La strada sbagliata verso casa di K.A. Merikan
Trama Come ogni fine settimana, Colin sta tornando a casa dopo l’università, ma è tormentato dal pensiero di non trovare mai la forza di correre un rischio solamente per seguire il percorso che ha scelto. Seguendo l’istinto, decide di prendere un’altra strada. Solamente per una volta. Quello che non sa, è che sarà l’ultima occasione in cui avrà la possibilità di scegliere.
Alla fine, fa una deviazione e si ritrova in trappola, rapito da un uomo silenzioso e imponente, con un’ascia sporca di sangue. Tuttavia, quello che sembra il suo peggior incubo potrebbe rivelarsi una via sconosciuta per raggiungere la libertà.
Taron vive solo da anni. La sua terra, le sue regole. Ha rinunciato ad avere compagnia da tempo. Dopotutto, essere legati a qualcuno è un peso. Pensa da solo ai suoi problemi, ma la notte in cui deve sbarazzarsi di un nemico, qualcuno assiste al crimine che ha commesso.
L’ultima cosa di cui Taron ha bisogno è un prigioniero che lo infastidisca. Colin non merita di morire per aver messo piede sulla sua terra, ma nemmeno tenerlo con lui è una buona idea. Solamente quando scopre che il ragazzo di città è omosessuale, si trova di fronte a un’altra possibilità. Non è quella giusta, ma lo tenta ogni volta che gli occhi stupendi di Colin lo osservano dalla gabbia.
Recensione a cura di Dalia – La strada sbagliata verso casa di K.A. Merikan, pubblicato self il 15 Aprile 2019, traduzione a cura della Quixote Traslation.
Smeraldine appassionate del genere male to male, prima di iniziare a parlarvi di questo nuovo libro del duo Merikan, devo avvertirvi che, ancora una volta, questa non è una storia per deboli di cuore. Le prime scene descritte da questa coppia, geniale, ma anche un po’ “malefica”, sono da film horror, pertanto attenzione a non lasciarvi spaventare come è capitato a me, quando mi sono ritrovata, insieme ai protagonisti, in un bosco buio, su una strada sbagliata per tornare a casa, parafrasando il titolo, e non è stata una cosa piacevole. Questo è lo scenario in cui si incontrano la prima volta i due protagonisti: uno sarà il testimone involontario di un omicidio, e l’altro sarà niente di meno che l’assassino, costretto, suo malgrado, a rapire il testimone per evitare che questi lo denunci.
Colin è il classico ragazzo di città: studente modello, pochi amici, vita sociale inesistente, qualche incontro amoroso, ma solo per alleviare lo stress. In tutta la sua vita non ha fatto altro che accontentare qualcuno, seguendo sempre le stesse regole, senza mai trasgredire. La parola “rischio” non ha mai fatto parte del suo vocabolario, questo fino a quando una sera, di ritorno a casa, non decide, impulsivamente, di seguire il consiglio di un audiolibro, sull’iniziare a cambiare poco per volta, le proprie abitudini. Purtroppo, quello che credeva essere solo un cambio di percorso, una scorciatoia per arrivare prima a destinazione, si trasforma in un incubo a occhi aperti e quindi, la prima volta in cui ha avuto il coraggio di fare un minimo cambiamento nella sua vita, diventa anche l’ultima in cui potrà decidere in assoluta autonomia.
Taron è un survivalista muto, vive in una zona remota, lontano da tutti e da tutto, da quindici anni. La solitudine e il silenzio non lo spaventano, anzi, per lui sono ragione di vita. Essere pronto a tutto e avere un luogo in cui ripararsi, quando il mondo così come lo conosciamo esploderà, è l’unica missione della sua vita. Non ha bisogno di niente e di nessuno e, soprattutto, non sa che farsene di un ragazzo che è capitato nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Costretto a rapire Colin, perché ha assistito a qualcosa che non doveva vedere, sarà obbligato, suo malgrado, a tenerlo prigioniero in quella casa in mezzo ai boschi, che si è costruito da solo e in cui non ha mai pensato di portare qualcuno.
Non aggiungo altro della storia, perché nasconde un bel po’ di belle scene che mi piacerebbe scopriste da sole. Quello di cui, invece, vorrei parlarvi è la caratterizzazione dei personaggi che ho trovato molto più precisa rispetto a quanto abbiano fatto le autrici in passato. In un primo momento, ciò che può venire in mente al lettore, leggendo questo libro, è che le autrici abbiano voluto scrivere una storia in cui la “Sindrome di Stoccolma” la facesse da padrona. In realtà, almeno secondo il mio punto di vista, essa ha ben poco a che fare con l’evolversi del racconto. In questa prigionia forzata, infatti, Colin trova la capacità di riscoprire se stesso, di poter finalmente decidere cosa vuole e quando lo vuole, senza doversi sempre fare in quattro per gli altri:
“Nonostante le condizioni in cui era costretto a vivere, per la prima volta nella sua vita, era libero dalle pressioni esterne. Non doveva spaccarsi in quattro per studiare argomenti che non gli interessavano, non doveva rispondere ad e-mail o preoccuparsi dei suoi genitori.”
Nella vita a due con Taron, riscopre una semplicità che aveva già conosciuto da bambino e, alla quale, una parte di lui vorrebbe ritornare. E così, anche quando avrà la possibilità di scappare, non la coglierà, non solo perché con quell’uomo taciturno e solo, si è stabilito un contatto più che umano, ma soprattutto perché:
“Per la prima volta nella sua vita, non doveva preoccuparsi di un futuro incerto e delle conseguenze del non aver ascoltato i consigli di persone in buona fede.”
Da parte sua Taron, non ha nulla dello spietato aguzzino che il lettore pensa di trovarsi davanti. Lui non vuole infastidire nessuno, né essere infastidito dal mondo esterno. Anni prima, ha imparato, sulla sua pelle, che non può fare affidamento su nessuno. Che lui è l’unico artefice di se stesso e quindi, vive il rapimento del giovane, più come una scocciatura che come un atto illegale. Non sa che farsene di quel prigioniero, ma ormai è lì e non può fare altro che tenerselo. E quando quel ragazzo così dolce inizia a scalfire le sue convinzioni, si scopre disposto a tutto pur di vederlo felice, anche a rinunciare ad una libertà che lo condannerebbe a perdere tutto quello per cui ha lottato.
“Taron non si era mai sentito come un mardhmallow in una tazza di cioccolato, ma fu quello che provò quando udì le parole di Colin…”
Spero di avervi incuriosite e di avervi convinto a leggere quest’ennesima chicca delle Merikan che, ogni volta, sanno fare del politicamente scorretto, un libro da gustare assolutamente.