Recensione in anteprima – Tutti i baci che non ti ho ancora dato di Naike Ror

Cosa ci fa Kathleen Howard Moore, col suo parka di cashmere e gli stivaletti di alta moda italiana, in uno sperduto paesino delle Montagne Rocciose? Per di più sola e senza un soldo? Eppure fino a qualche mese fa nella sua vita c’erano prestigiosi incarichi nelle ambasciate statunitensi di tutto il mondo, una famiglia ricca e rispettata, un fidanzato bello e potente… che poi l’ha tradita e annientata. È riuscito a portarle via tutto, lasciandole solo un gelido vuoto nel cuore e un’avvelenata voglia di vendetta. E Kathleen ha deciso di ripartire dall’inizio, dalle sue origini, da quella madre che la dette in adozione agli Howard Moore appena nata. Saint Mary, in Montana, è il piccolo villaggio di montagna dove cercarla, e dove Kathleen spera anche di ritrovare se stessa. Ma boschi innevati, buona cucina tradizionale e tranquilla vita di paese possono davvero riscattare una rampante newyorkese, abituata a ristoranti stellati e tacchi vertiginosi? E se, oltre alla sua famiglia di origine, Kathleen trovasse a Saint Mary anche un uomo capace di tenerle testa, con una lingua tagliente e dei magnetici occhi verdi? Allora forse quel riscatto tanto cercato potrebbe veramente realizzarsi, e nel modo più dolce e inaspettato…

in anteprima – Tutti i baci che non ti ho ancora dato  di Naike Ror, 2° volume della serie contemporary romance “I colori dell’amore”, pubblicato il 7 luglio 2020 da Amazon Publishing

Con Tutti i baci che non ti ho ancora dato siamo arrivate al secondo volume autoconclusivo della serie “I colori dell’amore”. Una storia che aspettavo da tempo perché la sua protagonista mi aveva catturata già nel libro procedente. Ecco, voi non avete potuto vedermi quando ho ricevuto il file in anteprima ma, credetemi, mi sono leccata i baffi che non ho e sfregata le mani come una faccendiera in procinto di diventare milionaria per un affare andato in porto, quando, finalmente, ho potuto dare un’occhiata alla storia di Kathleen Howard Moore. L’algida principessa della diplomazia statunitense, quella che dispensa perle di sarcasmo con la stessa nonchalance usata da un clown che distribuisce palloncini alle feste di compleanno, la donna che non chiede ma prende ciò che vuole, con classe e buongusto, la perfetta figlia maggiore di una famiglia potente, che dalla vita ha avuto solo il meglio e che si è impegnata, anima e corpo, per rendere orgogliosi i genitori adottivi, è stata messa alla berlina. Il piedistallo si è sgretolato insieme alle sue certezze per colpa di Fareed, l’amato protagonista del libro precedente, quello che Kathleen chiama “affettuosamente” il “B***o” L’uomo gliel’ha combinata troppo grossa anche per chi lo ama, figurarsi poi, per chi lo odia come Kathleen. Certo, lui doveva raggiungere lo scopo che si era prefisso fin dall’inizio ma, a farne le spese è stata solo lei che, per pura “fortuna” non è stata lasciata all’altare. Amareggiata e delusa da quanti hanno malignato contro di lei e contro la sua famiglia, Kathleen si chiede sempre più spesso “ e se”, decide, quindi di ripartire proprio da uno dei primi “se” della sua vita, uno dei tanti “se” che l’hanno portata al punto in cui è. “E se non avesse fatto questo, e se non avesse detto quello o, ancora, e se la madre biologica non avesse deciso di darla in adozione appena nata”, come sarebbe la Kathleen di oggi? Sarebbe la fredda, selettiva e competitiva Kathleen di oggi, oppure una donna completamente diversa? Per tentare di dare una sorta di risposta a questo dubbio decide di prendere il toro per le corna e iniziare proprio dal principio, da quando la scelta di un’altra persona, ha dato il via alla sua vita e a tutto quello che ne è conseguito. Armata di un parka di cashmere, stivaletti d’alta moda italiana e dell’immancabile trolley, “compagno” di mille viaggi, Kathleen vola in un paesino del Montana, popolato da poco più di cinquanta persone. Qui, la sua vita, prenderà una piega diversa, probabilmente meno caotica, sicuramente meno elegante ma, profondamente stimolante perché lì, in quel posto dimenticato da Dio, dove la neve, da sempre sua acerrima nemica ammanta tutto, incontrerà un bel po’ di persone diverse dal suo mondo che, in un modo o nell’altro la coinvolgeranno nella loro vita. Primo fra tutti Ryan, un uomo che saprà tenerle testa come mai si sarebbe immaginata.

“…Zotico, scontroso, inopportuno, invadente e sbruffone!”

Insulti? Certo, cosa vi aspettavate da Kathleen Howard Moore? A voler essere onesti, si è anche limitata nell’uso del suo inesauribile vocabolario pieno di sinonimi. Ma in effetti, le parole che usa per descrivere Ryan non sono poi del tutto false, forse ha usato termini un po’ coloriti, ma, per certi versi, lui è davvero così. Un orso burbero, un provocatore, un uomo che non ama essere messo in discussione, insomma un grandissimo dito al …bippp.. eppure, eppure in Ryan c’è anche un cuore grande e un qualcosa che Kathleen disperava di trovare sia nella sua amata New York, sia tra le montagne del Montana. Di cosa si tratta? Di una serie di elementi che Kathleen giudica fondamentali in un qualsiasi tipo di rapporto: la lealtà, la schiettezza, la fiducia.  Le battute sarcastiche tra loro non sono solo esilaranti, sono qualcosa di più, rappresentano l’abbattimento delle falsità, il trionfo della spontaneità. Il veleno delle vipere sarebbe meno invasivo delle loro lingue affilate, gli insulti che si scambiano sono degni di un gruppo di motociclisti arrabbiati.  La schiettezza che contraddistingue le loro interazioni che, forse, sarebbe meglio indicare con il termine “scontri” è un balsamo sia per la bella Kathleen, sia per la me lettrice che, attraverso le sue frecciatine, ha avuto modo di scaricare un po’ delle frustrazioni accumulate durante la giornata. Dio, quanto mi immaginavo a dare le stesse risposte dei protagonisti a qualcuna delle persone che mi erano capitate a tiro quel giorno. Ci sarebbero tantissime cose da dire su questi due personaggi e io mi rendo conto di aver detto ben poco della trama, ma credetemi è stata una cosa voluta perché a me è piaciuto tantissimo conoscere i vari personaggi nello stesso momento in cui lo faceva Kathleen: le cameriere del Bear che la chiamano con i nomi più improbabili, la proprietaria del residence in cui alloggia che è sarcastica quanto lei, la simpatica signora che sembra un po’ svampita e che invece …, il ranger co***ne che vi fa prudere le mani per la voglia di prenderlo a sberle e buttarlo giù da qualche dirupo, un gatto, la principessa che ritorna, sua sorella Faith… e, soprattutto, il rapporto con Ryan e quello che l’uomo ha con il resto del mondo.

Anche questa volta l’autrice ha saputo scatenare in me una ridda di sensazioni fortissime: ho riso a crepapelle per tutti i modi strani in cui chiamano Kathleen, ho pianto per la sensibilità con cui l’autrice ha parlato di un male che affligge tante persone, ho provato rabbia anche nei confronti della protagonista del libro precedente e, credetemi, quando un’autrice riesce a farti provare un sentimento negativo per un personaggio che hai amato e che ami, vuol dire che con le parole ci sa proprio fare, significa che è capace di farti comprare la classica bottiglietta di aria di mare. Naike Ror mi emoziona, lo fa sempre, è capace di stupirmi ogni singola volta, è in grado di farmi stare con il magone per giorni interni e di farmi ridere come una stupida mentre sono in mezzo alle persone pensando a come uno dei suoi personaggi potrebbe commentare questa o quella stranezza. Ho voluto aspettare qualche giorno dopo la lettura, prima di  mettere per iscritto le mie impressioni, volevo che la storia sedimentasse ma, se tornassi, al momento in cui ho chiuso il libro, proverei le stesse emozioni di adesso: una fortissima empatia verso Kathleen, una donna che ha trovato in se la forza di rialzarsi, combattere e riabilitarsi, un amore sconfinato per Ryan che maschera l’altruismo dietro una maschera imbevuta di sarcasmo, complicità nei confronti di Abel e Melody  e dei loro desideri. Insomma, non avrete un attimo di respiro leggendo questo libro che non posso fare a meno di premiare con il nostro voto più alto: lo smeraldo.

smeraldo

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