Decameron Project di AA.VV.

Quando la pandemia di Covid-19 è scoppiata, sembrava impossibile da raccontare. Come tradurre, in parole che non fossero pura cronaca, l’angoscia e il senso di impotenza, la paura e il dolore del mondo intero? Eppure, era già accaduto in passato: lo aveva fatto Giovanni Boccaccio nel Decameron, una raccolta di novelle scritte durante l’epidemia di peste che nel Trecento aveva colpito tutta l’Europa. Quasi settecento anni dopo, nel marzo 2020 gli editor del New York Times Magazine hanno raccolto quell’eredità e lanciato il Decameron Project, e grandi autori come Margaret Atwood, Edwidge Danticat, Charles Yu, Paolo Giordano, Liz Moore e Yiyun Li hanno deciso di mandare le loro parole oltre i confini delle proprie case, oltre lo specchio del proprio mondo. Le loro storie non parlano della pandemia, ma ne sono intrise; non spiegano, ma evocano con accenti, stili, lingue diverse le convivenze forzate e le solitudini, le piccole allegrie e le grandi nostalgie, le città improvvisamente spente e le strade che diventano miraggi di libertà. Sono testimonianze di un tempo straordinario, lo sguardo di un’umanità unita dagli stessi pensieri e sentimenti, in grado di costruire una memoria comune e una comune visione del domani. Racconti di: Margaret Atwood – Mona Awad – Matthew Baker – Mia Couto – Edwidge Danticat – Esi Edugyan – Julián Fuks – Paolo Giordano – Uzodinma Iweala – Etgar Keret – Rachel Kushner – Laila Lalami – Victor LaValle – Yiyun Li – Dinaw Mengestu – David Mitchell – Liz Moore – Dina Nayeri – Téa Obreht – Andrew O’Hagan – Tommy Orange – Karen Russell – Kamila Shamsie – Leïla Slimani – Rivers Solomon – Colm Tóibín – John Wray – Charles Yu – Alejandro Zambra

Decameron Project edito da NN Editore il 28 gennaio appena trascorso, è una raccolta di racconti scritti da vari autori.

«Umana cosa è aver compassione degli afflitti».

Inizia così il Decameron, una delle più celebri opere della letteratura italiana del Trecento, che la maggior parte di voi -come me- ha avuto il piacere di studiare alle superiori. Certo all’epoca non potevamo sapere che l’avremmo utilizzato come parallelismo con la vita quotidiana, figuriamoci crederlo utile! Eppure il grande Giovanni Boccaccio ci aveva visto giusto immaginando dieci giornate trascorse da alcuni giovani nella campagna toscana, nel tentativo di sfuggire alla spaventosa pandemia da peste nera che dal 1348 flagellò l’Europa. La brigata composta da dieci protagonisti, sette donne e tre uomini, si rifugia così in una villa organizzando una convivenza forzata. Questa, scandita da una quotidianità  di frenetica inventiva, li esorta a raccontare ogni giorno una novella a tema non solo come antidoto contro l’orrore della peste e la paura ma soprattutto -attraverso l’uso dell’immaginazione- come rito catartico.

Trovate anche voi delle affinità tra il passato narrato da Boccaccio ed il nostro presente? Come il Covid19, anche la peste nera che fa da sfondo alle vicende narrate dal Decameron giunge dall’Asia. E se quei dieci personaggi sono riusciti a sopravvivere all’angoscia utilizzando l’intelletto e l’ironia, noi moderni quarantenati abbiamo colorato arcobaleni, cantato dai balconi e utilizzato ogni strumento di comunicazione a nostra disposizione per lenire il disagio dell’inevitabile distanziamento fisico.

I meccanismi sociali e le reazioni emotive innescati dalle epidemie sono sempre gli stessi. Il morbo invisibile e il contagio che si diffonde inarrestabile suscitano da millenni paure e comportamenti irrazionali. Ma del resto cosa possiamo fare noi nel nostro piccolo? Tra le cose che ho imparato, una delle più importanti è che se si vuole allontanare i sentimenti negativi, che questi siano dolore, ansia, tristezza, disperazione, ci si deve passare attraverso senza circumnavigarli, con l’obbiettivo di cercare nuovamente la luce. Rintanarsi nelle proprie sicurezze fa bene, ma cercare di trovare il lato positivo ci fa apprezzare maggiormente le cose che abbiamo spingendoci a reagire anziché arrenderci. Certo nel 90% dei casi siamo diventati cuochi provetti ed esperti pizzaioli eppure non sottovalutiamo chi ha imparato una nuova lingua muovendosi a passi di danza sconosciuti.

Nel marzo del 2020, i redattori del The New York Times Magazine hanno creato The Decameron Project, un’antologia con un obiettivo semplice e calato nel presente: raccogliere una serie di storie scritte mentre l’attuale pandemia ci ha colpiti. In che modo la nuova narrativa di alcuni dei migliori scrittori in circolazione può aiutarci a commemorare e comprendere l’inimmaginabile? E cosa si potrebbe imparare su come questa crisi influenzerà i nostri gusti e l’arte della narrativa?

Domande a cui oggi non sappiamo dare una risposta, eppure questo è certamente un buon modo per ripartire esorcizzando il dolore e provando nuove strade verso il futuro.

Qui ogni singola storia è correlata alla pandemia stessa e spazia tra argomenti relativi all’isolamento, la comunicazione, il futuro, la realtà e la speranza. Ma tutte insieme riflettono anche le mutevoli preoccupazioni e le paure che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo tuttora.

Si, come in tutte le raccolte ci sono storie decisamente migliori di altre ma devo dire che gli autori sono molti e davvero prestigiosi. Non farete sicuramente fatica a trovare i vostri preferiti!

Nel mio piccolo sono stata scossa, e continuo ad esserlo, dalle immagini televisive di persone senza mascherina che non rispettano le regole, tra negazionisti e no vax.

Niente di tutto ciò riflette la mia quotidianità fatta di attenzioni per me stessa e per gli altri, specialmente perché ho avuto la fortuna di non subire mai la quarantena lavorativa. Eppure ho percepito ugualmente il cambiamento tra le strade deserte e i supermercati presi d’assalto prima della chiusura.

E questa raccolta di storie ha attirato la mia attenzione proprio perché è il riflesso di questa nuova realtà.

Queste storie rappresentano perfettamente il nostro vissuto divisi tra smart working, Zoom, DAD, e l’ossessione per le notizie sempre alla ricerca di un barlume di speranza. Le morti quotidiane e quelle immagini dagli ospedali in crisi che rimarranno sempre impresse nella nostra memoria obbligandoci a ricordare come la morte può presentarsi in qualsiasi momento.

La fugace felicità di isolarsi in casa finendo per restarci intrappolati e temere che questa possa essere la nostra nuova normalità.

Se inizialmente ho temuto che leggere di una pandemia nel bel mezzo di questa stessa sarebbe stato travolgente, andando avanti ho cambiato totalmente idea. Anche stavolta il mio fiuto non ha sbagliato quindi potete stare tranquilli, ne vale davvero la pena.

Sapere in astratto che siamo sulla stessa barca e che tutti sulla Terra stanno attraversando esattamente la stessa cosa può sembrare schiacciante ma, come abbiamo imparato dalla condivisione, vivere insieme accelera la conoscenza e favorisce l’empatia. Le storie particolari raccolte in questo libro ci consentono quindi di sentire la connessione e l’umanità che dovremmo sempre avere e che, in questo caso, la buona narrativa consente.

Decisamente una collezione che non può mancare ai bookaddicted per poter dire una volta di più “io c’ero”.

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