L’uomo che aveva visto tutto di Deborah Levy
Trama È il 1988 quando il giovane Saul Adler viene investito da un’auto a Londra sulle strisce pedonali di Abbey Road, celebri per l’album dei Beatles. Si riprende, ma il giorno dopo la sua fidanzata Jennifer Moreau, una promettente fotografa che l’ha scelto come musa, lo lascia senza motivo. Depresso, Saul si trasferisce a Berlino Est per portare avanti i suoi studi sull’Europa orientale; e da quel momento gli eventi sembrano legarsi e slegarsi in un vortice di coincidenze e discordanze. La memoria di Saul è sempre più inaffidabile, lui pare conoscere fatti non ancora accaduti ma tradisce i suoi più cari amici, Walter e Luna, che vengono arrestati dalla Stasi. Quando però, anni dopo, rimane vittima dello stesso incidente su Abbey Road, Saul intraprende un viaggio intimo alla ricerca di se stesso, per ricomporre la realtà spezzata in cui è immerso. “L’uomo che aveva visto tutto” è un romanzo sullo spazio sfocato tra verità e ricordi, un luogo mutevole in cui passato e presente convivono. Come in un’immagine a lunga esposizione, Deborah Levy fotografa squarci di tempo interiore, dove la nostra identità prende forma, e illumina il desiderio oscuro di vivere infinite vite, mille amori, mille esperienze.
L’uomo che aveva visto tutto di Deborah Levy, romanzo di narrativa contemporanea pubblicato da NN Editore il 27 gennaio scorso.
L’uomo che aveva visto tutto di Deborah Levy è un romanzo davvero unico nel suo genere. Già candidato al Booker Prize nel 2019 è arrivato in Italia, creando più di uno scompiglio, grazie a NN Editore. L’importante è che se ne parli, voi direte, infatti questo controverso romanzo ha creato non poche dispute tra i lettori. Non esistono mezze misure qui, o si ama o si odia!
Ma partiamo dal principio perché bisogna dare atto all’autrice di aver ottenuto ciò che molti suoi colleghi hanno tentato ma pochi realizzato: arrivare a sovvertire la rigidità delle trame di narrativa lineare grazie all’abilità tecnica del realismo magico. Ciò che Levy ha creato in questo romanzo è l’equivalente fittizio del principio della fisica teorica secondo cui una particella può esistere in due luoghi contemporaneamente. Solo che, anziché parlare di un luogo fisico, il magico tour del mistero di Levy trasporta i lettori attraverso il tempo di due dimensioni simultanee.
Vi avviso però fin da subito che le sorprese non finiscono qui.
Saul Adler infatti è un protagonista sgradevole, una rarità nella narrativa contemporanea. Difficile trovarne uno e proprio per questo altrettanto controverso è il rapporto che si instaurerà con il lettore. Lo ammetto, ho avuto momenti di cedimento in cui il mio disappunto ha cercato di sabotare la lettura ma poi, riflettendo, mi sono convinta a godermi lo spettacolo dal punto di vista negativo di Saul. Difficile ma non impossibile!
Anche perché diciamocelo, non si possono liquidare negativamente certi protagonisti solo perché non positivi. Se fosse così nessuno leggerebbe più nemmeno Cime Tempestose, ve lo immaginate? Ecco appunto perché va data una chance a Saul Adler, l’uomo che ha visto tutto, e che non a caso è un personaggio stratificato e complesso, un caso di uomo frustrante, egoista, incapace e triste. È
il 1988 e Saul Adler, uno storico di 28 anni, vuole che la sua ragazza Jennifer lo immortali sul passaggio pedonale di Abbey Road, reso famoso dalla copertina dei Beatles, prima di partire per un viaggio. Nell’attesa però viene investito brutalmente da una Jaguar guidata da una figura misteriosa di nome Wolfgang.
Saul impiegherà altri 28 anni per raggiungere l’altro lato di Abbey Road e solo alla fine capirete perché!
Pochi giorni dopo parte per un breve periodo di lavoro a Berlino Est ma senza Jennifer, che ha appena rotto con lui. Da buon accademico, il primo della sua famiglia della classe operaia a frequentare l’università, prende molto seriamente il suo ruolo ma si descrive anche come un modaiolo della beat generation. La rottura con la fotografa Jennifer, che l’aveva scelto come musa, lo spezza ulteriormente così arriva a Berlino Est in uno stato ferito e maltrattato, sia fisicamente che emotivamente.
Dall’altra parte del muro fa amicizia con il suo traduttore tedesco, Walter Muller, e la sorella di Walter, Luna. Molto rapidamente queste relazioni si complicano ma non voglio dirvi molto di più perché rischierei di spoilerarvi dei dettagli davvero importanti. Questa prima sezione del libro è per lo più semplice, anche se ci sono riferimenti a cose che non sono proprio come sembrano, e mi ha resa decisamente sospettosa sull’affidabilità di Saul come narratore.
Ma andiamo avanti perché Saul nonostante sia ferito, riesce in qualche modo a farsi fotografare da Jennifer ancora una volta e persino a farle una proposta. Qualcosa però va storto e nel bel mezzo della proposta stessa, Saul fa delle scoperte sconcertanti su sé stesso e sulle persone che lo circondano, Jennifer compresa.
Capite bene che quello che Levy ha distorto sono le nozioni convenzionali di realtà. Sessualità, genitorialità, politica, nazionalità, spazio e tempo, tutto viene messo in discussione fin nei minimi particolari. E colpo di scena, a metà de L’uomo che vide tutto, Levy ricomincia il suo romanzo, a partire dal capitolo uno.
Si avete capito bene la vita di Saul ricomincia, in uno stato di prescienza, pur rimanendo ugualmente quell’individuo egocentrico e inetto che è sempre stato. Sarà anche colui che vede tutto eppure non comprende quasi nulla, nemmeno la propria morte imminente.
Capite che mi è davvero difficile raccontarvi di questo libro a causa della trama oltremodo complicata ed i tanti personaggi che, intrecciando le loro vite a quella già distorta di Saul, aumentano la confusione. Certo Saul Adler è un uomo pieno di difetti ma è altrettanto vero che esprime umanità. Non vive nel presente ma da questo ne viene letteralmente trascinato. Esiste nel passato ed il futuro per lui non può esistere: ed è come se stesse guardando la sua vita dall’esterno, attraverso la finestra sul retro. Non si riesce ad empatizzare con lui ma tutti siamo colpevoli delle sue stesse colpe ed è forse questo che non ci piace, dover ammettere di riconoscerci in più di un suo aspetto.
Le due parti del romanzo sono una divisione netta, da una parte troviamo una sorta di rivelazione che diventa più chiara man mano che il libro avanza verso la seconda parte. Questa getta una luce completamente nuova sulla prima metà e amplia il mondo e l’esperienza di Saul. È un’esplorazione molto interessante nella memoria, nel pensiero e nelle relazioni, non solo quelle del protagonista.
Infine L’uomo che aveva visto tutto è sicuramente una lettura da intraprendere se si ha voglia di viaggio introspettivo particolarmente avvincente ed intrigante. Potrebbe non essere adatto a tutti, specialmente a coloro per i quali le gioie delle narrazioni lineari forniscono una fuga dalle preoccupazioni della vita. Per coloro che invece osano vagare verso l’ignoto, il romanzo di Levy offre una panoramica di nuove realtà unica nel proprio genere.