L’ultimo di noi di Adélaïde De Clermont-Tonnerre
Trama Dresda, 1945. Sotto un diluvio di bombe, una ragazza muore dando alla luce un figlio. Nell’affidarlo alla carità di estranei, consegna loro anche il nome del neonato, come una promessa di futuro. New York, 1969. Nella Manhattan di Andy Warhol e Jimi Hendrix, un giovane imprenditore rampante è pronto a tutto pur di conquistarsi un posto nel mondo e nel cuore dell’unica donna che è riuscita a farlo innamorare. Lui, Werner, orfano di genitori ignoti, è convinto di poter scrivere la propria vita da zero. Lei, Rebecca, figlia di uno degli uomini più facoltosi d’America, è uno spirito libero. La passione li travolge senza limiti. Ma la felicità ha le ore contate. Una rivelazione inattesa strappa a Werner quel futuro che credeva di avere già in pugno. C’è qualcosa, nelle sue origini oscure, che rischia di separarlo per sempre da Rebecca. Se vuole davvero lottare per il suo amore, Werner dovrà fare i conti con il passato, ripercorrendo a ritroso la Storia alla ricerca della sua vera identità, la cui unica traccia è cucita da sempre dentro i suoi vestiti di bimbo: «Si chiama Werner Zilch. Non cambiategli il nome, è l’ultimo di noi.»
Recensione di Esmeralda – L’ultimo di noi di Adélaïde De Clermont-Tonnerre pubblicato da Sperling & Kupfer il 20 febbraio.
Avevo un po’ di timore ad affrontare una lettura così importante, io sono una da storie d’amore e difficilmente esco dal mio orticello, ma quando ho visto che l’autrice sarebbe stata a Tempo di Libri e che c’era la possibilità di incontrarla mi sono decisa a leggerlo e ho fatto la scelta giusta. L’ultimo di noi mi ha conquistata grazie al perfetto intreccio tra “presente e passato” del racconto. Nel presente abbiamo i ruggenti anni che vanno dal ’69 al ’78 e nel passato quelli difficili dal ’43 al ’50. Due epoche che non ho vissuto, ma di cui ho letto molto nei libri di storia (’43 –’50) e di cui conosco diversi aspetti grazie alla tv (’69 – ’78).
Protagonista assoluto Werner Zilch, un giovane rampante che cerca di emergere nel mercato immobiliare di New York insieme al suo migliore amico Marcus. Werner è un mascalzone con le donne “Avevo la fortuna di essere amato da belle donne e mi facevo un punto d’onore di ricambiare le loro attenzioni.” “Conquistate o meno al volo, io le consideravo un mero, piacevole passatempo, niente di più, atteggiamento frivolo che, nel corso degli anni, ha creato la mia pessima reputazione. Sono rispettoso, ma raramente sentimentale.”. Tutto cambia il giorno in cui il suo sguardo si posa sulle caviglia (sì avete capito bene, proprio le caviglie) della donna della sua vita. Di questo è certo fin dal primo sguardo, la biondina tutto pepe, lo attrae come mai nessuna donna fino a quel momento e decide che deve conoscerla ad ogni costo “Nell’attimo in cui girò gli occhi insolenti verso di me, capii che quella ragazza mi piaceva più di tutte quelle che avevo conosciuto o semplicemente desiderato. Ebbi l’impressione che una lava incandescente mi colasse nelle vene”…il modo che escogiterà per rivederla non è per niente ortodosso ed è riuscito a strapparmi un sorriso. Dispendioso e ingegnoso lo definirei.
Come ben capirete i momenti più spensierati sono affidati a questa parte della narrazione, ma non saranno molti perché il passato arriverà a invadere la quotidianità con rivelazioni che sconvolgeranno la vita di molte persone.
Seguiamo in prima linea tutte le tappe della vita di Werner, fin dalla sua nascita in mezzo alle bombe di Dresda nel 1945, una nascita sofferta e costellata di morte e distruzione. Confesso di aver pianto per questa madre che rinuncia a tutto per donare la vita al proprio bimbo e non è stato l’unico momento in cui mi ha colto la commozione, L’ultimo di noi è un libro forte che ti lacera l’anima per tutto l’orrore di cui la storia è costellata. Per i tanti momenti tragici di cui l’umanità è stata artefice e testimone.
La forza principale di questo romanzo sono i personaggi che popolano la narrazione, perché oltre a Werner, di cui conosceremo tutto, ci saranno tantissimi nomi che vi resteranno impressi. Un libro corale che racconta una, dieci, cento, mille vite, un libro che va oltre gli eventi narrati ed è uno spaccato di due epoche agli antipodi ma in realtà distanti solo venticinque anni. Sembra impossibile che l’uomo sia l’artefice di entrambi i momenti storici. Incredibile che si possa passare dall’orrore più assoluto dei campi di concentramento alla bellezza vera, quella in cui tutto sembra realizzabile, del sogno americano.
Contrapposizione che non riscontrerete solo nelle due epoche a confronto, ma anche, e soprattutto, nei fratelli Zilch, fulcro di gran parte delle vicende narrate “Nell’aspetto, i due fratelli si assomigliavano come due gocce d’acqua. Avrebbero potuto essere gemelli, ma in realtà li separavano undici mesi. Undici mesi e l’infinito. Johann era calmo e dolce, completamente dedito alle sue ricerche scientifiche, Kasper era di tutt’altro genere…” leggendo vi renderete conto che nell’animo umano risiede il bello e il brutto e mai come nel loro caso questo è ben evidente e spiazzante.
L’ultimo di noi vi terrà incollate alle pagine, non riuscirete a interrompere la lettura perché travolte dagli eventi e il finale, mi sbaglierò, ma credo lasci aperto qualche spiraglio per un seguito. Non sono certa di essere stata in grado di trasmettere tutto, probabilmente nemmeno un decimo di quello che ho provato è riuscito a imprimersi in questa recensione, ma vi assicuro che questa è una lettura imperdibile.