Il libro della forma e del vuoto di Ruth Ozeki
Trama Un anno dopo la morte del padre, un musicista jazz di origini giapponesi, il tredicenne Benny Oh inizia a sentire voci provenire dagli oggetti. Inizialmente preoccupato per la propria salute mentale e presto turbato dall’incapacità di arginare queste voci, Benny comincia a isolarsi da amici, compagni di scuola, e presto anche dalla madre, che a modo suo cerca di affrontare il lutto dell’amato marito e la difficoltà del ritrovarsi madre single con pochi mezzi. Attratto dalla biblioteca pubblica che frequentava da bambino, Benny fa presto banda con una ragazzina poeta e un anziano vagabondo che lo incoraggiano a non respingere le voci ma a provare ad ascoltare cos’è che gli oggetti hanno urgenza di dirgli, e soprattutto a trovare aiuto, ispirazione e salvezza nei libri e nella lettura. Attraverso il dialogo con gli oggetti, Benny riuscirà a riprendere il dialogo con il padre lì dove la morte lo aveva lasciato interrotto. Benny intraprenderà così un percorso spirituale non poi così diverso da quello della madre, che imbattendosi casualmente nel libro di una monaca zen troverà nella spiritualità e nella lettura il conforto e il coraggio necessari a riprendere in mano la propria vita facendo dell’assenza del marito tesoro e non catastrofe irreversibile.
Il libro della forma e del vuoto di Ruth Ozeki, libro di narrativa pubblicato da Edizioni E/O il 18 maggio appena trascorso
Devo essere onesta con voi, ho procrastinato la lettura di questo libro perché sapevo mi sarebbe piaciuto talmente tanto da stracciarmi il cuore. Mi era già successo con Una storia per l’essere tempo, il libro che mi fece innamorare immediatamente di Ruth Ozeki. Ed avevo ragione da vendere, tanto che è notizia recente l’ennesimo premio vinto -il Women’s Prize for Fiction- scalzando la talentuosissima Elif Shafak.
E solo Ruth Ozeki, americana/canadese/giapponese, autrice, regista e sacerdote buddista zen, poteva trovare le parole giuste per scrivere la storia di Benny in Il libro della forma e del vuoto.
Il suo vivere ai margini di una società che le apparteneva -ma dalla quale veniva rifiutata perché figlia di due nemici per l’America che usciva dalla seconda guerra mondiale- l’ha portata ad analizzare con occhi diversi la cultura mainstream. E da qui nasce anche la sua domanda più interessante, radicata a fondo nella tradizione giapponese: cos’è realmente la normalità? E quindi, stiamo davvero facendo la scelta giusta? Siamo in grado di vivere il nostro tempo in maniera serena ed appagata? Vogliamo bene a noi stessi per poter amare anche il prossimo?
Tanti sono gli interrogativi che vi lascerà questa lettura. Non a tutti sarete in grado di rispondere attraverso le pagine, ma d’altra parte la vita non è anche questo?
In più, sono sicura che l’approccio alla lettura non sarà uguale per tutti. Alcuni si identificheranno con un Benny disamorato e nel pieno del tumulto adolescenziale, altri nella depressione di Annabelle e nella sua voglia di riscatto, altri ancora riusciranno ad assaporare il divertimento postmoderno dei personaggi secondari.
In ogni caso vi auguro semplicemente di lasciar scorrere le pagine –senza farvi condizionare dalla lunghezza- godendovi appieno questa storia. Al di là delle preoccupazioni filosofiche e delle ansie sulle sorti del pianeta, questa è la tenera cronaca di un ragazzo in lutto per il padre morto e di una madre incapace di venire a patti con la perdita dell’amato marito. Circa a metà, il libro vacilla sotto il peso delle sue idee prima di arrivare a una conclusione dolce ma soddisfacente. Ozeki è un’abile narratrice ed il viaggio che ci permette di fare è esilarante, commovente e in definitiva pieno di speranza.
Tutto ha inizio con la morte di Kenji Oh -jazzista coreano/giapponese- in un tragicomico incidente. La sua dipartita lascia dietro di sé una scia di traumi che si manifestano in modi contrastanti nella famiglia che ha lasciato. Infatti la moglie Annabelle e il figlio Benny sono ancora entrambi sbalorditi per l’accaduto e metabolizzare la perdita appare fin da subito un’impresa ardua.
Il giovane Benny diventa il protagonista della nostra versione della storia, intervallata dai commenti frammentari di Benny stesso che racconta in prima persona il modo in cui viene narrata la sua vita. La voce del narratore onnisciente è infatti quella del libro stesso come entità senziente.
E mentre Benny esprime dissenso per i dettagli di cui non è a conoscenza, il libro gli ricorda che tutte le informazioni sono pertinenti a lui in quanto personaggio centrale di questo particolare romanzo. Il libro fa anche riferimento alla mitologia dietro il mondo che Ozeki ha creato, dove i libri raccontano le storie stesse e portano questa conoscenza attraverso i secoli.
Sembra una vera follia ma credetemi, tutto ha un senso nei libri di Ozeki perché è lei stessa a renderci capaci di credere ad una visione diversa delle cose. Utilizza questo narratore non convenzionale per commentare l’importanza dei libri ma anche per mostrare come la storia di ciascuna persona sia unica. Tutti abbiamo un libro dentro di noi che racconta la nostra vita, che scegliamo di scriverla o meno. Proprio per questo, a ogni pagina si nota quanto ogni personaggio sia il protagonista della propria storia. E grazie a questo, come vi dicevo prima, ogni lettore avrà una diversa interpretazione della storia stessa.
In risposta al trauma, Benny inizia a sentire le voci degli oggetti, che raccontano i viaggi grazie ai quali sono giunti nel luogo in cui si trovano. Tutto ad un tratto il suo mondo rassicurante, fatto di tranquillo ordine, si trasforma in un caos rumoroso.
Le tendenze autistiche di Benny non sono mai nominate esplicitamente, ma il romanzo esplora in modo attento e sicuro l’impatto della neurodiversità sulla sua vita: frustrante tutte le volte in cui gli altri lo fraintendono, positivo quando viene celebrata la sua prospettiva.
Annabelle invece è totalmente succube della sua emotività. Senza Kenji come punto di riferimento, subisce un distacco dai compiti quotidiani che dovrebbero tenerla legata al presente. E come accumulatrice seriale diventa dipendente da tutti gli oggetti che le portano anche la più debole gioia attraverso ricordi lontani.
Quando Benny inizia a prendere le distanze da sua madre e dalla loro casa rumorosa, si ritrova accolto da un improbabile gruppo di amici in un ritrovo anticonvenzionale, la biblioteca in cui tutto il rumore diventa un sussurro. Incontriamo così un’adolescente più grande di nome Aleph con il suo furetto non binario, un poeta slovacco con un problema con l’alcol che pare senta le voci come Benny ed altri personaggi strampalati.
Annabelle nel frattempo si ritira sempre più in sé stessa. Allontanata dal suo team di lavoro, è costretta a lavorare da casa finendo per restarne schiava, giorno dopo giorno davanti ai pc. Fatica così a mantenere i suoi vecchi amici senza riuscire a farsene di nuovi. In suo aiuto arriverà un famoso libro sull’arte zen del riordino, scritto da una monaca che le appare fin da subito familiare. Da lì in poi nulla sarà più come prima. Obbligata a fermarsi per guardare bene dentro al proprio cuore, Annabelle scoprirà di dover per prima cosa voler bene a sé stessa -facendo pace con le antiche ferite dell’anima- per poter riprendere in mano la propria vita e quella del figlio.
Le loro strategie opposte per elaborare il dolore permettono a Ozeki di elaborare a sua volta un commento più generale sulla comunicazione e sul potere della parola.
In tutto il libro la letteratura è un leitmotiv: il mondo di Blake in un granello di sabbia, l’intimità wordsworthiana dell’immortalità, l’ossessione per Walter Benjamin e Shakespeare. L’ambiguo angelo custode di Benny è Borges e il personaggio di Aleph è sicuramente una strizzata d’occhio al grande argentino autore dell’omonimo libro. La biblioteca comunale è il cuore del romanzo, un luogo di rifugio, illuminazione e mistero dove Benny si nasconde dal mondo e costruisce una vita segreta protetta da un giovane bibliotecario nero e da una coppia di bidelli bulgari.
Ozeki ha scritto un libro commovente, con una forma narrativa sicuramente interessante e tutt’altro che vuoto! Parla di dolore, resilienza, creatività e differenza psicologica. Riguarda l’importanza della lettura ed è un punto di osservazione sul disordine portato dalla cultura del consumismo. Ma è anche un’affermazione del potere della comunità, del gruppo, di un insieme. È divertente, gentile, saggio, urgente e completamente irresistibile.
E mentre sopraggiunge l’umanità dei personaggi, arriva anche la voce -forte e chiara- degli oggetti materiali che nelle nostre vite spesso diamo per scontati. Come lettori, diventiamo più sensibili man mano che la vicenda si dipana: Benny impara a dare la priorità alle voci che può sentire e noi iniziamo a chiederci quali abbiamo ignorato fino ad ora. In questo modo, Il libro della forma e del vuoto dipinge un quadro unico di cosa significhi perdere una persona cara, attingendo anche ai concetti tradizionali del buddismo zen sulla perdita e l’impermanenza delle cose.
Se ancora non vi ho convinti, sappiate che l’autrice stessa ci indica come trovare amore e apprezzamento per gli oggetti, riconoscendo però che il materialismo da consumatori non ci salverà dalle nostre stesse tragedie. Perché è solo accettando e celebrando le differenze senza condiscendenza che si arriva alla vera essenza delle cose e dei sentimenti.
Sappiamo benissimo quanto c’è bisogno di tutto questo nel mondo di oggi, non siete d’accordo?
Perfino dalle macerie delle relazioni dei protagonisti, Ozeki ricava qualcosa di così soddisfacente da darci l’idea di essere interpellati non da una scrittrice ma da un mondo che non esiste ancora del tutto, se non in parallelo al nostro. Le idee si riversano nel testo come un evento continuo in tempo reale, in cui una voce commenta il presente… o è forse il presente a commentare se stesso?
E’ chiaro che Ruth Ozeki ha dato il meglio di sé in questo suo ultimo libro. Se non avete paura di andare oltre il conosciuto e siete pronti a esplorare stratificazioni di tempo e di senso, quest’estate potreste scoprire un’autrice meravigliosa che aprirà nuove dimensioni al vostro sguardo.