Review Party – Il paese del sale e delle stelle di Zeyn Joukhadar
Trama Il mondo di Nour, è fatto di colori. Ogni volta che sente una voce o legge una lettera, davanti ai suoi occhi tutto si tinge delle più brillanti tonalità di verde, rosso, giallo e blu. Ma da quando è ritornata in Siria dagli Stati Uniti, dopo la morte del padre, intorno a lei vede solo grigio, non ci sono più sfumature né riflessi. Ora Nour deve occuparsi da sola delle sue sorelline. A dodici anni è un compito difficile, soprattutto in una terra che ti è estranea. Una terra in cui dovrebbero affondare le tue radici, ma dove non conosci nessuno. Una terra rischiosa, con pericoli nascosti dietro ogni angolo. Ma Nour ha le storie che suo padre le raccontava prima di dormire a farle compagnia. È a quelle parole che si aggrappa per trovare il coraggio di affrontare le difficoltà. In particolare, alla leggenda di Rawiya, la sua preferita che racconta di una ragazzina come lei costretta a fingersi uomo per realizzare il suo sogno proibito, far parte di una spedizione che vuole disegnare la carta geografica del mondo. Un’impresa straordinaria, in cui riesce a dimostrare tutta la sua forza. Per Nour, che la conosce a memoria quella favola adesso ha un significato completamente diverso. E anche la mappa che ha trovato tra i documenti della sua famiglia assume un valore speciale. Forse indica la strada da seguire per mettere in salvo sé stessa e le sue sorelle. Forse è la sua unica possibilità. Quello che deve imparare, però, è che ci sono sentieri tracciati sulla carta e sentieri tracciati nel cuore. Che anche le parole a volte possono essere una guida e una protezione, soprattutto se vengono dalla persona che l’ha amata di più al mondo.
Il paese del sale e delle stelle romanzo di narrativa che segna l’esordio di Zeyn Joukhadar, pubblicato oggi 19 settembre da Garzanti. (Titolo originale “The map of salt and stars”)
«Ricordati, habibti, il posto non conta. La tua famiglia è qui e tanto deve bastare.»
Ho letto una frase una volta: “la casa è dove si trova il cuore“, in sostanza non si definisce casa le mura che compongono il luogo in cui vivi, il tetto sotto il quale mangi e dormi, ma casa sono le persone speciali che fanno parte della tua vita, la tua famiglia.
Ho pensato molto a questo concetto durante la lettura di “Il paese del sale e delle stelle”. Ho pensato a cosa avrei provato io, se fossi stata nei panni di Nour. Nata e cresciuta a Manhattan, si ritrova all’improvviso a vivere in un luogo a cui non sente di appartenere del tutto, dove le strade che percorre, sembrano non conducano mai a casa, dove chi ti parla non capisce la tua lingua e tu non capisci la loro. Completamente estraneo a tutto, alle tradizioni, alla storia.
Come mi sarei sentita io se mia madre, all’improvviso, dal mio mondo fatto di traffico, luci e colori, di quelle che ormai per me sono certezze, decidesse di fare ritorno al suo paese natale, in Siria. E come mi sarei sentita se, al posto dei rumori dei clacson, delle risate dei bambini, dei fuochi d’artificio, iniziassi a sentire l’eco dei bombardamenti.
Schegge è una parola rossa. Per me ha il suono del metallo e della rabbia. Del trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Ha il suono delle cose rosse e gialle dentro le persone, la paura e la collera che fanno marcire una persona per poi attaccarne un’altra.
Nour ha soli dodici anni. A differenza delle sue sorelle, è nata e cresciuta in America e fatica a capire perché sua mamma – che per vivere disegna mappe – non voglia stare nella casa natale e dove suo papà – Baba– le ha lasciate per sempre, divorato da un cancro. Non riesce nemmeno a capire perché, ora che una granata ha distrutto la loro casa portandogli via ogni cosa, loro non possano tornare indietro, alla vita che le ha sempre cullate, dove tutto era più facile più bello, meno sofferente. Non sa perché tutto ciò che le apparteneva, è andato distrutto.
“La gente costruisce cose così belle”, penso, “anche se poi ne distrugge tante altre.”
Eppure la mamma di Nour sperava in un qualcosa di meglio per lei e le sue figlie. Sperava in una Siria che avrebbe prosperato, che sarebbe tornata quella di un tempo, che le avrebbe accolte e amate, lontano dall’odio della gente, lontano dal dolore, dall’emarginazione. Ma quando una bomba distrugge la loro casa di Homs, a Nour e la sua famiglia non resta altro da fare che fuggire. Inizia così un lungo e difficilissimo viaggio, fatto di insidie, perdite e ferite. Fatto di sconforto e sofferenza, perché a soli dodici anni, Nour aveva già vissuto troppo dolore. Il viaggio della protagonista non sarà però, solo un cammino verso la salvezza, ma soprattutto un percorso di conoscenza di sè.
Ad accompagnare il viaggio di Nour, in parallelo abbiamo quello di Rawiya, la leggendaria e coraggiosa apprendista di un famoso cartografo, che per realizzare il suo sogno di vedere le meraviglie di Dio e unirsi ad un’importante spedizione, lascia la sua casa e sua madre fingendosi un ragazzo. Come le narrava suo padre ogni sera, Rawiya percorse centinaia di anni addietro, proprio la stessa strada che oggi Nour sta percorrendo, la strada verso Ceuta, la strada verso una nuova casa. Come Nour, anche Rawiya si era lasciata alle spalle le sue radici, e nei lunghi anni di lontananza era cresciuta, era diventata forte e coraggiosa. Ma al termine del viaggio, sentiva sempre più, il bisogno di ricongiungersi ai suoi cari.
«Tutte le stelle sono diverse, però quando alzi lo sguardo le vedi tutte alla stessa maniera.»
In ogni momento difficile, in ogni volto conosciuto, in ogni prova che Nour ha dovuto superare, la leggenda di Rawiya è stata la sua ancora di salvezza. Una storia nella storia, due piani temporali differenti ma simili nelle circostanze, un intrecciarsi di tappe, radici, insegnamenti, messaggi che ci lasciano il significato più profondo. Non importa quanta sofferenza ci spetti, non dobbiamo farci spezzare dagli eventi, dalla crudeltà del mondo, c’è sempre un motivo per continuare a lottare e sperare, ci deve essere sempre un lieto fine, una casa nella quale tornare.
Questo libro è un pugno nello stomaco. È potente, emozionante, reale. Racconta una realtà così lontana da noi ma al contempo troppo vicina, una realtà che grazie a Dio non siamo costretti a vivere, una quotidianità che tendiamo a scordare perché non ci appartiene. Quella dei rifugiati siriani è una condizione che va avanti da anni, e mi viene la pelle d’oca a pensare, come per loro ormai, possa quasi essere un’abitudine perdersi, fuggire, nascondersi, vivere nella paura, guardandosi costantemente le spalle.
Mi ha colpito tantissimo lo stile dell’autore, che è in grado di trascinarti di petto nel mondo di Nour, nella sua vita fatta di colori, gli stessi che la porteranno alla salvezza, grazie alla mappa più speciale di tutti, quella disegnata da sua madre.
Gli stessi colori che quindi, inevitabilmente, disegneranno la mappa della sua vita e della sua storia, del suo percorso verso la salvezza e verso la riscoperta di sé grazie al potere salvifico delle parole e dell’amore. Una storia di speranza, che ci insegna che non tutto si perde per sempre, “a volte il dolore è accompagnato da benedizioni tutte sue”, non abbiamo risposte chiare a tutto, spesso queste sono già dentro di noi, dobbiamo solo capire come leggerle.
«Le storie leniscono il dolore di vivere, non di morire. La gente pensa sempre che morire faccia male, ma non è così. È vivere che ci fa male.»
Hai scritto una bellissima recensione che riesce a descrivere la bellezza di questa storia 🙂
Grazie Virginia!!! <3
Il libro è veramente bello, l'ho scelto ma pensavo di dover affrontare un mattone, invece l'autrice racconta questi temi delicati e difficili con uno stile pazzesco