Review Party – La ragazza del KGB di Jennie Rooney

È una fredda mattina di gennaio quella in cui vengono a prendere Joan Stanley nella sua piccola casa alla periferia di Londra. Chi l’avrebbe mai detto. Joan è stata una mamma amorevole, una deliziosa nonna, un’amante del giardinaggio, e perfino un’occasionale allieva del corso di pittura con l’acquerello. E poi, quella mattina, qualcuno bussa alla porta. D’altra parte doveva aspettarselo. Perché, anche a ottantacinque anni, al passato non si sfugge.

Cambridge, 1937. Nella cittadina universitaria brulicante di idee, Joan può finalmente respirare a pieni polmoni e studiare come avrebbe sempre voluto. E quando conosce l’affascinante Leo, russo di origine e appassionato di politica, per lei è l’inizio di un viaggio che non avrebbe mai pensato di compiere. Perché Joan Stanley – la deliziosa nonnina inglese – ha un segreto inimmaginabile: è stata per anni una spia britannica del KGB, in grado, grazie agli studi scientifici, inusuali all’epoca per una donna, di conoscere e passare di nascosto informazioni sulla bomba atomica. Eppure, per lei, vincere la guerra ha significato perdere molto, molto altro.

Recensione a cura di Dannyella – La ragazza del KGB di Jennie Rooney. Titolo originale: Red Joan. Edito il 04.12.2018 da Piemme. Genere: narrativa contemporanea. 420 pagine.

Mi sta capitando spesso, ultimamente, o sono io a sceglierlo senza saperlo, di imbattermi in libri storicamente ben documentati e con un notevole lavoro di ricostruzione alle spalle. Questo è sicuramente il caso del romanzo La ragazza del KGB.

Joan Stanley è una donna di 85 anni che vive da sola, dopo la morte del marito, in una casetta nella periferia di Londra. È una donnina rispettabile che conduce una vita tranquilla. Ha un figlio, di nome Nick, adottato quando era ancora piccolissimo, che ha cresciuto con amore e sani principi e che adesso ha una bella carriera nell’ambito legale ed è un padre di famiglia amorevole, nonché un figlio premuroso a cui piace andare a trovare e prendersi cura della madre, ogni volta che ne ha la possibilità. Insomma, la vita di Joan scorre tranquilla, come la vita di una qualsiasi vecchietta che ha trascorso una vita piena, con tanti ricordi alle spalle e qualche rimorso, come può essere normale nel corso di una vita ricca… o forse non è proprio così? Forse questa è la vita che Joan è abituata a mostrare da tanti anni, ma tutto cambia quando la mattina di una domenica di gennaio Joan, affacciata alla finestra, vede una lunga auto nera imboccare la tranquilla stradina di periferia di casette intonacate, dove abita da quando ha lasciato l’Australia quindici anni prima, dopo la morte del marito. Ne scendono un uomo con una ventiquattrore nera e una donna con un elegante impermeabile beige. Sono due agenti dell’ente britannico che si occupa della sicurezza interna e del controspionaggio. Bussano alla sua porta perché è arrivato il momento di fare i conti con un passato troppo ingombrante per essere ancora tenuto nascosto.

Lo stile di questo libro e il modo in cui tutta la narrazione viene portata avanti è a dir poco incredibilmente ben riuscito: tutto il romanzo da questo momento in poi è un alternarsi tra l’interrogatorio a cui Joan è sottoposta e la narrazione dei suoi ricordi, attraverso i quali conosciamo una giovane Joan determinata e intelligente che, invece di sposarsi o di fare la scuola per segretarie, aveva deciso di studiare e di laurearsi in fisica, una sorta di ribellione per quei tempi. Ed è grazie all’università che entra in contatto con alcuni studenti che influenzeranno, per sempre, tutto il resto della sua vita. Ed è grazie alla laurea in fisica che più tardi Joan troverà lavoro come assistente in un centro di ricerca dove si studia un progetto top-secret legato alla guerra: la realizzazione della bomba atomica.

Il libro, quindi, oltre a essere un’interessante narrazione di quella che è la vita e le azioni di Joan, diventa un romanzo di ben più ampio respiro, dove a fare da contorno ci sono le testimonianze della guerra, gli esperimenti atomici, lo studio e il lavoro umano che questo ha richiesto e, inevitabilmente, non possono non venire fuori riflessioni sull’etica e la morale. Joan si giustificherà per tutto il corso della narrazione con affermazioni come “a quel tempo era diverso”, “si pensava che sarebbe andata diversamente”, tanto da diventare presto un romanzo che ci fa riflettere sull’accettazione di quelle che sono le scelte che facciamo nella nostra vita. Ci sarà, tra i lettori, chi condannerà Joan di sana pianta per le sue azioni, chi, invece, cercherà di mettersi nei suoi panni e chi leggerà questa storia senza schierarsi, ma qualunque sarà la vostra posizione, è indubbio che si tratti di una storia ben scritta, ben documentata e avvincente, dall’inizio alla fine. Io, personalmente, pur riconoscendo in Joan una grossa cecità dovuta all’influenza di persone ipocrite e false, non rivedo nei suoi ragionamenti un errore così facilmente condannabile, ma si potrebbe aprire un dibattito su questo e sarebbe bello farlo con chi avrà letto questo romanzo.

Ineccepibile, ancora una volta, l’edizione della Piemme e la traduzione di Velia Februari, che invidio, ancora una volta, per avere la fortuna di tradurre libri del genere. Strano scoprire che l’originale risale al 2013 e che ci sono voluti tanti anni per avere in italiano questo piccolo gioiellino che sperò godrà del successo che merita.

5 stelle

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