L’eredità dei padri di Rebecca Wait
Trama Litta è un’isoletta delle Ebridi, a nord della costa scozzese, con più pecore che abitanti, un’unica scuola, un’unica strada principale che la percorre in cerchio e poche case. Ci si conosce tutti da sempre e si vive con la porta aperta: non c’è nemmeno un poliziotto. Per questo, quando negli anni Novanta John Baird, un «figlio dell’isola», un uomo così gentile e devoto alla famiglia, uccide la moglie e due dei suoi tre figli e poi rivolge il fucile verso se stesso, gli isolani restano impietriti ma, di più ancora, si sentono traditi nell’intimo. Vent’anni dopo Tom Baird, unico superstite della tragedia, si ripresenta inaspettato alla porta dello zio Malcolm. I ricordi di ciascuno sono così strappati ai recessi della memoria dove erano stati ricacciati per ritornare a riflettere sulla infausta vicenda. Con uno stile semplice e coinvolgente, l’autrice immerge il lettore in un’atmosfera inquieta, spesso burrascosa e con rari sprazzi di serenità come la natura selvaggia e il tempo indomito che imperversano a Litta. Una lettura che si apprezza sia dal punto di vista dell’intreccio sia dal punto di vista della riflessione sui tanti spunti offerti: quanto della nostra personalità è frutto del rapporto con i nostri genitori? È proprio vero che l’eredità di quest’ultimo segna il nostro destino? Esistono rapporti umani privi di complicazioni emotive?
L’eredità dei padri di Rebecca Wait, romanzo di narrativa contemporanea pubblicato da Edizioni E\O il 4 novembre appena trascorso.
“I genitori devono essere affidabili, non perfetti. I figli devono essere felici, non farci felici.”
Ecco cosa diceva Madre Teresa di Calcutta nella sua lungimiranza di donna straordinaria. Una frase direi perfetta per introdurre la lettura di cui vi parlo oggi.
Il cammino della vita ci pone davanti a situazioni che spesso prevedono scelte talmente difficili da portare a conseguenze addirittura peggiori. Sono sempre le persone più vicine a noi, quelle a cui teniamo di più, a farci male al cuore. E quando la colpa è di un figlio o di un genitore per una scelta sbagliata o un comportamento che non riusciamo a capire, lo squarcio nel petto diventa ancora più grande.
Tom ha otto anni quando la sua vita, per come l’ha conosciuta, finisce drasticamente. Nascosto nell’armadio e totalmente pietrificato, assiste impotente alla mattanza della sua intera famiglia.
Suo padre John imbraccia il fucile e spara alla madre, Katrina, uccidendo anche Nicky, il fratello maggiore di dieci anni, e infine la sorellina Beth, appena nata, prima di puntare la pistola contro se stesso.
La piccola comunità dell’isola di Litta è totalmente sotto shock. A detta di tutti, John era un brav’uomo, sempre gentile ed irreprensibile, e l’intera famiglia Baird affondava le radici nella storia dell’isola. Partecipavano alla vita della comunità e, anche se schivi, nessuno si sarebbe mai nemmeno lontanamente immaginato un simile disagio.
O forse si?
Grosse nubi cariche di incertezze e silenzi si addensano sulla piccola isola. Tra poche certezze e tante supposizioni, rimane l’onta dell’omicidio a macchiare questo territorio lontano dalla civiltà e governato più dal divenire della natura che dall’economia industriale.
Nell’immediato però c’è da pensare al sopravvissuto, e così Tommy viene accolto dallo zio paterno Malcolm e dalla moglie Heather, che incontrano non pochi problemi a relazionarsi con lui. Per ovvi motivi i traumi riportati dal bambino sono così profondi da destabilizzare qualsiasi adulto, incapace di trovare la giusta chiave per aiutarlo. E proprio per questo Tommy, con il cuore gonfio di odio e dolore, lascia l’isola durante l’adolescenza, comprensibilmente senza mai voler tornare.
Purtroppo però non importa quanto impegno mettiamo per sfuggire al nostro passato: per capire e perdonare a volte dobbiamo tornare indietro e riavvolgere il nastro dei ricordi.
Ed è proprio ciò che fa Tom. Arrivato alla soglia dei trenta con un senso di irrisolutezza sotto pelle nonostante i traguardi ottenuti, torna a Litta -ospite dello zio Malcolm- per cercare di capire cosa è veramente successo alla sua famiglia, nel disperato tentativo di capire anche se stesso.
Cosa spinge un uomo ad uccidere la propria famiglia e poi togliersi la vita? Cosa succede quando a questo dramma sopravvive uno dei figli, per giunta ancora bambino? E quali sono le conseguenze, le colpe del padre che il superstite dovrà portarsi sulle spalle come un fardello pronto a schiacciarlo? Siamo pronti a tornare sul luogo del delitto affrontando i ricordi seppur dolorosi per cercare di dare un senso a un gesto tanto insensato?
L’eredità dei padri di Rebecca Wait è ciò che definisco un grandissimo libro dal piccolo formato. Sicuramente di nicchia e di difficile interpretazione ma con mille sfaccettature ed altrettanti spunti di riflessione. Esplora la violenza familiare, quella invisibile agli altri: la violenza psicologica, l’abuso emotivo, il potere del controllo. E’ uno sguardo tanto commovente quanto agghiacciante sulle relazioni ed in particolare quella tra padri e figli. Ne mostra l’impatto straziante su coloro che rimangono e sono costretti a convivere con i danni irreparabili e le macerie.
Fin dal principio è un libro che non ti aspetti, quasi un thriller al contrario in cui si parte già a carte scoperte. Normalmente, con libri del genere, un autore sciorina centinaia e centinaia di pagine di dettagli cruenti e false piste. Rebecca Wait invece ci regala un romanzo molto conciso incentrato sulle conseguenze di un crimine orribile in cui non viene sprecata una sola pagina. Cambiando perfino il punto di vista del lettore, che è spinto a concentrarsi sulla psicologia del crimine piuttosto che sulla crudeltà del fatto in sé.
Rilevante per il tono generale e il soggetto del romanzo è anche l’ambientazione, poiché lo sfondo spiega gran parte degli eventi narrati. Se conoscete le isole Ebridi saprete che Litta, una piccolissima isola di questo arcipelago, è accessibile solo con un viaggio in traghetto di due ore. Vi abitano pochissime persone, per lo più contadini, c’è un negozietto, una scuola e pochissimo altro. Tutti conoscono tutti – o almeno così pensavano.
Dormivano sogni tranquilli perché l’isola è immutata nei secoli, solo i suoi abitanti sono soggetti alla caducità del tempo. Coloro che mettono in atto violenze brutali hanno qualcosa di fondamentalmente sbagliato in loro e sicuramente non hanno nulla da spartire con questo idillio naturalistico. Solo il pensiero è totalmente inconcepibile.
Se ci fosse stata qualche anomalia se ne sarebbero accorti, no? Ci sarebbero stati segni così evidenti da poter individuare l’autore di simili infamie ad un miglio di distanza. Giusto? E sicuramente sarebbero intervenuti tutti, nessuno escluso, per porvi rimedio.
Ed ecco che proprio l’ambientazione prende vita, in maniera cruda ed intensa, attorno a questo gruppo di personaggi. Con il senno di poi, ed attraverso una retrospettiva perfettamente delineata, tutti giocano un ruolo fondamentale nello svelare le profondità di ciò che era effettivamente invisibile.
L’autrice offre istantanee scattate tra presente e passato che mostrano le realtà nascoste, anche grazie a una scrittura estremamente fluida e coinvolgente. Mi sono sentita catapultata in questa comunità e ho rivissuto l’accaduto attraverso i personaggi, come fossero persone reali, con segreti e dolori nelle loro vite semplici e apparentemente normali.
Nonostante tutto, però, il centro del libro rimane Tom, con la sua difficoltà ad affrontare la vita perché incapace di scrollarsi di dosso l’eredità dolorosa del padre. Attraverso una grandissima sensibilità, l’autrice esplora la sua depressione lasciando il lettore spesso attonito -e nel mio caso anche in lacrime-. Il senso di colpa per essere sopravvissuto alla madre e ai fratelli, la ricerca di un significato per i suoi ricordi dolorosi e spesso incoerenti. E’ costretto a scavare nei recessi della sua mente per poter purificare anche la sua anima, vittima due volte senza mai avere colpa.
L’eredità dei padri di Rebecca Wait è infine una storia incredibilmente commovente che esplora con sensibilità gli impatti multigenerazionali dei traumi infantili e degli abusi domestici. Cattura così bene il danno causato che il dolore risulta quasi fisico, e attraverso un piccolo cast di personaggi convincenti riesce ad esaminare le questioni del supporto e della responsabilità della comunità.
Credo che nessuna recensione possa rendere giustizia a questo libro difficile e sì, a volte davvero triste, eppure è ciò che ci serve per comprendere meglio la realtà spesso nascosta a un passo da noi. Quindi spero davvero che possiate leggerlo.