Review Party- Nella buona e nella cattiva sorte di Marina Di Guardo
Trama Irene, giovane illustratrice di talento, vive da anni ostaggio del marito Gianluigi, manager geloso e violento, convinta, come tante altre vittime di violenza domestica, di meritarsi la semi-segregazione a cui lui la costringe a forza di minacce e lividi. All’indomani dell’ennesimo litigio, grazie al sostegno di Alice – l’amica d’infanzia trapiantata a Londra – Irene trova finalmente il coraggio di ribellarsi: mentre il marito è al lavoro, carica in macchina la loro piccola figlia Arianna e scappa da Milano, per correre verso un piccolo paese di provincia nella casa in cui è cresciuta e che i genitori le hanno lasciato in eredità. Gianluigi però la rintraccia prima del previsto, e le ordina di tornare in città, preannunciando ritorsioni – non solo da parte dei suoi avvocati. Irene sente le forze già esili cedere, ma nel paese scopre insperati alleati: un’anziana vicina di casa, un negoziante che forse ha un debole per lei… Purtroppo, inquietanti incidenti minacciano presto la sua fragile serenità. Irene nonostante tutto cerca faticosamente di rimettere insieme i cocci della sua vita, ma tutto precipita quando chi dovrebbe proteggerla da Gianluigi viene ritrovato brutalmente assassinato…
Alla sua quarta prova nel genere thriller, Marina Di Guardo conferma la rara capacità di sposare con inedito successo intrecci imprevedibili e ricchi di suspense a forti prese di posizione su terribili temi di cronaca vera.
Nella buona e nella cattiva sorte di Marina Di Guardo, thriller in uscita oggi 24 novembre grazie a Libri Mondadori.
È indicativa la data di pubblicazione scelta per Nella buona e nella cattiva sorte, ultima fatica letteraria di colei che da oggi proporrei di chiamare Lady Thriller: Marina Di guardo. Dimentichiamo per un attimo chi è la signora in questione, non scivoliamo in facili pregiudizi e focalizziamo la nostra attenzione sul suo ruolo di scrittrice ormai sulla cresta dell’onda, dopo ben quattro titoli pubblicati. E un libro che ha come snodo principale la violenza domestica non poteva che uscire alla vigilia della Giornata mondiale sulla violenza sulle donne. Il 25 novembre ricade infatti questa ricorrenza istituita oltre vent’anni fa dalle Nazioni Unite. Ho sempre sostenuto l’importanza di veicolare un messaggio attraverso un libro e Marina Di Guardo è riuscita fortemente nell’intento di centrare il punto e di prendere una posizione ben precisa sul tema in questione. Ci troviamo nella provincia Lombarda, Irene è una donna di 35 anni, madre di una bambina, Arianna, di quasi 10. Sta tornando nella casa della sua infanzia, quella che l’ha vista crescere felice, coccolata dal padre e amata a suo modo da una madre piegata da una malattia debilitante psicologicamente. Sta scappando Irene, scappa dall’ennesimo pugno, dall’ennesima ferita inferta sul suo corpo da un marito troppo violento, che ormai da anni comunica con lei solo usando le mani. E in una coppia la comunicazione non verbale, fatta di schiaffi e pugni, è sempre sintomo di frattura irrimediabile. Ha una bambina da proteggere, Gianluigi non ha mai alzato un dito su Arianna, ma Irene deve comunque proteggerla e darle un futuro sereno. La figlia non ha preso di buon grado la separazione dal suo ambiente, ha ereditato il carattere dalla madre, chiuso e poco socievole ma, mentre Irene può contare da sempre sull’appoggio incondizionato della sua migliore amica Alice, Arianna non ha amici, ancora. È stata proprio Alice a suggerire a Irene di abbandonare il tetto coniugale e rifugiarsi nella casa della sua infanzia. Le due, nonostante non si vedano da anni, sono rimaste in contatto telefonico costante. Alice lavora a Londra, è la spalla di Irene, colei che la sprona a reagire per non essere vittima inerme di un uomo violento e senza scrupoli. Ma tornare nei luoghi della sua infanzia significa anche fare i conti col passato, ripensare a quei momenti felici e spensierati, dolorosi per certi versi, perché i genitori di Irene non ci sono più. Ad attenderla c’è Lucia, una gentilissima vicina di casa che consce Irene da quando era piccolina. È lei che la aiuta a rimettersi in piedi e le offre una spalla, una vicinanza preziosa per la donna, e si lega tanto anche alla piccola Arianna. Nota subito l’affiatamento della bambina con gli animali e le regala un gattino. In paese Irene incrocia il suo cammino anche con Piero, un affascinante ferramenta che la fa di nuovo sentire bella e desiderata e si offre di riparare gratuitamente la casa sull’albero per la piccola Arianna. È possibile ricominciare a respirare e a vivere dopo anni di soprusi e violenze, ma il pericolo Gianluigi è sempre dietro la porta. L’uomo non accetta di essere stato lasciato, minaccia la moglie di ritorsioni legali se non fa ritorno sotto al tetto coniugale, la trova e continua ad usarle violenza. Ed ogni volta Irene è indecisa se denunciare e farla finita. Non può continuare a subire, deve reagire e non solo per se stessa ma anche per la figlia. La ritrovata serenità e libertà dura un battito di ciglia, perché all’improvviso piccoli incidenti minano nuovamente la vita della donna. Il gattino della figlia viene rinvenuto strangolato e annegato, la casa sull’albero distrutta. Ma è il corpo del suo nuovo amico ritrovato barbaramente ucciso a segnare la fine di tutto. Gianluigi è davvero un mostro senza scrupoli che può arrivare perfino ad uccidere? Come dicevo all’inizio della recensione, Marina Di Guardo ha fatto centro con un tema attualissimo. Sebbene non sia entrata immediatamente in empatia con Irene, il suo comportamento è una fotografia reale di quanto succede alle donne che sono vittime di violenze domestiche. Tendono a colpevolizzarsi, a sentirsi responsabili come se quelle percosse le avessero meritate, e quasi mai denunciano, perché preferiscono cercare alibi ai loro compagni violenti. Di Irene ho apprezzato il fatto che abbia trovato il coraggio di scappare, ma non posso dire di aver sostenuto le sue scelte successive. Ho amato Nella buona e nella cattiva sorte, ho divorato il libro in una manciata d’ore e ho ritrovato la stessa Marina che mi aveva sorpreso nel libro precedente, La memoria dei corpi.
Complimenti, Marina, complimenti davvero