Il bambino che non poteva amare di Federica d’Ascani

Trama Quando Teresa partorisce e sente per la prima volta il pianto di suo figlio pensa che non possa esserci gioia più grande di quella che sta vivendo: Libero, suo marito, è in una stanza a pochi passi e Paolo, il suo piccolo appena nato, a un soffio. Ma il tempo passa e nessuno, in sala, la degna di uno sguardo. C’è qualcosa che non va. E poi la sentenza: suo figlio è morto, suo figlio è deforme, suo figlio non merita neanche di essere visto. La vita di Teresa diventa il fulcro dell’Inferno in una manciata di secondi, e tutta l’allegria provata fino a quel momento scema per lasciare posto a un vuoto incolmabile. Ma Teresa non sa la verità: Paolo è vivo, Paolo è in buona salute, Paolo ha la sindrome di Down ed è stato appena mandato in manicomio. C’è stato un tempo in cui nascere diversi era un modo come un altro per non esistere, un tempo in cui bambini e adulti, se pazzi o anormali, venivano semplicemente dimenticati. E se per Paolo le cose andassero in maniera diversa?

Il bambino che non poteva amare di Federica d’Ascani. Edito il 20.05.2019 da Triskell. Genere: narrativa. 272 pagine.

Parlare di un libro del genere non è facile, quindi mi scuso sin d’ora se questa recensione non dovesse risultare all’altezza dell’argomento o, peggio ancora, dovesse essere banale.

Leggere un romanzo del genere non è facile perché affronta uno di quegli argomenti che, nella vita di ogni giorno, fai di tutto per ignorare, fino a quando la cosa non tocca a te, o a qualcuno che ti sta a cuore. Quindi giri la testa dall’altra parte il più possibile, ma ti rendi conto che la colpa è tutta lì.  Scrivere un libro del genere non deve essere stato facile, lo conferma l’autrice nelle pagine finali dedicate ai ringraziamenti: 5 anni sono serviti per scrivere, rivedere e dare alla luce questo romanzo, testimonianza orribile di quello che realmente accadeva negli ospedali psichiatrici.

Teresa e Libero arrivano in ospedale con quello stato d’animo che è un misto di trepidazione, terrore e impotenza che solo chi ha avuto la fortuna di diventare genitore può provare. La gravidanza di Teresa è giunta finalmente al termine e quell’erede tanto desiderato è pronto a nascere. Si tratta di un parto difficile, ma ecco che alla fine Teresa sente quel tanto desiderato pianto e scopre di aver messo al mondo un maschietto. Ma le cose non vanno come dovrebbero, il bambino non le viene mostrato, il marito urla al di fuori della sala parto: la parola mostro le arriva confusamente alle orecchie. E il mondo si ferma. Il piccolo Paolo ha delle malformazioni, le viene detto che è morto in seguito al parto. Siamo negli anni del nazismo, quando il mondo non sa ancora quelli che saranno i suoi orrori e in quegli anni, i minori nati con malformazioni mentali o fisiche dovevano essere denunciati per poi essere internati o uccisi. All’insaputa dalla madre e con l’approvazione di un padre troppo sconvolto per reagire, Paolo viene portato in una clinica psichiatrica. Sarà qui che noi lettori verremo messi davanti a una realtà scomoda, surreale, così perversa e inumana da farci vergognare di appartenere a questo stesso genere umano. L’unica luce di tutto il romanzo sarà rappresentata da alcuni personaggi che conosceremo e che arriveranno a sacrificare la propria felicità per fare del proprio meglio. Della trama non voglio dirvi più nulla, non sarebbe giusto.

È il primo libro che leggo di questa autrice, con la quale ho avuto la fortuna di collaborare in altro luogo, e il suo stile diretto e senza fronzoli è impeccabile per un romanzo del genere. Ottimo il lavoro della casa editrice che regala al lettore una lettura scorrevole senza un minimo difetto.

Un ultimo pensiero lo vorrei rivolgere agli immaginari Paolo e al ragazzo del letto quarantasette, ma anche alla reale Claudia: vi chiedo scusa per il mondo che siamo riusciti a rovinare, dovremmo essere in grado di imparare da voi. Un altro pensiero alla stessa autrice che ha voluto impegnarsi in un libro del genere: il piccolo Fabio sarà fiero di averti ispirato un simile lavoro, quando era ancora nella tua pancia.

Non assegno lo smeraldo a un romanzo di questo tipo perché è un libro che fa male e io ci sono stata male, quando quei ragazzini lì cercavano qualcuno da amare, da chiamare mamma o un semplice gesto d’affetto, ecco in quel momento il mio cuore ha sanguinato e lo farà ogni volta che ripenserà a questo romanzo.

5 stelle

Potrebbero interessarti anche...

Una risposta

  1. Federica D'Ascani ha detto:

    Grazie mille. Non devi scusarti affatto e di nulla, perché le tue parole testimoniano quanto sia riuscita a colpirti, il che per me è una gioia e una soddisfazione. Inoltre, hai detto sacrosante verità, perché è vero che il diverso si tende a ignorarlo finché non si è costretti a farci i conti per questo o quel motivo, ed è proprio per tale motivo che ho deciso di scriverne. Perché se si iniziasse ad alzare la testa e gli occhi dalle proprie scarpe forse riusciremmo a creare un mondo migliore.
    Grazie per le tue bellissime parole <3

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.