La coda del diavolo di Maurizio Maggi
Trama È una rara notte di temporali, in Sardegna, quando arriva il mostro. La ragazza era riuscita a fuggire, ma lui, il suo rapitore e aguzzino, l’ha inseguita e l’ha uccisa, incurante del fatto che a pochi metri di distanza ci fosse una pattuglia dei carabinieri. Subito arrestato, il mostro viene portato in carcere. Lì, ad attenderlo, c’è un mondo chiuso fra mura spesse e sbarre di ferro alle finestre. Lì, soprattutto, c’è Sante. E l’arrivo di quell’assassino è forse la sua occasione di redimersi. Sante ha un segreto da nascondere, una colpa da espiare, un passato da cui scappare. Eppure, Sante è in prigione per sua stessa volontà. Perché non è un carcerato, ma una guardia, e la sua è una condanna autoinflitta. Ma quella notte tutto cambia. Il mostro è ricco e protetto, ha agganci altolocati. Se la caverà, dice a Sante l’avvocato della madre della vittima. L’assassino ne uscirà, a meno che Sante non intervenga. E lo uccida. L’avvocato promette a Sante un alibi, una copertura, una via d’uscita e soprattutto tanti soldi. Uccidere è la cosa giusta? si chiede Sante. Può un peccato cancellarne un altro? Ma il giorno dopo, nulla di tutto ciò ha più importanza. Sante è un uomo costretto alla fuga e in cerca della verità. Una verità che emerge poco a poco in un quadro sempre più sconvolgente…
Recensione di Loreads – La coda del diavolo di Maurizio Maggi pubblicato il 6 settembre da Longanesi.
Si chiama “ansia da prestazione” ed io ne soffro in maniera cronica ed acuta da una vita. Immaginate da soli la mia reazione quando mi hanno assegnato:
– un thriller (è il mio genere),
– italiano (sì, gli autori italiani non hanno nulla da invidiare agli scrittori d’oltreoceano),
– edito da Longanesi (a mio avviso il Santo Graal per pubblicazioni di questo genere).
Questi tre elementi bastavano da soli a motivare lo smeraldo dato a “La coda del diavolo”, ma non sono sufficienti a convincere voi a leggerlo. Ed io proverò a render giustizia al romanzo, chiedendovi scusa anticipatamente se non ne sarò all’altezza.
Una Sardegna inedita è la protagonista assoluta di questo nuovo lavoro di Maurizio Maggi, già edito Longanesi con “L’enigma dei ghiacci”. L’autore, finalista al premio Calvino nel 2014, dopo averci fatto scoprire il bianco accecante dei ghiacciai antartici, con “La coda del diavolo” ci trasporta in Sardegna, dimostrando ancora una volta la capacità di ambientare le sue storie in paesaggi difficili e poco battuti dall’uomo. Perché la Sardegna descritta in questo romanzo non è la meta esclusiva di turisti e vip, non troviamo spiagge famose e yacht ancorati nei porti più trafficati, ma siamo di fronte a scenari selvaggi e misteriosi, cornici perfette per questa storia.
Sante Moras ha trent’anni, ex soldato della legione straniera, da cinque anni in carcere a scontare una pena autoinflitta. Ma non è un detenuto, è una guardia, un secondino, un “girachiavi”, come vengono apostrofati dai detenuti coloro che prestano servizio negli istituti di detenzione.
“Nel vedere un uomo dietro le sbarre e un altro in divisa che lo sorveglia verrebbe da dire che solo il primo è prigioniero . Errore: lo sono entrambi.”
Perché ci sono prigioni che non sono delimitate da sbarre, celle che decidiamo di chiuderci intorno per espiare le nostre colpe, ed espiazione è la parola chiave per “La coda del diavolo”.
Secondo il dizionario la parola ha il seguente significato: riparazione di una colpa commessa e liberazione dalla stessa mediante l’accettazione e la sopportazione della pena inflitta a tale scopo.
Sante Moras porta sulle spalle il fardello di un passato gravoso. Un unico errore che ha condizionato la sua vita spingendolo a lavorare in carcere e a vivere, da solo, nella Colonia agricola, alloggi in uso alle famiglie dei secondini, ormai totalmente svuotata. Come unica compagnia quella di un astore, un falco buttato fuori dal nido dai suoi genitori, che lui ha amorevolmente curato fino a fargli aprire le ali e spiccare il volo. Chi non vuole, invece, sradicarsi da quei luoghi è proprio lui.
“Non c’è persona meno libera di chi può andare dove vuole ma non sa dove.”
La notte in cui il “mostro” viene condotto in carcere, Sante è di turno. Nelle prigioni, i reati non sono tutti uguali e non esiste presunzione d’innocenza per coloro che superano i limiti della moralità.
Ilianu Virdis, soprannominato il “mostro”, è colpevole di aver rapito una ragazza di tredici anni, di averla sottoposta alle peggiori sevizie, rinchiusa in una gabbia per animali e uccisa barbaramente con la più raccapricciante delle esecuzioni. Non può condividere la cella con altri detenuti, non sopravviverebbe. Per questo viene condotto in una cella d’isolamento in una zona del carcere chiamata “Area Nera” e tenuto sotto osservazione da Sante.
Ilianu non è un uomo qualsiasi, è un ingegnere esperto di alienazioni patrimoniali, ha agganci potenti, potrebbe trovare l’escamotage e uscire illeso e scagionato dalle accuse a lui mosse.
Per questo, un avvocato senza scrupoli abborda Sante per proporgli di diventare il giustiziere, colui che potrà infliggere la giusta pena al mostro uccidendolo. Ma Ilianu viene trovato morto senza alcun intervento di Sante, che è però l’unico che si è avvicinato a quella cella e, di conseguenza, il sospettato numero uno.
Comincia così una caccia all’uomo che porterà Sante a scappare in cerca della verità e a intraprendere un viaggio in grado di liberarlo dal suo passato, a redimerlo dai suoi peccati e a cercare giustizia. E la Sardegna brulla e misteriosa diventa quasi la selva oscura dantesca, piena di insidie e pericoli in simbiosi perfetta con l’animo tormentato del nostro protagonista.
Una trama costruita alla perfezione; ho apprezzato, per una volta, la mancanza di riferimenti geografici. Sappiamo che la storia si svolge nella parte sud dell’isola, ma non viene mai menzionato un luogo preciso. Generalmente questa cosa mi disturba, mi fa perdere il senso dell’orientamento. Stavolta, invece, lo smarrimento era un elemento essenziale per accrescere la tensione narrativa.
Da chi scappa Sante? Sicuramente da se stesso, perdonarsi facendo giustizia è l’obiettivo principale, ma non quella giustizia sommaria che nella nostra società fa pagare al giusto le colpe dei peccatori. Qui il nemico è davvero potente. Trovarlo e sconfiggerlo significa mettersi contro la casta, ma Sante è uomo solo e senza mezzi.
“Le perversioni non si incoraggiano né si combattono. Al massimo, le perversioni si sfruttano.”
Lore I thriller non sono il mio genere, ma le m tue recensioni sono sempre in grado di incuriosire il lettore