The Outsider di Stephen King
La sera del 10 luglio, davanti al poliziotto che lo interroga, il signor Ritz è visibilmente scosso. Poche ore prima, nel piccolo parco della sua città, Flint City, mentre portava a spasso il cane, si è imbattuto nel cadavere martoriato di un bambino.
Un bambino di undici anni. A Flint City ci si conosce tutti e certe cose sono semplicemente impensabili. Così la testimonianza del signor Ritz è solo la prima di molte, che la polizia raccoglie in pochissimo tempo, perché non si può lasciare libero il mostro che ha commesso un delitto tanto orribile. E le indagini scivolano rapidamente verso un uomo e uno solo: Terry Maitland. Testimoni oculari, impronte digitali, gruppo sanguigno, persino il DNA puntano su Terry, il più insospettabile dei cittadini, il gentile professore di inglese, allenatore di baseball dei pulcini, marito e padre esemplare. Ma proprio per questo il detective Ralph Anderson decide di sottoporlo alla gogna pubblica. Il suo arresto spettacolare, allo stadio durante la partita e davanti a tutti, fa notizia e il caso sembra risolto. Solo che Terry Maitland, il 10 luglio, non era in città. E il suo alibi è inoppugnabile: testimoni oculari, impronte, tutto dimostra che il brav’uomo non può essere l’assassino.
Per stabilire quale versione della storia sia quella vera non può bastare la ragione. Perché il male ha molte facce. E King le conosce tutte.
Recensione di Loreads – The Outsider di Stephen King pubblicato da Sperling & Kupfer il 23 ottobre.
Il Re è tornato ed è tornato in grande stile, ma prima ancora di parlare di “The Outsider “mi sembra doveroso avvertire i lettori che questa storia contiene enormi spoiler riguardanti “Mr. Mercedes”, la sua conclusione e la sorte dei personaggi principali, quindi consiglio a chiunque voglia leggere la trilogia di farlo prima di “The Outsider”.
Ma passiamo, appunto, al nuovo romanzo: il primo aspetto da notare riguarda la traduzione, affidata questa volta a Luca Briasco, appassionato di King, che ha svolto a mio parere un ottimo lavoro.
Un’altra cosa che mi ha colpito quando ho terminato il libro è il fatto che, se dovessi riassumere la trama in poche righe, sarebbe quasi sufficiente leggere la sinossi. Nel senso che, a parte scoprire i dettagli della vicenda e come si conclude, non c’è molto altro da aggiungere in fatto di avvenimenti e colpi di scena, quello più clamoroso è già stato svelato, resta da capire come sia avvenuto e perché. E con questo non voglio fare una critica, secondo me il bello del romanzo non sta tanto nella storia quanto nella capacità del Re di raccontarla, di far entrare il lettore nella vicenda e di presentargli tutti i protagonisti. Infatti il romanzo è lungo (pur non essendo di sicuro tra i più lunghi scritti da King) e parte lento, e questa invece non è una novità, King spesso è un diesel (e so che non è una caratteristica apprezzata da tutti), ma lo è volutamente: le prime 200 pagine servono a creare l’atmosfera, a farci conoscere i personaggi e calare nella vicenda… e infatti sono quasi tutte spese a dimostrare senza ombra di dubbio che il cattivo della situazione è l’insospettabile Terry Maitland – amato padre di famiglia, integerrimo insegnante di inglese al liceo nonché allenatore di baseball e football dei ragazzini nella città fittizia di Flint City –, e contemporaneamente a provare che, invece, non può davvero essere lui!
Se non conoscessimo l’autore del libro che stiamo leggendo penseremmo che ci sia sotto qualche geniale stratagemma in stile “delitto perfetto” per spiegare questo paradosso, invece sappiamo che probabilmente sta per fare capolino nella vicenda quel pizzico di sovrannaturale che non guasta mai e che nei romanzi di King spesso è soltanto un modo per puntare il dito verso il genere umano, che di sovrannaturale ha ben poco.
“E ce ne sono altri. Camminano in mezzo a noi, e tu lo sai. Sono alieni. Mostri che esulano dalla nostra capacità di comprensione. Eppure tu credi in loro. Ne hai tolti di mezzo diversi, e forse hai assistito alla loro esecuzione.”
“Se fosse stato davvero Terry Maitland a uccidere quel ragazzino, a strappargli la carne a morsi e a penetrarlo con un ramo, non sarebbe inesplicabile quanto la cosa che potrebbe nascondersi in quella grotta? Saresti in grado di dire: ‘Comprendo l’oscurità e il male che si nascondevano dietro la maschera di un uomo che allenava una squadra di baseball di bambini, e che era considerato da tutti un cittadino modello. So esattamente che cos’è stato a farlo agire in un modo così orribile’?”
Dopo questa prima parte la storia acquista velocità e ritmo, l’atmosfera si fa più tesa e nascono delle alleanze tra i personaggi che precedentemente King ci ha fatto conoscere e apprezzare (o anche detestare). I rappresentanti del Bene uniscono le forze e si schierano contro il Male. Tra i protagonisti spicca Holly, che abbiamo conosciuto in “Mr. Mercedes” (motivo per il quale King abbonda nei rimandi alla sua precedente trilogia) e il detective Ralph Anderson che ricorda davvero (e non solo a me) Bill Hodges, l’antagonista del già citato killer di “Mr. Mercedes”, mentre il Male, o la sua manifestazione, effettivamente fa pensare a It, che si nutre di bambini e di paura, ma questa volta a schierarsi contro di lui è un gruppo di adulti che ha deciso di “credere” alla sua esistenza sovrannaturale.
A questo punto non posso raccontarvi di più, ma voglio aggiungere che ci sono numerosi riferimenti a Poe (padre spirituale del Re) e all’insuperabile Agatha Christie, entrambi citati in diverse situazioni, sicuramente in una sorta di omaggio ma anche, soprattutto per quanto riguarda Poe, per avvalorare la tesi per cui le storie di King si possono certamente leggere per il puro gusto del sovrannaturale e del brivido ma rappresentano uno spaccato realistico della società americana e non solo, su cui bisognerebbe riflettere.
“… la gente si era fatta l’idea sbagliata che Poe scrivesse racconti fantastici incentrati sul soprannaturale, quando in realtà scriveva storie realistiche su psicologie anormali.”
Voto: (una corona di) smeraldo!