Joe Petrosino. Il mistero del cadavere nel barile di Salvo Toscano
Trama New York, 1903. Un cadavere orribilmente mutilato viene ritrovato all’interno di un barile abbandonato su un marciapiede. I sospetti portano verso la criminalità italiana. È un lavoro per il “Dago”, il sergente Giuseppe “Joe” Petrosino, il più famoso detective della città. L’unico dell’intero dipartimento di polizia di New York che, grazie alle sue origini italiane, è capace di passare inosservato tra i vicoli di Little Italy, capire i dialetti del sud della penisola, interpretare i simboli e le modalità delle prime organizzazioni criminali mafiose, come la temutissima Mano Nera. Un’indagine difficile in cui Petrosino si troverà a fronteggiare non solo gli spietati padrini ma anche i violenti pregiudizi di cui sono vittime gli immigrati italiani. Un romanzo tratto dalla storia vera della nascita della Mafia italo-americana e il coraggio degli uomini che la sfidarono.
La vera storia del terrore della mano nera, il mitico poliziotto italiano che ha sfidato la mafia a New York.
Recensione di Loreads – Joe Petrosino. Il mistero del cadavere nel barile di Salvo Toscano un poliziesco pubblicato da Newton Compton lo scorso 20 febbraio.
Mio padre adorava parlarmi di quelli che considerava “eroi”. Ed io pendevo dalle sue labbra quando mi raccontava di quegli uomini che, con coraggio e lealtà, si erano distinti nella strenua lotta alla malavita organizzata. Il mio primo ricordo di Joe Petrosino può quindi collocarsi in uno dei cassetti della mia memoria. Capirete dunque da soli con quale entusiasmo io mi sia approcciata all’ultimo romanzo di Salvo Toscano. L’autore e giornalista palermitano, già pubblicato da Newton Compton con Ultimo appello, L’enigma Barabba e Sangue del mio sangue, questa volta prende spunto da una storia vera, quella di Joe Petrosino, il poliziotto italo-americano che nei primi anni del secolo scorso sfidò la mafia newyorkese. E Salvo Toscano con una bravura magistrale ci racconta quello che è stato il caso più famoso del “Dago” italiano, in forza alla polizia americana: l’uomo dentro al barile.
Sono i primi anni del Novecento, sulle coste americane sbarcano ogni giorno centinaia di migranti provenienti da tutto il mondo: sono italiani, siciliani che, dopo l’unificazione d’Italia, scappano dalla miseria e dalla fame della loro terra in cerca di un futuro migliore nella Grande Mela. Ai piedi della statua della Signora con la fiaccola, il sogno di una vita più dignitosa può realizzarsi.
“… la Signora promette ristoro e libertà agli stanchi, ai poveri, alle masse infreddolite. Chiedete riparo e lo riceverete dalla luce della fiaccola, che è la libertà che illumina il mondo.”
Ma non sono solo poveri disgraziati quelli che arrivano in America, tra loro si mescolano anche delinquenti che nella nuova patria vogliono fare attecchire il seme dell’odio e della sopraffazione, creando quella rete malavitosa che all’epoca era chiamata prima Mano Nera e Cosa Nostra successivamente.
Quando in una piovigginosa mattina viene ritrovato un uomo barbaramente ucciso all’interno di un barile, di chiara nazionalità italiana, è il sergente Petrosino che viene chiamato sul luogo del delitto ad indagare. Il cadavere, piegato a portafoglio e accartocciato in maniera innaturale, è stato quasi decapitato e i suoi genitali evirati e infilati in bocca. È un delitto atroce, nessuno riesce a identificare il cadavere, ma il sergente italiano non si perde d’animo e ricostruendo i labili indizi riesce ad incastrare la cosca malavitosa mandante di cotanta violenza, scontrandosi anche con i pesanti pregiudizi nei riguardi dei migranti italiani, quelli onesti. Petrosino si può considerare il pioniere nella lotta al crimine organizzato. Di origine salernitana, appena arrivato in America aveva cominciato a svolgere il lavoro di lustrascarpe, ma gli ingenti sbarchi di italiani e i conseguenti problemi di ordine pubblico avevano favorito il suo arruolamento nella polizia. All’epoca i poliziotti erano quasi tutti di origine ebrea e irlandese e questo creava difficoltà di comunicazione e di linguaggio con gli sbarcati. Di corporatura bassa e grassoccia, il sergente brillava sicuramente per arguzia e forza, anche se veniva deriso per il suo aspetto fisico.
Il libro di Salvo Toscano è un piccolo gioiello, sia per i temi trattati che per lo stile narrativo. Ho apprezzato l’intercalare in dialetto siciliano, la gestualità tipica dei meridionali, il loro modo di esprimersi ammiccante e carezzevole, ma con una fine ironia che sottintende una minaccia velata. Un tuffo nel passato tristemente attuale di quando erano gli italiani i diversi, i neri, gli sconosciuti da accogliere in una nuova terra. A dimostrazione che non conserviamo una memoria storica che ci impedisca di continuare a sbagliare. Il tema dell’accoglienza divide ancora ai giorni nostri politica e opinione pubblica, e Toscano ci regala un romanzo che non può lasciarci insensibili.
“Negli occhi smarriti di quel siciliano gli parve di incontrare il dolore di migliaia di italiani.”