L’intruso di Luigi Bernardi

Luigi Bernardi è stato un formidabile editor, scrittore e guastafeste. Ma non è necessario saperlo per godere di questo libro, scritto mentre lottava contro il male che lo avrebbe portato via nell’ottobre del 2013. Non è necessario per due motivi. Uno, perché Bernardi non ha mai voluto essere una cosa sola, ha anzi cercato di occupare sempre una posizione critica, persino nei confronti dei successi ottenuti, per trovare piuttosto nuove strade, anticipare il futuro, non lasciarsi afferrare dalle mode. Due, perché nel momento in cui la malattia è entrata nella sua vita, portando una sentenza senza appello, Bernardi ha deciso di consegnarci un autoritratto privo di qualunque indulgenza o retorica, mostrandosi nudo di fronte allo specchio: semplicemente un uomo, con le sue grandezze e le sue miserie. “L’intruso” è il diario, lungo un anno, di qualcuno che ha molto amato le parole – «nel raccontare, non tutte le parole sono uguali» – e non ha rinunciato a cercarle, a spremerne tutta la bellezza, persino quando la fine era vicina. È una lucida presa di coscienza che nella vita non si è pronti quasi a niente – «l’angolo delle sorprese è sempre pronto a riempirsi» – e la scrittura può diventare la più profonda, eterna forma di condivisione.

Recensione a cura di Dannyella – L’intruso di Luigi Bernardi pubblicato il 16 ottobre da DeA Planeta.

Mi rendo conto che questo non è un romanzo per tutti, per un’infinità di motivi: perché ognuno di noi ha una sensibilità diversa, perché qualcuno vede in questo genere di letture un momento di riflessione, altri, invece, vanno avanti scansando letture del genere. In questo caso più che mai non c’è qualcuno che abbia torto o qualcuno che abbia ragione, non è che chi si dedica a questo genere di letture è più sensibile e chi le evita è più superficiale. Le letture devono assecondare il nostro animo, il nostro modo di essere o il momento che stiamo vivendo. Non siamo delle persone migliori dopo aver letto questo libro, né peggiori se non lo facciamo. Vinciamo tutti, l’importante è leggere. Per questa ragione in questo momento siete liberi di soffermarvi su questa recensione o andare avanti, a seconda di quello di cui avete bisogno in questo momento.

Luigi Bernardi è stato uno dei protagonisti dell’editoria italiana ricoprendo numerosi ruoli: dall’autore al direttore, dal traduttore al talent scout a quello di sceneggiatore di fumetti. Morto nel 2013 a causa di un cancro, questo è il suo ultimo scritto: un inno d’odio contro il cancro, mentre questo lo umiliava come uomo e lo distruggeva come essere vivente. Pagine che Luigi ha lasciato in una cartella intitolata Andandomene, in bella vista sul desktop del suo iMac. Il figlio le ha trovate e ha deciso di pubblicare, così come sono. Possono far storcere il naso, possono far riflettere o possono addirittura far sorridere perché a scriverle era un uomo che sapeva che di lì a poco non ci sarebbe stato più e non aveva più niente da perdere. Le sue riflessioni sul tempo che gli rimaneva e su tutte le cose, eventi, pubblicazioni, ai quali avrebbe dovuto rinunciare fanno fisicamente male, più della sua descrizione dei dolori lancinanti che lo tormentavano. Siamo davvero tutto qui? È così che tutte le nostre collezioni, i nostri interessi, le nostre passioni, i nostri amori, le nostre letture a un certo punto smettono di esistere?

Ma l’autore non si limita a parlare della sua malattia, delle cure e degli ospedali, l’editore che è in lui è sempre in agguato e continuamente nel libro vengono fuori rimandi a suoi vecchi lavori o letture, riferimenti ad autori apprezzati o odiati, critiche al mondo attuale dell’editoria con la continua ricerca dell’intruso, presenza obbligatoria in ogni collana editoriale. Le sue riflessioni danno anche numerosi spunti di lettura di autori più o meno noti che mi sono ripromessa di leggere e alla fine termina tutto così, nel nulla, all’improvviso. Perché non sempre abbiamo diritto a un finale.

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