La città di ottone di S. A. Chakraborty
EGITTO, XVIII SECOLO. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un’abile guaritrice e di saper condurre l’antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori.
Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all’interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L’arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli.
La città di ottone di S. A. Chakraborty, primo volume della Trilogia Daevabad in uscita il 3 giugno con Mondadori Oscar Vault.
Avevo proprio bisogno di un fantasy di questo tipo: dal ritmo serrato e con protagonisti che ti catturano fin dalla prima pagina. Per Nahri ho avuto una simpatia immediata, Dara mi ha incuriosito fin dalla sua apparizione e Ali mi ha donato parecchi grattacapi, talmente tanti da diventare il mio preferito.
Il mondo che ha ideato Chakraborty si rifà all’antico ed è facile visualizzare nella propria mente i palazzi sontuosi, le vie strette e le case tipiche dei paesi arabi. Vi sembrerà di essere avvolti dai profumi, dagli odori, vi sentirete la polvere appiccicata addosso. L’autrice non si dilunga in modo eccessivo nelle descrizioni e questo è un elemento che ho molto apprezzato, mi piace capire da cosa sono circondata senza annoiarmi nel leggerne la descrizione e lei è stata davvero brava a trovare un equilibrio.
Nahri è una ragazza di vent’anni che vive di furtarelli e truffe. Non ha una famiglia e si arrangia come può per sopravvivere. Ha due doni che sfrutta: una capacità immediata di capire qualsiasi lingua e il dono di diagnosticare malattie. Fin da quando è piccola lei sente se chi le sta davanti ha qualcosa che non va, non sa spiegarsi questa sua capacità, ma certo le tornano utili per fingere di saper guarire, attraverso riti inventati, chi non ha nessun bisogno di attingere a delle cure. Insomma Nahri è una truffatrice che sa il fatto suo, ma qualcosa va storto il giorno in cui si trova davanti una ragazza in cui percepisce qualcosa di disequilibrato. Il rito che utilizza per far credere alla folla che stia guarendo la ragazza è un canto che evoca un antico guerriero, guerriero che le salva la pelle quanto viene attaccata da creature che hanno ben poco di raccomandabile.
Dara è il suo salvatore e ha ben poco di umano Era bellissimo… straordinariamente, spaventosamente bello, con il tipo di fascino che, secondo Nahri, doveva avere una tigre subito prima di lacerarti la gola. Nahri inizialmente è piuttosto diffidente nei suoi confronti, è sbucato dal nulla, è evidente che non sia vivo e lei non vuole credere che la magia esista davvero. Il passato di Dara è misterioso, ha compiuto gesti che gli hanno fatto conquistare il soprannome di Flagello e non va fiero di ciò che è stato. I modi di fare di Dara sono bruschi, come se volesse difendersi da Nahri e non entrare in confidenza con lei ma, man mano che i giorni passano e le sfide da affrontare per giungere a Daevabad si fanno più pericolose, il loro rapporto cresce e si fa romantico. Una svolta inaspettata che sorprende piacevolmente il lettore.
Dara non vorrebbe essere attratto da questa ragazza che per lui è una specie di abominio, ma non può nulla contro questo desiderio, non solo di proteggerla, ma di starle sempre accanto. Le cose muteranno quando giungeranno alla città di ottone, lì gli intrighi la faranno da padrone e mineranno il loro rapporto e la sanità mentale di Dara che reagirà in modi che vi stupiranno.
Proprio a Daevabad vive Ali, il principe Alizayd al Qahtani. Ali è il personaggio più complesso, in lui convivono diversi ideali che sembrano in contrasto. Essendo il secondogenito non è erede al trono, deve servire il fratello, Muntadhir, e non gli è permesso nemmeno sposarsi. Ali ha vissuto tutta la sua vita alla Cittadella, è stato cresciuto per essere un guerriero e difendere il fratello, ma ha un cervello ben funzionante che lo mette in contrasto col padre e gli fa compiere gesti che potrebbero metterlo in pericolo.
Ali è fortemente attratto dal mondo umano, legge tantissimo, si documenta e quando Nahri e Dara giungono in città lui non può fare a meno di mostrare la sua ostilità prima e il suo interesse poi verso Nahri e il mondo in cui è cresciuta. Ovviamente Dara non ha nessuna possibilità di entrare nelle sue grazie, ma questo mi sembra più che giusto visto che c’è di mezzo una ragazza che pare interessare a entrambi.
La città di ottone non è un fantasy che si legge in poche ore, ho dovuto prendermi il mio tempo, l’ultima parte l’ho anche dovuta rileggere a causa della mia attenzione ballerina di questo periodo, ma vi assicuro che ne resterete affascinati e non vedrete l’ora di avere in mano il seguito perché il finale è travolgente e il futuro molto incerto per tutti i protagonisti. Se avete voglia di immergervi in atmosfere arabeggianti, se siete attratti dalle storie in cui il male potrebbe sconfiggere il bene, amate le protagoniste che non vincono facile e i protagonisti difficili da inquadrare il 3 giugno dovete assolutamente correre in libreria a comprarlo.