Mio fratello si chiama Jessica di John Boyne
Cosa faresti se un giorno tuo fratello maggiore, il tuo idolo, la tua roccia, annunciasse di non chiamarsi più Jason ma Jessica? di essere una ragazza e di essersi sempre sentita tale? È quello che succede a Sam, tredici anni, proprio quando l’adolescenza comincia a bussare alla porta, tra nuove amicizie e possibili amori. Il mondo per Sam si capovolge di colpo: non solo il fratello non è più lo stesso, quel fratello così popolare con le ragazze e così bravo a calcio, ma neanche i suoi genitori sono le persone aperte e tolleranti che lui ha sempre creduto di conoscere. Un romanzo di grande forza, che con empatia ma anche leggerezza e ironia racconta la difficoltà e l’importanza di accettare l’altro, sempre.
Mio fratello si chiama Jessica di John Boyne, romanzo di narrativa per ragazzi pubblicato da Rizzoli il 10 settembre.
Sono state la copertina e il titolo a colpirmi immediatamente, come si può resistere a qualcosa di così evocativo? Certo parlare di transgender in un libro per ragazzi non è semplice, bisogna avere tatto, cercare di far vedere le cose nel giusto modo, smuovere nei piccoli lettori tante domande che pian piano trovano risposta. Ecco forse parlare di transgender non è facile nemmeno con gli adulti, i pregiudizi sono troppo forti e, specialmente in Italia, si è ancorati con le unghie e con i denti a una visione arcaica della società e della famiglia in generale.
Quanto può essere difficile per un ragazzo di diciassette anni comunicare alla propria famiglia di essere nato nel corpo sbagliato? Perché qui non stiamo parlando di sessualità, attenzione, Jason non è gay, lui sente che il corpo che gli è stato dato non rispecchia come lui percepisce se stesso. Ci sono momenti in cui fatica a capirsi, e pensate quanto possa far male dover dare spiegazioni agli altri quando non si è ancora certi nemmeno di ciò che si sente realmente.
La confessione di Jason manda in panico la famiglia. I genitori gli intimano di tornare a essere ciò che era, gli dicono che sta passando un periodo complicato, ma che tutto tornerà a essere ‘normale’. Gli impongono di andare da uno psicologo e arrivano a chiedere allo stesso se sia ancora possibile la pratica dell’elettroshock per frenare questi impulsi. Capite di cosa stiamo parlando? Coloro che dovrebbero appoggiarti, comprenderti, amarti per ciò che sei, arrivano a ripudiarti perché questa cosa non gioverebbe alla carriera politica di mamma e tutto deve andare per il verso giusto, guai ad avere un figlio che non rispecchia i canoni della ‘normalità’.
Tutta la storia la leggiamo dal punto di vista di Sam, il fratello di Jason, di quattro anni più piccolo. Per Sam ciò che dice Jason non ha senso, lui è un maschio, è fidanzato con la ragazza più bella della scuola ed è il migliore della squadra di calcio. Impossibile si senta femmina. Sembrerà strano ma il piccolo Sam fa ancora più fatica dei genitori ad accettare la faccenda. E questo per Jason è difficile da digerire. Sperava di poter contare sull’appoggio dell’adorato fratellino, loro sono sempre stati molto uniti e un po’ più di empatia, anche se la situazione non è facile da comprendere a quell’età, era convinto di meritarla.
Mio fratello si chiama Jessica tratta un tema complesso e lo fa senza romanzarlo troppo, non troverete la favoletta della famiglia felice che aiuta il ragazzo a sentirsi accettato, per Jason gli ostacoli maggiori verranno proprio da chi dovrebbe appoggiarlo senza timori e remore. Passino gli amici che iniziano a guardarlo con diffidenza, in fondo viviamo in un mondo in cui molta gente fa dell’ignoranza un vanto, passi la fidanzata che lo molla appena lui si confida perché non sa come prendere il fatto che Jason si senta Jessica, ma voglia comunque stare con lei. Ma genitori e fratello no, questo non se lo merita proprio.
Ho molto apprezzato come John Boyne ha deciso di sviluppare questa storia, senza indorare la pillola, senza far finta che vada tutto bene e che nel 2019 possa essere un cammino facile da intraprendere. Questo è un libro per ragazzi di facile lettura, ma che non tutti capiranno, un libro che consiglierei dai dodici anni in su e che imporrei a molti adulti perché sono proprio loro che faticano maggiormente ad accettare chi è ‘diverso’, cioè tutti coloro che stanno fuori dal loro concetto di ‘normalità’.
Sarà una delle mie prossime letture. Sono proprio curiosa. Ciao da Lea