Nona Grey. Holy sister di Mark Lawrence
Nel Convento della Dolce Misericordia si allevano fanciulle per trasformarle in devote quanto pericolose assassine. Ci vogliono dieci anni di formazione, ma sono poche le ragazze dotate di vero talento per la morte, quelle nelle cui vene scorre il sangue delle antiche tribù di Abeth. Compito delle monache è scoprire e affinare queste doti innate, insegnando le tecniche della lotta con e senza armi e dello spionaggio, l’uso dei veleni e infine la tessitura delle ombre.
Ma neppure le sorelle più anziane sono in grado di comprendere fino in fondo la potenza del dono di Nona Grey, una bimba di otto anni che giunge al convento con l’accusa di aver compiuto un omicidio. Qui crescerà, ma non sarà facile per lei scegliere quale cammino seguire: indosserà la tonaca nera delle Spose dell’Antenato, per abbracciare una vita di preghiera e servizio? Vestirà il rosso delle Suore Marziali, esperte nel combattimento, o il grigio delle Suore di Discrezione, imbattibili nelle arti della segretezza? O il suo colore sarà il blu delle Suore Mistiche, capaci di percorrere il Sentiero?
Quale che sia il suo destino, dovrà lottare aspramente per conquistarlo.
Nona Grey. Holy sister di Mark Lawrence, trilogia fantasy uscita ieri, 13 ottobre, in un volume unico grazie a Mondadori Oscar Vault.
Siamo giunti alla recensione del terzo e ultimo volume della trilogia e io non ho più parole per parlarvene o meglio non ne ho più senza farvi qualche spoiler. Inevitabilmente qualcosa lo scoprirete perché altrimenti non saprei come recensirlo, perdonatemi se potete, cercherò di restare più possibile sul vago.
Nona si era battuta con Denam perché, anche ora che Keot se n’era andato, in lei ardeva una brama di violenza che se restava inappagata troppo a lungo poteva esplodere nei modi più pericolosi.
Nona non è cambiata, in lei risiede sempre l’assassina di un tempo, ma è parecchio cresciuta e con lei sono cresciuti i suoi desideri. I voti per lei contano poco, ciò che importa è la lealtà verso le sue Sorelle. Il suo essere suora non riguarda il rinunciare ai piaceri della carne, ma solo il far parte di una comunità e lei sente di aver fallito da quel punto di vista perché troppe persone per lei importanti hanno perso la vita. Si sente una fallita nel ruolo di vendicatrice e non sa come fare per riuscire a espiare i suoi peccati, solo sul ring dove può dare libero sfogo alla sua rabbia si sente meglio ed è per questo che non smette di lottare.
Le grane per Nona non sono finite, anzi se possibile si sono moltiplicate e la più difficile da mandar giù è la riammissione di Joeli nel Convento. Joeli è davvero una persona orribile e ne darà prova anche in questo volume, credo di non aver mai detestato tanto una ragazzina, in fondo lei è solo il braccio all’interno delle mura del Convento della Dolce Misericordia non è la mente, ma l’antipatia che suscita è infinita e metterà a dura prova Nona e le altre. Adesso che non ci sono più le battute sarcastiche di Keot a tenerci compagnia i momenti di leggerezza sono ridotti all’osso. C’è una guerra alle porte e tutte devono essere pronte a scendere in campo, tutte devono diventare Suore e lottare con tutte le armi a propria disposizione.
La narrazione è a capitoli alternati tra passato e presente. Sono molte le cose che sono cambiate e solo in questo modo possiamo capire cos’è successo. La Badessa Glass ha chiesto delle cose a Nona e Zole e solo proseguendo la lettura scopriremo di cosa si tratta. L’unica cosa che dovete tenere a mente è che la Badessa Glass non lascia nulla al caso e se alcune richieste vi sembreranno particolari, perfino poco sensate, è perché non avete ben chiaro il quadro completo della situazione.
«Ma anche i difetti sono parte integrante di una persona.» Nona non riuscì a escludere l’orrore dalle sue parole. «La mia irascibilità è una brutta cosa, ma è una parte di quello che sono, come i pettegolezzi di Ruli, oppure il vizio di Leeni di andare a letto con altre ragazze anche se ama Alata. L’ossessione di Jula per lo studio, la lingua tagliente di Ghena… se ti sbarazzi di tutte quelle parti di te per avvicinarti a quest’ideale… così non finiamo per essere un po’ tutti uguali?»
Questa frase a voi dirà poco essendo contenuta nel terzo volume, ma è indicativa del pensiero di Nona e la trovo vera in ogni ambito della vita. I difetti ci identificano più dei pregi, se tutte le persone avessero solo pregi che mondo sarebbe? Le personalità si somiglierebbero tutte e il piattume sarebbe inevitabile, se togli a Nona la sua rabbia cosa resta di lei? Cosa la spinge ad andare avanti? Cosa la caratterizza? Avete mai fatto caso che sono proprio i difetti di un personaggio a farci sentire affini a lui, a farci affezionare? Se Nona fosse perfetta non avrei provato così tanta empatia e non mi sarei immersa nella storia fino a farla mia.
Holy sister chiude il cerchio e getta uno sguardo verso il futuro del Convento della Dolce Misericordia, nulla sarà più lo stesso dopo questa epica battaglia, non tutte arriveranno a vedere la nascita di una nuova alba perché sono addestrate per essere delle spietate assassine ma a guidarle è la fede. La fede negli altri, la fede nel futuro. Perché Nona è uno strumenti non un’arma e saprà certamente cosa è meglio fare per salvare il mondo. Insomma smeraldi se amate il genere fantasy e le storie in cui non ci sono storie d’amore, o almeno non nell’accezione convenzionale del termine, e in cui l’amicizia e la sorellanza sono il fulcro di tutto la trilogia di Nona Grey fa al caso vostro.