Review Tour – È il suono delle onde che resta di Clizia Fornasier
Trama È la notte di Natale su un’isola remota, circondata dal mare scuro. Caterina è una vecchia signora stravagante, un’artista, che ha scelto per sé un destino di solitudine. Non vuole prendersi cura di niente e di nessuno, nemmeno di un gatto, e per questo vive reclusa nella sua casa arroccata su uno scoglio, lo spazio in cui dà vita alle sue opere d’arte. Mentre il resto del mondo festeggia davanti a una tavola imbandita, Caterina sta per andare a dormire, sola come sempre. I suoi occhi stanno per chiudersi, quando sente un rumore di vetri che si infrangono. In salotto giace una bambina, bagnata e svenuta. L’emozione di quell’improvviso contatto umano è troppo forte, e l’unica cosa che Caterina riesce a fare è stenderle addosso una coperta, sperando che la notte le sia clemente. La mattina dopo la bambina si è svegliata, ma non ricorda nulla della sua vita precedente. Sta disperatamente cercando il papà, ma di lui rammenta solo la voce e una musica lontana. Adele, come Caterina chiama la piccola, travolge l’anziana e reticente artista con tutta la vita e i colori che porta con sé. Inizia così per entrambe un’avventura che le porta fino agli angoli più remoti della terra e che cambierà irrimediabilmente le loro esistenze e i loro cuori.
Review Tour – Recensione di Veronica – È il suono delle onde che resta di Clizia Fornasier, romanzo di narrativa pubblicato il 4 aprile da Harper Collins.
“Non volevo tornasse il maledetto Natale e non volevo bambini a cui dover raccontare il perché. Il mio karma si è proprio invertito, la strega dell’isola se ne sta qua a reggere il sonno di una bambina portata dal mare. Esiste trama migliore per far sbellicare la gente di qui?”
Caterina è una vecchia signora dai capelli lunghi e grigi, dentro il corpo di quella che, una volta, era una donna avvenente che attirava sguardi compiaciuti su di sé, una donna che aveva voglia di vivere, senza doversi assoggettare al volere degli altri, una donna che doveva scegliere un buon partito ma la cui anima artistica, la spingeva verso l’amore e non verso il denaro. La Caterina che viveva con passione, oggi, è solo una donna un po’ burbera che nasconde la sua bontà d’animo, dietro un atteggiamento spesso brusco. Ma soprattutto, Caterina è sola, e non vuole avere a che fare con nessuno, il suo unico conforto sono le mail e i messaggi scambiati con Lassi, amico di sempre, e Lola, il registratore con il quale incide cassette su cassette, a cui racconta tutti i suoi pensieri, tutto ciò che le accade.
Poi la notte di Natale, di un ennesimo Natale senza luci, abeti addobbati, l’affetto della famiglia o il calore dell’amore, una bambina completamente bagnata, si ritrova riversa esanime sul suo pavimento. Il pavimento di quella casa, lontana da tutti e da tutto, su un’isola a chilometri di distanza dal luogo dove è nata, perché vuole vivere isolata. Solo il mare può attutire il dolore del suo passato e tenere in qualche modo lontani i ricordi, come all’interno della risacca delle onde.
Ma l’arrivo di quella ragazzina, impaurita, sola e fragile, mette completamente sottosopra il suo mondo. Adele, così l’ha chiamata Caterina, non ricorda nulla, nella sua vita c’è il buio. Non sa come è arrivata lì, non sa perché è completamente bagnata, non conosce il suo nome e non ricorda da dove viene. L’unica cosa di cui è sicura, è che vuole ritrovare il suo papà.
Caterina si trova all’inizio di un nuovo viaggio e Adele sarà la persona che l’accompagnerà. Tirerà fuori tutto ciò che la donna ha piano piano seppellito, nascosto, imprigionato, fino a diventare quello che è oggi. Un’anziana signora spaventata che cerca di allontanare tutti, anche i pochi che sono ancora disposti a dimostrarle amore. Perché è proprio l’amore che Caterina rifugge con tutta se stessa, perché è stato il troppo amore la causa delle sue sofferenze.
“Si prova amore per ciò che ci limita. Oppure l’amore non è altro che la quantità di dolore che qualcosa o qualcuno sa farci provare. Per questo io ho scelto di non fare entrare mai più quella parola nella mia casa.”
Con la presenza di Adele, la corazza che Caterina si è costruita, comincia inevitabilmente a sgretolarsi. Ma come si può far capire a qualcuno quello che provi? Caterina non sa gestire una bambina, il suo cuore, ricoperto di piombo, non ricorda più come donare una carezza, si irrigidisce se Adele la abbraccia, si arrabbia se entra troppo nel suo mondo, ma poi si pente e torna sui suoi passi con un disarmo che trasmette un’emozione infinita. Caterina si riscopre fragile e impaurita. Era abituata alla sua solitudine confortante, ora invece ne è spaventata. È consapevole che, quando riusciranno a trovare il papà di Adele, lei sarà nuovamente sola, e se prima, la solitudine era l’unica cosa a cui anelava, adesso, non ne è più convinta. La curiosità, l’allegria e la genuina semplicità di Adele, la fanno sentire una persona migliore. Adele è “il raggio di sole all’interno di una casa su una scogliera dove priva c’erano solo ombre” .
Adele sarà la chiave che aprirà la porta del passato di Caterina, una porta che era stata chiusa per non essere più riaperta. Tutto è più facile se permettiamo al tempo di fare il lavoro sporco, tutto è più semplice se ci concediamo di dimenticare, di allontanare ciò che ci fa spaventa. Ma dobbiamo ricordare che il passato, prima o poi, bussa a quella odiosa porta, dobbiamo solo essere preparati ad aprirla, affrontando l’ignoto e ciò che ci fa paura.
“Credi che abbia vergogna della paura, Lassi? Ho avuto una paura fottuta. Di mia madre, di mio marito, di non fare felice nessuno, di perdere il controllo, di averlo perso, di essere sul punto di fare la scelta sbagliata. E la paura più grade l’ho avuta quando ho scoperto che facevo bene ad avere paura perché è andato tutto male. Tutto rotto, perduto.”
Così Caterina, con l’aiuto di Adele, scenderà a patti con il suo vissuto, mostrerà le cicatrici del suo cuore, quelle che solo Adele è in grado di curare con la sua presenza imposta, con le sue riflessioni, la sua curiosità, la sua richiesta di affetto silenzioso, senza pretese. Adele ricorderà a Caterina, cosa significhi volere bene a qualcuno e prendersene cura, amare se stessi, scoprirsi desiderosi di vivere, di condividere. Sarà un viaggio il loro, metaforico e reale, meraviglioso, ricco di riflessioni, introspettivo, doloroso e appagante allo stesso modo.
Clizia è stata una bella scoperta, la sua scrittura è qualcosa che non ti aspetti, sa essere emozionante, poetica ed enigmatica, uno stile ricercato e metaforico perfettamente in linea con l’alone di mistero e riscoperta che avvolge la trama e intreccia le vite di Caterina ed Adele; due persone che si sono perse e sono alla ricerca di qualcosa. Due donne che devono uscire dal buio nel quale sono imprigionate, perché nel buio non c’è niente, e invece loro sono tutto.
Sinceramente, all’inizio ho fatto fatica ad entrare in sintonia con la lettura, poi, dalla metà, la storia ha iniziato ad acquisire potenza e intensità.
“È il suono delle onde che resta”, ci presenta una donna che fugge dalle sue insicurezze e dalle sue paure, che si nasconde nella solitudine ma che cerca, in qualche modo il contatto. Una donna che sta invecchiando e teme il tempo che, inesorabile passa, l’unico in grado di rendere le cose importanti, amate, Caterina rifugge l’amore perché è sofferenza. Ma l’amore è un sentimento troppo potente, che fatica a stare chiuso nei confini che noi stabiliamo, supera il tempo e lo spazio, che lo vogliamo o no. Si presenta a noi in ogni forma, odore, ricordo e pretende di esistere; presto o tardi, torna prepotente a mostrare quanta bellezza c’è nell’amare ed essere amati. Nessuno vuole sentirsi solo, tutti vogliamo essere amati. Nessuno vuole rimanere imprigionato, dobbiamo solo imparare ad aprire il cuore e accettare il nostro passato, perché quello che è stato è quello che ci definisce, nel bene o nel male, e solo quando saremo pronti ad accettarlo, potremo dire di iniziare a vivere veramente.
“Stai attenta col colino della memoria, Kate”
“Cos’è?”
“Mia nonna lo chiamava così. Quello che fa passare il tempo nelle sue maglie. I ricordi belli hanno grana più grossa e restano nel colino. Rammenti solo quello, il resto si è dissolto.”