Rubrica “Tra moglie e marito non mettere il… libro!” – Le notti bianche di Fedor Dostoevskij


Trama
Un sognatore, nella magia vagamente inquieta delle nordiche notti bianche, isolato dalla realtà e da qualsiasi rapporto di amicizia, durante una sua passeggiata notturna incontra, sul lungofiume, una ragazza che risveglia in lui il sentimento dell’amore: comincia così la sua “educazione sentimentale”. Lei si chiama Nasten’ka, è una diciassettenne e viene subito colpita dal carattere timido e impacciato di lui, tanto che si incontrano di nuovo la notte dopo. Il romanzo si svolge in quattro notti, durante le quali i due si aprono l’uno all’altra. Il protagonista rivela tutto il suo distacco dalla realtà, e il suo mondo di fantasie, tetro e illusorio, mentre lei si sfoga sulla sua vita privata. Il tema del “sognatore romantico”, dell’eroe solitario che trascorre i suoi giorni immerso nella dimensione del sogno, in un paradiso di illusioni, malinconicamente sofferente e lontano dall’incolore e consueta realtà dell’esistenza quotidiana, percorre come un filo d’Arianna questo racconto.

Cari smeraldi, oggi inauguriamo una nuova rubrica per il blog Esmeralda viaggi e libri, intitolata “Tra moglie e marito non mettere il… libro!” – attenti, vi vedo già lì pronti a ridere, ma che volete farci, a noi la monotonia sfianca!

Ed è proprio per questo motivo che io e Pietro – dopo questa presentazione iniziale tutti potrete chiamarlo #sichiamaPietro, ogni riferimento a battute o ironie è puramente casuale (no, non è assolutamente vero!) – oggi vi parliamo di un libro che abbiamo letto, o forse meglio dire riletto, insieme, e lo commenteremo in una sorta di recensione a due voci, a quattro mani, a due cuori, a… insomma potrebbe finire in caciara, tenetevi pronti!

Ps: troverete gli interventi di #sichiamaPietro in corsivo 😉

Pps: è inevitabilmente una recensione con spoiler

E adesso veniamo a noi.

Il primo libro che farà da cavia è Le notti bianche di Fedor Dostoevskij.

Le notti bianche è un racconto giovanile, pubblicato per la prima volta nel 1848, sulla rivista Otečestvennye zapiski, n. 12. L’opera prende il nome dal periodo dell’anno noto col nome di notti bianche, in cui nella Russia del nord, inclusa la zona di San Pietroburgo, il sole tramonta dopo le 22. La versione di cui vi parliamo oggi è quella pubblicata da Mondadori nella collana Oscar, il primo gennaio 2003.

Un Dostoevskij lirico, ispirato, comincia a riflettere sulle disillusioni dell’esistenza e dell’amore nell’ultima opera pubblicata prima dell’arresto e della deportazione, esperienze che modificheranno in maniera radicale e definitiva la sua concezione dell’uomo e dell’arte. In questa edizione, al celebre racconto viene affiancata la visione “diurna” di Pietroburgo contenuta nei feuilletons che compongono la Cronaca di Pietroburgo, vero e proprio laboratorio per la scrittura dostoevskiana. Il racconto Le notti bianche ha ispirato il film omonimo di Luchino Visconti (1957), con Marcello Mastroianni e Maria Schell, e il film Quattro notti di un sognatore di Robert Bresson (1971).

Sarà sicuramente capitato anche a voi di incrociare lo sguardo di uno sconosciuto, innamorarvene perdutamente all’istante, ritrovandovi ad immaginare fiori d’arancio, abito bianco e campane in festa. Ecco, ti vedo sai? Dalla faccia che fa, ho come l’impressione che il mio caro maritino non è troppo d’accordo con me!

Infatti! Parla per te, gli scenari che immaginavo io, non erano certo in abito bianco.. semmai erano su un letto bianco, non ci nascondiamo mica dietro ad un dito! E mi capitava pure dieci volte al giorno!!!

Sei sempre il solito esagerato, e voi che leggete non dategli troppa corda, risulta simpatico all’inizio ma vi assicuro che poi… ok, ok, avete già deciso di parteggiare per lui perché ha il coraggio di esporsi, gliene do atto e lo apprezzo però, sono sicura che imparerete a conoscerlo (a vostro discapito ovviamente!).

Ma torniamo a noi, molte persone considerano l’infatuazione e l’innamoramento come fosse amore. Ma la differenza tra questi due sentimenti è però sostanziale poiché dipende da ciò che si prova e, soprattutto, se condiviso da entrambi nella coppia.

Infatuazione, innamoramento, amore? Ma di cosa stiamo parlando? Noi uomini in questi casi intendiamo solo una cosa, e non pensate male, sto parlando di conquista. Dopo di che, tutto risulta in discesa.

Ho capito, ma devi proprio farti riconoscere subito? E che cavolo, attento che non ti ci porto più su Esmeralda viaggi e libri. E comunque, mi stai forse rivelando che il genere maschile è mosso principalmente dal senso di conquista? Ah grazie, non mi sono davvero accorta che siamo nell’era paleolitica anziché nel duemilaventi.

Piuttosto, diciamo le cose come stanno: quando si è innamorati si tende a vedere l’altro come presumibilmente non è. Non sempre, ma spesso l’innamoramento crea una maschera per l’altra persona, un’idea che nasce nella mente e che non rispecchia quasi mai la realtà. Quando si ama invece, si ha a cuore il bene di questa, senza mettere se stessi e il proprio sentimento davanti a tutto.

Questo è proprio quello che accade al nostro protagonista. Di lui, non conosciamo il nome, ma sappiamo che fantastica su potenziali incontri romantici, illudendosi che possano diventare realtà e arrivando perfino a costruire intere conversazioni tra lui e la controparte immaginaria.

È un uomo molto solo ed introverso che, passeggiando per le vie di una San Pietroburgo nel periodo più bello dell’anno, incontra per caso una ragazza, difendendola dalle cattive intenzioni di un uomo sul far della sera. A questo punto tutti i suoi sogni si realizzano, tra lui e Nash’tenka, questo il suo nome, si instaura una preziosa amicizia ed entrambi riescono a confidarsi fin nel profondo.

Quando il grado di conoscenza si fa più intimo, al nostro protagonista non rimane che innamorarsi perdutamente di lei che, in definitiva, resta una diciassettenne orfana affidata alle cure della nonna malata.

Lui vede in lei la soluzione ai suoi drammi interiori, vista la sua solitudine e la propensione all’autocommiserazione, lei però continua a considerarlo solamente un amico col quale sfogarsi. Ma è più complicato di così, poiché Nash’tenka, rivelandogli che il suo cuore è già impegnato per un uomo che promise di sposarla ma che poi non ha dato più sue notizie, incita il nostro protagonista a farsi comunque avanti, rivelando apertamente i propri sentimenti.

La ragazza, a questo punto, cede alle lusinghe e al corteggiamento serrato, illudendosi di amare il protagonista e di poter unire le loro solitudini che sono state il punto in comune della loro conoscenza. A cose fatte, però, accade l’imprevisto: ella vede l’ormai ex procedere per la strada, e correndogli simbolicamente incontro, si dimentica completamente del suo nuovo fidanzato. Congedandosi da quest’ultimo solamente con un breve saluto, lei finisce per sposarsi implorando in una lettera il perdono del protagonista. Lui, anziché odiarla per il suo comportamento, e straziandosi per il dolore di essere stato abbandonato così velocemente, la benedice per avergli fatto vivere preziosi momenti di vita.

“Le notti bianche” è un piccolo grande capolavoro di Dostoevskij e, secondo me, in assoluto uno dei suoi romanzi più belli. Ambientato nella Russia zarista a metà Ottocento, anticipa l’esistenzialismo del Novecento, in un mondo in cui l’inezia e la futilità la fanno da padrone quanto la crudeltà dell’essere.

Certo, parliamo dell’Ottocento, e ci trovo un eccessivo sentimentalismo e parecchia ingenuità da parte di questi uomini che spesso e volentieri erano portati a vivere la coppia come un’imposizione e non come una vera e propria scelta del partner. Se pensiamo ai giorni nostri, abbiamo sostituito l’ingenuità con una buona dose di furbizia che fa bruciare le tappe, scoprendo l’altro troppo velocemente. Il che porta a cambiare partner con la stessa velocità con cui cambiamo un paio di scarpe. E provate a dirmi che non è vero!

Quasi quasi, potrei essere d’accordo con te, specialmente sul cambiare le scarpe, ma non lo dico troppo forte per paura di venir fulminata sul posto! Meglio il silenzio assertivo a questo punto.

Dunque, il protagonista si limita ad osservare la vita degli altri, immaginando la propria come un sognatore fa leva sul segnale divino, attendendo una rassicurante guida per la propria via e quella dell’umanità intera.

Dio che pesantezza, a me piacciono i romanzi, mi piacciono i sogni e anche l’introspezione, ma una roba del genere non si può proprio sentire, capisco la sensibilità ma ‘bello, se non ti dai una svegliata, qui finisce male!’

Ma stai tranquillo, abbi pietà di questo pover’uomo. Lui del resto non aveva mica Internet, né Instagram, figuriamoci Tinder! In qualche modo doveva pur far colpo con la sua sensibilità, visto che il selfie non gli era concesso.

Ed infatti, rifugiandosi nel suo mondo immaginario e a tratti visionario, il protagonista ci riporta, a seconda del suo umore quotidiano, la positività e la negatività incontrata al suo passaggio tra le vie di San Pietroburgo.

 Ma nel 1850 non erano ancora state inventate le locande? I bar? Neanche una sala da thè? Fai un po’ di sport amico mio, tirati su un attimo dai!

Sì c’erano, pure le case d’appuntamenti se è per quello! Ma il nostro protagonista è un animo solitario e romantico, sta aspettando un segno del destino che gli porti un briciolo di felicità.. ho capito, è come parlare al vento con te! Queste cose non le capirai mai.

Le notti bianche è sicuramente un libro sulla solitudine, sulla necessità di comunicare, sulla voglia e il bisogno di amare, ma anche sulle proprie paure, sul timore di lasciare le proprie abitudini per quanto banali e odiose possano essere. L’innamoramento simboleggia il tentativo di abbandonarsi al mondo reale che, tanto distante quanto incomprensibile, non gli appartiene e dal quale ha preso le distanze attraverso l’immaginario.

 Ma ve lo immaginate uno che se ne sta tutto il giorno chiuso in sé stesso a fantasticare su possibili scenari? Dite la verità, stareste lontane km da uno così.

Meglio non discostarsi troppo dal mondo reale, il che non vuol dire doversi uniformare. Personalmente accetto volentieri la solitudine, ma questa va saputa gestire e non deve essere un pretesto per alienarsi e riempirsi la testa di paranoie. Piuttosto un modo per conoscere sé stessi e far emergere i risultati di questa introspezione in una relazione a due.

È infine, un libro sull’amore soffocato, ma anche sulla felicità impareggiabile donata da un solo ed unico incontro. Quando questo avviene, durante la prima notte bianca, quella in cui a San Pietroburgo il sole tramonta dopo le 22, i due si danno appuntamento per le tre notti successive.

Amore soffocato? Ma siamo sicuri? No, perché io ci vedo un uomo con una bassissima autostima, che incontra una ragazza abbastanza incasinata, e pensa: ma quando mi ricapita una roba del genere? E si lancia in monologhi chilometrici (mai visto un uomo parlare così tanto e una donna starlo ad ascoltare senza interromperlo) che avrebbero fatto invidia a Lombroso.

Entrambi raccontandosi le loro vite si scambiano anche le speranze, che come tutte le speranze che si rispettino, rischiano ad ogni istante di andare deluse.

Un momento, lei racconta le sue esperienze di vita, lui riesce solo a far presente che voragine ci sia sotto la dicitura: esperienze personali (e riesce incredibilmente a fare colpo…o forse pena?).

Ok non possiamo litigare alla prima recensione, già ti avevo dato un po’ di spazio per rispondere e hai utilizzato mezza pagina, poi mi stai demolendo letteralmente il protagonista!

Con il nuovo giorno in arrivo, l’ultima parte del libro termina, come anche le notti bianche colme di vita. Lui, ritrovandosi di nuovo solo con la luce del mattino, legge l’ultima lettera di Nash’tenka che invoca perdono. La legge e la rilegge abbandonandosi alle lacrime. Potrebbe sembrare un finale del tutto mesto quando, in un’unica frase finale, è contenuto tutto il significato ed il senso del romanzo:

“Dio mio! Un minuto intero di beatitudine! È forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?”

E in che altro modo sarebbe potuto finire secondo voi? Lei momentaneamente sola e col cuore spezzato, crede di poter rimediare al torto ricevuto con l’unica persona messa peggio di lei. Il malcapitato è felice, quasi non ci crede, sembra un sogno, e infatti lo è, il treno che gli arriva addosso dovrebbe mandarlo in orbita e fargli chiudere definitivamente il discorso donne, e invece cosa succede? Capisce la situazione – per carità, comportamento nobile da parte sua – ma sia per orgoglio che per amor proprio, mi sarei aspettato che la lettera intonsa finisse bruciata nel camino.

Ok lei ha sbagliato e non doveva illuderlo, fino a qui sono d’accordo con te, però lui si è comportato da perfetto gentiluomo! Ecco dove sta la differenza con gli uomini di adesso: ora non si ha rispetto nemmeno per il rifiuto perché non si sa accettare una sconfitta.

In definitiva, io consiglio questo libro perché tra la nostalgia di quello che non abbiamo mai vissuto e la malinconia per le occasioni sprecate, possiamo riflettere sui nostri sogni e sulla speranza per la nostra felicità. Questo piccolo ma classico romanzo nasconde quindi una lezione insolita, ma veritiera: i sogni possono salvarci dalla realtà ma, attenzione, non dobbiamo abusarne per non perdere le occasioni per confrontarci con la vita reale.

Lessi questo libro all’età di ventidue anni senza capirlo del tutto e, nonostante la sua semplicità, all’epoca pensavo che la colpa risiedesse interamente nel comportamento di Nash’tenka. Ma durante questa rilettura mi sono ricreduto, perché capisco che le cose non sempre vanno come ci si aspetta e l’imprevedibilità della vita è parte della sua bellezza. Quindi, vale sempre la pena saper reagire nel momento opportuno, senza buttarsi troppo giù. Se ne avete la possibilità, io consiglio decisamente questa lettura!

Ps. Comunque resto dell’idea che al protagonista serva un buon corso di seduzione!

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