Intervista a Stefania Mortini
Ciao Stefania e grazie infinite per essere ospite del mio blog, come prima cosa vorrei che ti presentassi alle lettrici. Cosa fai nella vita e quando è iniziata la passione per la scrittura?
Ciao Sonia, ti ringrazio io per l’opportunità accordatami. Nella vita faccio la mamma a tempo pieno, ho due bimbi piccoli (da me soprannominati scherzosamente “Troll Malefici”), che non mi danno pace tutto il giorno. La mia passione per la scrittura è nata immemore tempo fa, fin da quando ne ho memoria, ma si è sviluppata in questi ultimi anni per evadere dal quotidiano che, per quanto meraviglioso (la maternità ti regala davvero tante soddisfazioni), è un duro ed estenuante lavoro. Se ci aggiungiamo un dolore grande da dover ancora elaborare (la perdita di mia nonna), ecco che nasce Althea, il mio primo romanzo.
Da lettrice a lettrice, quale libro/i consiglieresti e perché?
Non smetterò mai di ripeterlo: “Il Cavaliere d’Inverno” di Paullina Simmons. È un romanzo che porterò sempre nel cuore e che consiglio veramente a tutti. È uno storico, struggente ed emozionante. Non puoi non immedesimarti nei protagonisti, nella loro Leningrado, nel loro essere vittime di una guerra ingiusta e senza senso. Da quel libro ho imparato molto, compresa una cultura (quella russa della seconda guerra mondiale) che ignoravo.
Hai una scrittrice/scrittore preferito? Cosa vorresti rubargli?
Amabile Giusti senza dubbio. Di scrittori talentuosi ce ne sono innumerevoli, ma lei in ogni verbo mette poesia, mette passione, mette il proprio sangue. Ogni sua frase ti lascia senza fiato, ti fa riflettere. Se potessi non gli ruberei un libro, ma il cervello stesso.
Com’è nata l’idea di Althea e in quanto tempo l’hai scritto?
Parlare in termini di “idea”, per quanto riguarda Althea è riduttivo. Nel mio romanzo sono nati prima i sentimenti, l’elaborazione del dolore, la paura di non riuscire più a domarli nonostante fossero ormai passati più di dieci anni dal giorno in cui avevo salutato mia nonna per l’ultima volta. Una volta scritto tutta la mia angoscia, sono entrati a far parte della stesura i personaggi, con la loro goliardia, i loro pregi e i loro difetti. Ma Althea rimane comunque un libro costruito sulla sofferenza. Intendiamoci, non è un “Inno alla Morte”, piuttosto è più un “Ode alla vita” (per dirla alla Coelho).
Descrivimi con tre aggettivi i protagonisti del tuo libro
Irene è irriverente, a volte troppo ingenua ma di base molto testarda. Alberto è un uomo enigmatico, troppo temprato dalla vita stessa e piuttosto ombroso.
Quale messaggio volevi trasmettere con questo libro?
Con Althea ho provato a comunicare il mio desiderio di non annoverare la morte come qualcosa a cui solamente ci si rassegna. Ho cercato di darle una ragione, di far diventare la vita e la morte due cose intrinsecamente legate, forse fatte addirittura della medesima materia, cioè l’esistenza stessa. Inoltre nel mio libro c’è tutto il mio bisogno di speranza che avevo perso ormai nel tempo e che alla fine, grazie alla sua stesura, ho ritrovato.
Quando scrivi e in quale “atmosfera”? Silenzio totale, tv accesa, musica?
Purtroppo cerco di ritagliare del tempo quando i miei figli dormono, ma è davvero tanto difficile. A volte non dormono nemmeno con un litro di camomilla per cui concentrarsi diventa quasi utopico. Per il resto, mi adeguo a loro e molto spesso mi ritrovo a lavorare con il sottofondo della sigla di Peppa Pig. Diciamo che Rai YoYo a casa mia fa da padrone.
Parlami un po’ delle tue pubblicazioni e dimmi, per ognuno dei tuoi libri, un motivo per cui credi valga la pena leggerlo
Ho pubblicato solo Althea per ora, per cui posso parlare solo di esso. A mio avviso non è un libro per tutti, al contrario, devi metterci tutta l’anima per fartelo piacere. Se vuoi solo passare qualche ora lieta, ti consiglio di passare ad altro, perché Althea è sofferenza, è dolore ma soprattutto è ricerca della verità e se non hai voglia di farti certe domande allora è meglio se leggi altri romanzi più leggeri. Lo dico contro i miei interessi ma io sono famosa più per la mia onestà che per la mia furbizia. In realtà non voglio creare false aspettative e preferisco farlo piacere a chi è davvero in grado di apprezzarlo. È un libro sconsigliato alle ragazzine a cui fa gola solo una storia d’amore perché, per essere gradito, deve essere vissuto in ogni sua goccia di dolore.
A quale personaggio uscito dalla tua penna sei maggiormente affezionata e perché?
Irene, per un semplice motivo, è il mio avatar. In Althea, per certi aspetti, è come se ci fossi io dal momento in cui ho trasportato tutto ciò che sono nella protagonista, ragazza venticinquenne con le stesse paure e le stesse aspettative che avevo anch’io alla sua età.
Hai qualche progetto in cantiere? Se sì puoi darci qualche anticipazione?
A dire il vero ho cinque libri in testa, ma sono alla stesura del primo in assoluto che mi si è affacciato alla mente. Ho un’idea stramba che mi rimbalza nel cervello, sono curiosa di vedere se funzionerà, ma non dirò la trama perché non so quando riuscirò a concluderlo; il mondo dell’editoria è spietato per cui non vorrei mai che mi rubino il progetto. Ti do solo un’idea anticipandoti che è un suspance romance nell’ambito militare.
Da cosa trai ispirazione?
Dalla vita. La mia vita, mio marito, i miei figli, le storie dei miei parenti e dei miei conoscenti, ma l’ispirazione può venire anche solo uscendo all’aria aperta a passeggiare o prendendo una tazza di thè con le amiche. Lei è lì che, quando meno me l’aspetto, mi suggerisce quale potrebbe essere una nuova storia.
Quale personaggio, di qualsiasi libro tu abbia letto, vorresti essere e perché?
Anastasia Steele mi incuriosisce molto. Come diavolo riesce ad avere un orgasmo ogni volta che Christian Gray la sfiora, per me rimane un mistero. A parte gli scherzi ho letto tanti romanzi, ma l’eroina che mi è rimasta più impressa di tutte è Leila della serie di Jeaniene Frost “Night Prince”, nata da uno spin off che si è rivelata (a mio avviso) migliore della serie antesignana. All’alba dei 40 anni, dopo avere letto i primi due libri, andavo in giro per casa come una cretina immaginando di sparare fulmini dalle mani come lei, imitandone anche i movimenti! Con tutta probabilità questo è un chiaro segno che l’autrice, con questa storia, abbia fatto centro, non perché il mio giudizio abbia valore, ma poiché sono convinta che, come me, parecchie lettrici si siano rispecchiate in Leila (e magari, come nel mio caso, abbiano rasentato il ridicolo).