The Wife. Vivere nell’ombra di Meg Wolitzer
Trama Su un volo di prima classe per Helsinki siedono, una accanto all’altro, Joan Castleman e suo marito Joe. Lui, scrittore di fama internazionale, è lì per ricevere uno dei più importanti premi letterari, quello che desidera da anni, e lei, come sempre, è al suo fianco. Ma in alta quota, dove si può osservare il mondo da una prospettiva insolita, Joan, incapace di condividere la gioiosa trepidazione del marito, si trova a rivalutare ogni dettaglio del loro matrimonio. E a decidere come e quando lascerà Joe. Per lei non è un passo facile. Non una decisione presa a cuor leggero, ma una scelta ponderata che implica rimettere in discussione un’esistenza intera. La sua. Ha passato fin troppo tempo a recitare il ruolo della moglie impeccabile, accomodante e mai contrariata. Sempre pronta a restare nell’ombra, a negare il proprio talento letterario per non oscurare la fama del marito. Disposta ogni volta a chiudere un occhio sulle piccole trasgressioni di un uomo che non ha mai davvero saputo prendersi cura di sé stesso né di nessun altro. Eppure adesso, dopo più di quarant’anni, Joan sa di dover trovare il coraggio per affrontare la verità e forse condividerla con il mondo di fuori. È il solo modo che ha per ricominciare. Non ci sono strade alternative da percorrere. Perché se dietro ogni grande uomo di nasconde una grande donna, dietro una vita di rinunce e disillusioni si nascondono segreti che a volte è meglio rimangono tali.
Recensione in anteprima di Dannyella – The Wife. Vivere nell’ombra di Meg Wolitzer in uscita oggi, 13 settembre, con Garzanti.
L’istante in cui ho maturato la decisione di lasciarlo, l’attimo in cui mi sono detta “adesso basta”, stavamo sfrecciando diecimila metri sopra l’oceano, sospesi nell’illusione di una quiete immobile.
È così che questo romanzo comincia, con l’immediatezza e la forza che caratterizzano la penna di Meg Wolitzer, una penna che ti assorbe, che non permette distrazioni e ti richiama al centro dei pensieri della protagonista Joan, 64 anni, seconda moglie di Joe Castelman, famoso scrittore, con il quale ha trascorso una vita intera, condividendo con lui giorno dopo giorno una casa, tre figli, successo dopo successo. Ed è durante un viaggio, su un aereo diretto a Helsinki, che questa donna decide di dire basta alla finzione, basta alla sua vita da moglie.
Ci avreste visto – Joan e Joe Castleman di Weathermil, New York, posto 3A e 3B, rispettivamente – e avreste saputo con esattezza il motivo per cui stavamo andando in Finlandia. Avreste anche potuto invidiarci, invidiare lui per tutto il potere sottovuoto in quel suo corpo massiccio e logorato dalla sovraesposizione, e me per il fatto che potessi accedervi ventiquattr’ore al giorno, come se uno scrittore celebrato e brillante fosse per la moglie una sorta di supermercato, una risorsa da cui attingere in qualsiasi momento una sorsata di stupefacente intelligenza, una boccata di adrenalinico ingegno.
Questa coppia non può passare facilmente inosservata né incolume dall’invidia altrui: lui è un uomo di successo, uno scrittore che ha avuto molti riconoscimenti di critica e di pubblico, ora in viaggio per ritirare il prestigioso Premio Helsinki che, certo, non è il Nobel, ma pur sempre un grande riconoscimento per la carriera di uno scrittore. Lei, la moglie, sempre al suo fianco, a ogni premiazione, a ogni reading, a ogni intervista. La sua musa ispiratrice, la donna senza la quale non sarebbe potuto diventare il grande scrittore che è diventato…
La donna discreta, sempre nell’ombra, alle sue spalle, pronta a dargli conforto nei momenti difficili e a rialzarlo dopo ogni caduta. Una tale compagna non poteva non essere al suo fianco anche in quell’importante occasione, pronta ad applaudire il marito per quella vetta raggiunta. Una donna completamente dedita al marito e alla famiglia, per la quale ha lasciato il lavoro di assistente editoriale in una casa editrice e ha rinunciato alla sua stessa aspirazione artistica…
Ma allora cosa può portare una donna del genere a prendere improvvisamente la decisione di mettere un punto a questa vita perfetta? È plausibile che una donna a 64 anni non sia più disposta a sopportare i ripetuti tradimenti di un marito irriconoscente o si tratta di altro? È plausibile che un contratto mai scritto sia diventato troppo pesante da sopportare? È mai troppo tardi per avere il coraggio di trovare la consapevolezza del proprio valore, complice il cambiamento del mondo moderno e il nuovo ruolo della donna sulla scena culturale attuale?
È stato lui stesso una volta a dirmi di sentirsi un po’ dispiaciuto per le donne: perché a loro la vita riserva solo mariti. Mariti che cercano di rendersi utili dando risposte, usando la logica, ostinandosi ad applicare la forza come fosse una pistola a caldo. Oppure che non si sforzano affatto di rendersi utili, perché completamente altrove, in giro da soli per il mondo. Le mogli, invece – ah, le mogli! -, quando non sono tristi o rancorose, quando non sono intente a contare perline sull’abaco del loro disappunto, sanno prendersi cura di te con una serenità spontanea e delicata.
Questo libro non è nient’altro che il bellissimo viaggio nell’interiorità di una donna speciale, una promessa letteraria, una madre amorevole e una moglie paziente. Il segreto che nasconde è forse troppo grande per chiunque, tanto da minare la stabilità fisica e mentale degli stessi figli e l’equilibrio della famiglia intera. Ma, soprattutto, Joan è una donna che io vi consiglio di conoscere attraverso questa lettura, così come il suo segreto merita di essere scoperto.
Purtroppo non avevo mai letto nulla prima di Meg Wolitzer, è un’autrice che mi piacerebbe approfondire se ce ne sarà occasione.
Deformazione professionale vuole che io non possa fare una recensione di un libro straniero senza menzionarne il traduttore. Quella che leggiamo in italiano, infatti, è la rielaborazione di Giuseppe Maugeri, a mio avviso perfetta nella sua scorrevolezza e mediazione. In un’intervista a questo traduttore qualche tempo fa lessi una delle definizioni più belle del lavoro di traduttore che mi piacerebbe condividere qui, al termine di questa recensione: ritengo che un traduttore editoriale debba sempre sapere dove mette le mani. O forse i piedi: giacché è un po’ come un equilibrista sospeso su una fune. Basta un passo fatto con eccessiva (o scarsa) sicurezza, senza tener conto del vento, della luce e di mille altri fattori, e si finisce a testa in giù.
La versione italiana è di molto in ritardo rispetto all’originale del 2003 e precede di poco l’uscita del suo adattamento cinematografico. Vi consiglio di dare un’occhiata al trailer del film (la cui uscita in Italia è prevista per ottobre). Io non vedo l’ora di andare al cinema…