa e contraddittoria, di indagare la fragilità e la resilienza dei corpi e l’invincibilità di certi legami, talmente speciali e clandestini da sfuggire a ogni definizione. Come quello tra Celeste e Nadir, che per la lingua italiana non sono niente, eppure in questa storia sono tutto.

Tre gocce d’acqua di Valentina D’Urbano, romanzo di narrativa pubblicato da Mondadori il 1° giugno.

Ci sono autrici in grado di scavarti dentro, autrici che non fanno una corsa alla pubblicazione perché pesano ogni parola che imprimono su carta, autrici che lasciano il segno e ti fanno desiderare di ricominciare subito il libro appena concluso da capo per poterne assaporare dei particolari che a una prima lettura potrebbero esserti sfuggiti. Valentina D’Urbano appartiene a questa ristretta categoria. Erano tre anni che non mi approcciavo alla sua scrittura, Isola di neve ha ancora un posto speciale nel mio cuore, e da oggi accanto ci sarà Tre gocce d’acqua.

Come consuetudine i personaggi della D’Urbano fanno dell’imperfezione la loro caratteristica principale, oltre a lei c’è solo un’altra autrice che lo fa e a cui il gioco viene in maniera eccellente Silvia Ciompi. Leggevo questo romanzo e pensavo a quanto queste due autrici così schive e timide avessero in comune, due penne eccezionali che meriterebbero di essere conosciute in tutto il mondo, due anime belle che riversano tutte se stesse in quello che scrivono e sanno come trascinare il lettore dentro la storia senza lasciargli scampo.

Ogni capitolo è stato un colpo inferto al cuore, ogni parola una stilettata impossibile da evitare perché Celeste e Nadir sono puro impeto, non si possono arginare e ci vorrà un libro intero e venticinque anni di vita vissuta sempre in bilico per mettere pace nelle loro teste.

Da lettrice non posso che ringraziare, perché quando una storia ti prende così è un dono, un regalo che non sono nemmeno certa di meritare. Celeste e Nadir si fanno sentire in ogni parte del corpo, i loro colpi non sono mortali, ma sono fatti per ferire e lasciare il segno, per lasciarti senza fiato in preda a una tempesta emotiva che non ha pari.

Tre gocce d’acqua scava in profondità e lo fa senza avvisarti, senza chiederti il permesso, in un attimo ti ritrovi sopraffatta dalla sua intensità e non hai più nessuna possibilità di riemergere per prendere un respiro. Celeste e Nadir sono totalizzanti, anche se in realtà non sono niente, sono due estranei che condividono un fratello e finiscono per somigliargli e assomigliarsi. Pietro è il collante tra i due, entrambi lo amano più della loro stessa vita, lo venerano e pendono dalle sue labbra, perché diciamolo Pietro è un ragazzo fantastico.

Il libro si apre con una scoperta che mette subito il lettore in allerta e lo prepara psicologicamente a soffrire, siamo nel presente, da questo momento Celeste inizia a ricordare, a fare salti nel passato e a raccontarci al storia che vede come protagonisti lei, Pietro e Nadir con la comparsa di tanti altri interpreti che hanno segnato le loro vite e li hanno resi le persone che sono oggi.

Celeste è felicissima quando il suo fratellone Pietro decide di venire a vivere con la sua famiglia e inizia a dividere la stanza con lei, finalmente non dovrà più accontentarsi dei fine settimana e potrà averlo sempre per sé. A otto anni non è facile capire i confini e lei invade spesso quelli di suo fratello senza che lui se ne lamenti. Sarà proprio durante quest’anno che la piccola Celeste scoprirà di avere una malattia genetica, l’osteogenesi imperfetta, che rende le sue ossa molto fragili. Una malattia che le impedirà di vivere come gli altri bambini perché ogni colpo potrebbe procurarle una frattura. A capire di cosa si tratta è Lucrezia, madre di Pietro, una costante nella vita di Celeste. Sarà proprio grazie a Lucrezia che Celeste conoscerà Nadir, a scatenarle il ricordo una foto sbiadita che tiene in casa.

Era il 1994. Era la nostra prima vacanza tutti insieme. Non facemmo altro che litigare. Io ho scelto un altro ricordo. Uno scolorito e imperfetto dove non ci sopportiamo. La nostra vera natura che irrompe.

L’estate in cui tutto comincia Celeste ha nove anni, esattamente come Nadir, il loro primo incontro non ha niente di idilliaco, loro non si piacciono e non fanno nulla per nasconderlo tanto che quella settimana di vacanza si trasforma in una guerra senza esclusione di colpi. Il motivo di tutta questa acredine è la gelosia nei confronti di Pietro, entrambi vorrebbero averlo tutto per loro, entrambi non accettano che ci sia un’altra persona che per lui è importante.

A nove anni il tempo è un concetto astratto, senza alcun riferimento logico. Non potevo sapere che il ragazzino che stavo per conoscere avrebbe dominato sulla mia vita per i venticinque anni successivi. Non potevo saperlo. E forse, anche sapendolo, non avrebbe fatto alcuna differenza.

Dopo quell’estate tremenda Celeste e Nadir non si vedono per qualche anno, la loro vita sarà costellata da momenti di vicinanza e altri di lontananza, un saliscendi emozionale, montagne russe a cui non sono in grado di resistere perché volenti o nolenti non sanno fare a meno l’uno dell’altra, ma non sanno nemmeno trovare il modo migliore per starsi accanto senza farsi male.

Come avrete capito è il loro rapporto a farla da padrone, un rapporto che nessuno potrebbe comprendere perché il fatto che condividano un fratello li pone davanti agli occhi degli altri come se anche loro lo fossero, la realtà è che non hanno in comune la genetica, ma qualcosa di molto più importante, loro sono Un fronte compatto. Due che si muovono in sincrono, che ruotano sullo stesso asse. E questo li rende molto più intrecciati di un legame di parentela.

Di poche cose sono sicura nella vita e una di queste è che Valentina D’Urbano non delude mai, ti fa aspettare anni per una sua pubblicazione perché ogni particolare, ogni piccolo gesto è studiato, misurato, non c’è spazio per l’improvvisazione perché un libro così non si scrive in una manciata di giorni, è frutto di studi approfonditi e analisi, tre personaggi come Celeste, Nadir e Pietro non si caratterizzano in una notte e molte autrici del panorama italiano dovrebbero imparare da lei.

Tre gocce d’acqua è un romanzo che dovete assolutamente leggere per provare almeno una volta nella vita cosa significhi lasciarsi travolgere senza la certezza di uscirne interi.

smeraldo

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.