Respira di Adessoscrivo
Trama Chi cresce senza madre ha una visione della vita diversa. Così è per Giulia: fuori si mostra forte, ma dentro è ferita e sola. A diciott’anni, ha imparato a dare del tu al senso di vuoto che vive dentro di lei e che non si può «colmare con nulla, nemmeno con il dolore». Ha imparato ad aggrapparsi alle poche persone di cui si fida, a ricostruire una mappa del cuore tra le pareti verticali dei palazzi di Milano e le linee dei tram su cui viaggia immersa tra centinaia di volti anonimi. Ha imparato a giocare con le parole, a inventarne di nuove nel tentativo di dare un nome ai suoi sentimenti e agli attacchi di panico che non la abbandonano dal giorno in cui sua madre se ne è andata per sempre. Ma quando, per volontà del padre, è costretta a trasferirsi a Taranto dai nonni materni, abbandonando le sue poche certezze, il senso di vuoto sembra divorarla. Eppure nella città del Sud, davanti a cui si spalanca l’enigma del blu infinito del mare, Giulia incontra Romeo, il suo esatto opposto: ha fascino, è sicuro di sé, tutti lo venerano e lo temono all
o stesso tempo. Tranne lei che, non sapendo nulla di lui, ha il coraggio di guardarlo negli occhi. Oltre le apparenze, Giulia – la ragazza nuvola: «nascondi, ma non cancelli mai» – e Romeo si scoprono simili, inseparabili e disperatamente innamorati. Con una moderna rivisitazione di Romeo e Giulietta, Adessoscrivo ci regala una storia d’amore delicata e aspra, in cui due ragazzi che si credevano perduti trovano il coraggio di abbandonarsi a un vertiginoso istante di felicità.
Respira di Adessoscrivo, Contemporary Romance, pubblicato il 3 marzo, grazie a Splerling & Kupfer
C’è una cosa di cui sono fermamente convinta, ed è che per ogni libro c’è un momento giusto, per cui una storia bellissima letta durante un periodo nero può apparirci pesante, noiosa e incomprensibile mentre per altre persone può rivelarsi bellissima ed emozionante.
Ecco, questo è quello che ho continuato a pensare mentre leggevo l’ultima pubblicazione di Adessoscrivo. Ho passato un mese un po’ difficile e avevo attribuito a questo la noia che provavo mentre leggevo, continuavo a sperare che la bellezza della storia avesse il sopravvento sul mio umore, ma più leggevo più i miei sentimenti verso questo libro peggioravano e, a lettura ultimata, ho amaramente realizzato che non era colpa mia o del mio periodo no, semplicemente questa volta l’autore ha scritto una storia che proprio non mi ha coinvolto e di cui onestamente ancora adesso, a bocce ferme, fatico a vedere il senso.
Un senso che forse all’inizio poteva anche esserci ma che nella seconda metà del libro non solo è andato perdendosi, ma la storia si è trasformata a tal punto da lasciarmi basita.
Capita che il cuore spenga valvole importanti, quella dell’amore, quella del dolore, quella della percezione dell’affetto. Il sistema delle emozioni va in tilt e tu rimani spenta.
Giulia ha perso sua mamma, la persona più importante della sua vita quando era ancora una bambina, e con sua mamma ha perso anche ogni punto di riferimento. Suo padre non è stato in grado di riempire quel vuoto e anzi, si è trincerato anche lui in un suo personale silenzio dal quale tenere lontano quella bimba che fin troppo gli ricordava la donna amata. E così Giulia è dovuta cresce da sola, con la paura di amare, di provare sentimenti verso tutto ciò che poteva perdere e di conseguenza farla soffrire nuovamente.
Sono amocondriaca, quindi tendo sempre a stare lontana da ogni cosa che possa trasformarsi in sentimento.
Giulia si è creata un mondo tutto suo, fatto di cose e colori semplici, senza sfumature, e sempre a fianco dell’unica persona con la quale riesce a essere se stessa, oltre le paure e gli attacchi di panico: la sua amica Agnese. Ecco perché quando il padre le propone di trasferirsi a Taranto dai nonni materni, il mondo sembra caderle addosso e tutto il suo equilibrio viene meno. Lontana dalla casa dove è cresciuta, dal ragazzo con cui può trascorrere le notti quando vuole spegnere il cervello, dalla sua migliore amica, teme di crollare nuovamente e di perdersi totalmente.
Invece arriva al Sud e scopre una città sconosciuta fatta di grigi ma anche di colori, l’azzurro del cielo oltre le nubi dell’Ilva, l’amicizia sincera oltre i barconi della speranza, l’amore genuino, forte e potente, oltre le paure delle perdite, delle mancanze e dei vuoti.
Nella sua vita arriva infatti Romeo, e sarà proprio lui ad insegnare a Giulia la vita. A superare le paure, le emozioni trattenute, i silenzi, il nascondere tutto e lasciarsi andare, amare senza riserve, aprire nuovamente il cuore e sentirsi libera.
E qui veniamo improvvisamente catapultati nel film Romeo + Giulietta con protagonista Leonardo Di Caprio. È come se l’autore avesse iniziato a scrivere il libro, poi a metà l’avesse abbandonato per un qualche motivo per poi riprenderlo dopo molto tempo dimenticandosi però, di fatto, che cosa avesse scritto nella prima metà.
Ora, io sono una persona a cui piace Shakespeare e le sue opere, ho adorato Romeo e Giulietta e ho visto dieci volte il film di Di Caprio, però questa ennesima trasposizione non pensavo di meritarmela.
Giulia, che con le sue paure, la sua solitudine, la sofferenza, il suo essere chiusa, diffidente nei confronti delle persone, dei sentimenti e dell’amore, arriva a Taranto e diventa la protagonista di Romeo e Giulietta, è un mezzo narrativo che onestamente non ho compreso.
E finché si trattava di una protagonista a cui la madre, amante della tragedia di Shakespeare, ha dato proprio il nome di Giulia per poi chiamarla Giulietta proprio in omaggio all’opera, oppure della casualità di incontrare un ragazzo bello e un po’ dannato di nome Romeo, interpretare a memoria l’opera per i nonni che tanto amavano la figlia che li ha lasciati….tutto era accettabile, ma trasformare poi la storia in una moderna tragedia shakespeariana, per me è un grande NO.
E lo so che nella trama c’era scritto, ma mai avrei pensato ad una così palese rivisitazione.
La storia, con tanto di governante che chiama Giulia, Julieta, di amico di colore che invece di Mercuzio si chiama Maurizio, e con padre Lorenzo che non vede l’ora di porre fine alla faida tra le due più importanti famiglie di Taranto, manca ovviamente di originalità, e in più è piena di qualunquismi sui giovani d’oggi. E se alcune cose possono anche starci, per spingere i ragazzi d’oggi a farsi due domande su chi sono e dove stanno andando, lasciare che sia sempre la protagonista a rendersi conto del disagio dell’era moderna mi sembra un po’ troppo.
Il fatto che Giulia dica sempre la cosa giusta, pensi sempre la cosa più opportuna, mi ha spesso fatto alzare i famosi occhi al cielo come tante delle protagoniste dei romanzi rosa. I messaggi sono giusti e ci vogliono, ma non così ridondanti e palesi, alla fine io stessa ho pensato “mamma mia cara Giulia però stai serena, hai diciotto anni non sessanta!”
Per farvi alcuni esempi :
Milano di sera è sempre magica. Tanti stranieri, sempre di più. Molti si sono ormai integrati […] Altri invece faticano a inserirsi nel tessuto sociale, come lo spacciatore che ogni giorno vende droga davanti alla nostra scuola. Alla fine mi dico che non è colpa sua, ma del mondo che non fa nulla per aiutarlo.
Che mondo del cazzo. Pensiamo sempre a noi stessi e non pensiamo mai alle battaglie che stanno combattendo gli altri. Finché non succede a me, non mi interessa.
I film d’amore ti fanno sognare, ma sono solo film e alla fermata ci sono sempre le solite persone che vanno a lavorare o tornano a fine giornata, tutte affogate nel caos della città, nei post di Facebook e Instagram, sempre con il cellulare in mano come se davvero potesse farle sentire meno sole.
I ragazzi fra i quindici e i venticinque anni camminano col cellulare in mano, si bagnano poco, camminano e tengono gli occhi sullo schermo. Non guardano il mare, nemmeno le persone, non gustano la vita che passa, sono attenti solo alle notifiche per capire se una certa persona o quante persone hanno visto il post. La nostra insicurezza si ferma lì, tra gli aggiornamenti dei like che abbiamo bisogno di ricevere per sentirci importanti.
Tutto vero, ma Giulia sembra una santona!
Interessante invece l’accento che l’autore pone su Taranto, per dare luce ad una città che è conosciuta solo per i tormenti dell’ILVA e tutto il male che si porta dietro, perché tra le case brutte c’è chi questa città la ama in modo viscerale e tra chi non la lascia perché non può permetterselo, c’è chi non se ne va perché non vuole abbandonarla.
E legato alla città di Taranto Adessoscrivo coglie l’occasione per parlare anche di immigrazione, di paure, lotte per la sopravvivenza, di accettazione e razzismo. Insomma, se proprio la storia d’amore vi lascia l’amaro in bocca, almeno potete provare a godere del resto.
Ad ogni modo, mi spiace doverlo dire, ma è un libro che non mi ha lasciato nulla, e non consiglierei. Ho letto altre opere di Adessoscrivo che mi erano piaciute, ma con questo romanzo per me ha toppato in pieno, anche perché, onestamente, non posso mica fargli i complimenti per aver scritto qualcosa che era già stato scritto nel 1597 e riprodotto in chiave moderna nel 1996.