Review Party – Hanover House di Brenda Novak
Trama È trascorso ormai un anno da quando Evelyn Talbot si è trasferita in Alaska, ad Hanover House, la clinica psichiatrica di massima sicurezza dove vengono internati i serial killer più efferati. Solo pochi di loro hanno una mente così brillante da riuscire a spiegare il complesso modus operandi che si cela dietro ai propri crimini, e uno di questi è appena arrivato. Si tratta di Lyman Bishop, il “Fabbricante di Zombi”, un genetista accusato di lobotomizzare le sue vittime con un rompighiaccio. L’ unico il cui raffinato intelletto regge il confronto con il famigerato Hannibal Lecter. Appena Evelyn lo incontra sente il sangue gelarsi nelle vene, e non è certo per la tempesta di ghiaccio che sta per abbattersi sulla zona… Ha la netta sensazione che qualcosa nella sua vita stia per cambiare, irreparabilmente. Quando viene ritrovato il corpo di una nuova vittima uccisa con un rompighiaccio, il dubbio che Bishop sia l’uomo sbagliato emerge con violenza. Ma le sfide non sono finite per Evelyn, perché la minaccia di Jasper, il ragazzo che a sedici anni l’ha segregata e seviziata, sembra più vicina che mai. Esiste un legame tra questi eventi? È solo un caso che la donna massacrata assomigli terribilmente alla bella psichiatra? Per Evelyn e l’uomo che ama, il tenace commissario Amarok, la caccia è di nuovo aperta. Perché nessuno è al sicuro nel grande freddo.
Review party – Recensione di Loreads – Hanover House di Brenda Novak pubblicato da Giunti il 10 ottobre.
La caffeina non è mai stata mia amica, è una sostanza che mi rende insonne e irritabile. Domenica forse ne avevo in circolo un po’ troppa perché, non riuscendo a chiudere occhio, ho infranto una delle mie regole fondamentali: mai leggere un thriller nel cuore della notte, soprattutto se è bello tosto e adrenalinico come “Hanover House”. Sono una persona stramba, mi spaventa perfino la mia ombra, ma di fronte a letture thriller mi sento attratta come una calamita al frigorifero. E la scorsa notte, mentre tutti dormivano, un capitolo particolarmente avvincente di questo libro mi ha fatto lanciare un urlo disumano che ha svegliato, nell’ordine, famiglia, vicini di casa e compaesani.
Se non avete letto “Alaska”, primo volume de “The Evelyn Talbot Chronicles”, vi invito a non proseguire nella lettura di questa recensione che potrebbe contenere spoiler, ma vi esorto a recuperare assolutamente questa serie, frutto della grandissima penna di Brenda Novak, regina del thriller ad alto tasso di suspense.
Ma dove eravamo rimasti alla fine di “Alaska”?
Evelyn Talbot è la giovane psichiatra che, vincendo la resistenza della famiglia e degli abitanti di Hilltop, villaggio nel cuore del paese di ghiaccio, riesce ad aprire Hanover House, una clinica psichiatrica detentiva, nella quale, insieme al collega e socio Tim Fitzpatrick, si occupa delle menti antisociali e criminali dei più efferati assassini e serial killer. Cosa la spinge a stare in contatto con questi soggetti? Durante l’adolescenza il suo fidanzato e compagno di scuola, Jasper Moore, l’aveva rapita, violentata e seviziata.
“Cosa la spingeva a combattere un nemico che la maggior parte della gente preferiva ignorare? La prima ragione era che lei stessa era stata aggredita e torturata. Aveva provato quel terribile senso di impotenza che era peggio del dolore fisico.”
Jasper aveva ucciso tre delle amiche di Evelyn, quest’ultima invece era riuscita a scappare e a denunciarlo. Ma Jasper non ha mai pagato il suo conto con la giustizia, coperto dalla famiglia che negli anni ha facilitato la sua fuga, regalandogli una nuova identità, un nuovo nome, una nuova faccia, con la speranza che quelli del figlio siano stati solamente errori di gioventù. Ma Jasper è ancora l’efferato assassino senza coscienza, ossessionato da Evelyn, l’unica delle sue vittime che è riuscita a farla franca. Ed Evelyn, nel suo centro detentivo, studia proprio le menti disturbate e prive di empatia dei serial killer, come il suo ex fidanzato. E uno di questi è appena arrivato. Si tratta di Lyman Bishop, soprannominato il “Fabbricante di zombi”. Lyman è un medico oncologo genetista, accusato di lobotomizzare le sue vittime con un rompighiaccio, una pratica pericolosissima e in disuso ormai da secoli. Evelyn vorrebbe coinvolgere Lyman nei suoi studi, ma il genetista non sembra essere intenzionato a partecipare.
“In questo momento ne abbiamo in corso uno per cercare di capire se gli individui che mostrano tratti patologici siano in grado di ingannare il poligrafo più facilmente di quelli del gruppo di controllo. Un altro misura i gradi di empatia attraverso la risonanza magnetica. Mi piacerebbe farla partecipare a entrambi.”
Bishop si mostra reticente a fare da cavia per gli studi della dottoressa Talbot, anche perché continua a sostenere di non avere mai lobotomizzato nessuno, e il suo profilo psicologico lo discosta dagli altri pazienti privi di coscienza: lui infatti, prima di essere arrestato, si occupava della sorella minore disabile, e per questa caratteristica non rientra nel range delle persone psicopatiche che sono notoriamente prive di coscienza ed empatia. Ad avvalorare la sua presunta innocenza, il ritrovamento di un cadavere a Boston che presenta i segni della lobotomia con il rompighiaccio. La vittima è Mandy, vecchia compagna di liceo di Evelyn, e non può essere un caso che un’altra sua amica d’adolescenza perda la vita in circostanze tanto violente; il dubbio che dietro queste morti ci sia Jasper s’insinua nella mente di Evelyn. Quanto è innocente il dottor Bishop, allora? Tutte le prove della sua colpevolezza sembrano essere state costruite ad arte, anche perché i corpi delle sue vittime non sono mai saltati fuori, ma Evelyn è convinta che sia colpevole e gli omicidi che stanno insanguinando Boston appartengano, invece, alla mano di Jasper. Ma è realmente così? Mai come in questo secondo volume Jasper è tanto vicino, quasi da poterla toccare, alla sua Evelyn; per lui la dottoressa Talbot rappresenta una sfida, non può accettare che gli sia sfuggita dalle mani vent’anni prima. Deve trovarla e portare a termine il suo piano e, mai come in questo secondo volume della serie, la cosa sembra così fattibile e vicina. L’urlo di cui vi parlavo a inizio recensione, eccolo qui che si ripresenta in gola, prepotente e spaventato.
“Hanover House” ha una componente violenta più marcata di “Alaska”, ma anche il risvolto amoroso prende una piega diversa in questo secondo libro. Non vi ho ancora parlato di Amarok, l’unico poliziotto presente nel villaggio, che in “Alaska” aveva cercato di contrastare gli studi della dottoressa Talbot. Non vedeva di buon occhio la struttura detentiva da lei gestita. Temeva per l’incolumità degli abitanti del suo villaggio. Pian piano scende a compromessi con il lavoro di Evelyn, facilitato anche dalla grande attrazione che li lega. Grazie ad Amarok, Evelyn si lascia andare, è il primo uomo che riesce ad avvicinarsi al suo cuore, dopo le sevizie subite in giovane età. In “Hanover House” vediamo il loro rapporto farsi sempre più forte, tanto che pensano di mettere su famiglia.
Brenda Novak ci regala un secondo capitolo pieno di suspense e tensione, il finale vi lascerà a bocca aperta e non vedrete l’ora di leggere il prossimo libro della serie.