La voce del geco di Aldo Boraschi
Giusto è il figlio di un funambolo, abbandonato dai parenti alla morte del padre quando aveva dieci anni. Da quel giorno vive sui tetti. Tutta la sua vita accade sui coppi alla marsigliese di un piccolo quartiere di Lavagna, adottato dai vicini e lasciato libero di essere quello che è.
Nel corso degli anni quei tetti diventano un micromondo abitato da personaggi tanto improbabili quanto profondamente reali: la badante Bartola, l’ex professore Adelmo Chiappe, il campione di ciclismo caduto in disgrazia Rosario, don Livio, prevosto di campagna in crisi di vocazione. Un equilibrio perfetto, che solo le vite imperfette sanno creare.
Quando arriva Raimonda, però, tutto cambia. Ma perché tutto, veramente, possa cambiare, occorre fare un passo in più: scendere nel mondo.
La voce del geco di Aldo Boraschi, romanzo pubblicato da AltreVoci edizioni il 30 aprile.
Devo ammettere che a convincermi a leggere questo libro è stata l’ambientazione. Da qualche anno passo le mie estati in quella zona della Liguria e conosco piuttosto bene Lavagna. Avevo voglia di immergermi nelle sue atmosfere ovattate e l’idea di farlo dall’alto dei tetti mi intrigava parecchio. Quello che non mi sarei mai aspettata è il modo di scrivere dell’autore, così particolare da non essere per tutti i palati.
Ho trovato molto interessante la scelta dei protagonisti, voler mettere in primo piano gli ultimi della fila, quelli che normalmente vengono scartati e difficilmente trovano spazio tra le pagine di un libro. Bella e poetica questa decisione, Giusto è sicuramente un personaggio che ha tanto da dire e da dare, ma non è il solo, anche i suoi amici, la sua nuova famiglia, sono davvero speciale, così com’è speciale il rapporto che si crea tra di loro e li fa vivere come una piccola comunità a se stante che non viene intaccata dal mondo esterno lasciandoli in una bolla che li culla e li protegge.
Giusto è l’unico che vive sui tetti, gli altri si muovono a loro piacimento, non hanno limitazioni, ma provano per questo ragazzino un affetto così bello e sincero da passare molto tempo con lui e da trattarlo come il figlio che non hanno mai avuto.
La badante Bartola, l’ex professore Adelmo Chiappe, il campione di ciclismo caduto in disgrazia Rosario, don Livio, prevosto di campagna in crisi di vocazione, sono accomunati da una grande solitudine che si esaurisce nel momento in cui iniziano a interagire per il bene di questo bambino che dopo la morte del padre ha deciso di rifugiarsi a vivere sui tetti di Lavagna. La storia è scandita dalle lettere che scrivono a parenti, amici lontani, e grazie a queste missive comprendiamo meglio il loro passato, ciò che hanno vissuto, le loro difficoltà e i loro pensieri. Tutti vivono ai margini, non sono parte della società che dovrebbe accoglierli, nessuno li reputa importanti, ma sono fondamentali per Giusto che è il collante di questa famiglia strampalata. Sono loro a occuparsi della sua educazione, sono loro che lo nutrono e cercano di non fargli mancare niente, in alcuni casi anche andando un tantino altre l’ordinario. Bartola non lo tratta come un figlio, lo accudisce certo, ma il suo slancio non ha nulla di materno e questa cosa mi ha destabilizzato lasciandomi dubbiosa sull’evoluzione del loro rapporto.
Giusto cresce come tutti i ragazzi della sua età e diventa uomo, non ha mai desiderato vedere il mondo dalla prospettiva comune, felice di vivere sui tetti alla ricerca di quel suono riconducibile alla voce del geco che insegue da tutta la vita. Qualcosa in lui cambia il giorno in cui gli fanno conoscere Raimonda, una giovane donna che gli farà venire voglia di cambiare vita, ma sarà davvero pronto a questo grande passo?
Come vi dicevo a inizio recensione non credo che La voce del geco sia un libro per tutti, personalmente, nonostante l’ambientazione sia stata per me affascinante e abbia apprezzato l’esperimento e la voglia di porre al centro personaggi così speciali, non mi sono sentita coinvolta nelle vicende e ho letto tutto con un certo distacco non provando le emozioni che una lettura di questo tipo dovrebbe essere in grado di donare. Con questo non voglio però sconsigliarne la lettura perché sono certa che palati più fini del mio lo possano apprezzare in tutte le sue parti e ne possano rimanere entusiasti.