Centoventisei di Ezio Abbate e Claudio Fava
Trama Un vecchio killer in disarmo, una sospettosissima moglie al nono mese di gravidanza, un balordo che vuole farsi mafioso. Accade tutto in una notte d’estate palermitana, con l’aria ferma e la città svuotata. Attorno al furto di una centoventisei si accende un crescendo di presentimenti, equivoci, rivelazioni, fughe. Sullo sfondo, l’ombra densa e a tratti grottesca di Cosa Nostra e dei suoi progetti di morte. Finché la notte si spegne in un’alba limpida e imprevedibile. Claudio Fava ed Ezio Abbate scrivono un racconto di fulminante efficacia in cui, senza mai citarla, alludono ai preparativi della strage di via D’Amelio del ’92. Prendono distanza dalla cronaca degli eventi, ma mettono in scena tre personaggi nella cui vita e nella cui personalità vediamo il mondo di chi è nato sotto la mafia ed è abituato a ragionare e ad agire secondo lo schema “ubbidisco o muoio, uccido o vengo ucciso”.
Centoventisei di Ezio Abbate e Claudio Fava, breve racconto pubblicato oggi 28 giugno grazie a Mondadori
Faccio sempre molta resistenza quando mi propongono letture di questo genere, sarà che sono nata nella terra capitale della mafia, sarà che ricordo ancora il terrore di quella folle estate di trent’anni fa. Non ho mai dimenticato l’eco assordante dell’esplosione del 23 maggio a Capaci, dove persero la vita il giudice Falcone, la moglie e gli agenti della sua scorta. Sento ancora l’esplosione nelle orecchie, percepisco l’odore di bruciato e quella nube di polvere e detriti. Un terrore paralizzante che non ho mai superato, soprattutto quando cinquantasette giorni dopo un’altra esplosione devastante scuoteva il muro delle nostre paure e insicurezze. Non accetto mai letture di questo genere, perché nei libri cerco evasione. Perché ho letto quindi Centoventisei di Ezio Abbate e Claudio Fava? La risposta sta proprio nei nomi dei due autori. Claudio Fava è presidente della Commissione Antimafia siciliana, Ezio Abbate è uno degli sceneggiatori più brillanti del nostro Paese. Basti pensare a Suburra, Squadra mobile, I diavoli.
Dal connubio di queste due menti sopraffine nasce Centoventisei, un racconto verosimile e sferzante su i preparativi che precedettero quel 19 luglio del 1992.
Nel breve romanzo non viene mai citata palesemente la strage, ma si colgono tutti gli indizi collegati ad essa. È un’afosa estate palermitana, gli eventi narrati si dipanano nell’arco di una giornata. Gasparo è un serial killer al soldo della Mafia. Lavora per Totuccio Graziano, un capo mandamento che gli commissiona gli omicidi da eseguire. La sua carriera nella malavita è cominciata con le rapine e gli incendi nei negozi, quelle attività commerciali che rifiutavano di pagare il pizzo, poi è passato agli omicidi dei cavalli, quelli che perdevano nelle corse clandestine. Il suo sangue freddo e una mira strepitosa gli valgono un avanzamento di posizione. Se è così bravo a sparare agli equini, lo sarà altrettanto per far fuori persone scomode. E non è che puoi rifiutarti di eseguire un ordine. Una volta finito tra i tentacoli cancerogeni della mafia, non è così facile uscirne.
“A Palermo ci sono due specie di uomini. Quelli che uccidono e quelli che muoiono.”
E del resto, Gasparo lo considera solo un lavoro come tanti, si giustifica dicendo che non è semplice trovare un’occupazione nella sua città e ognuno si arrabatta come può. E poi deve pensare alla sua giovane moglie Cosima, 29 anni e incinta del loro bambino. Cosima è consapevole del mestiere del compagno, intuisce più cose di quante Gasparo gliene racconti, e teme per la vita del figlio che aspetta. È sospettosa, superstiziosa all’esasperazione.
Graziano commissiona a Gasparo il furto di una centoventisei, non gli spiega a che cosa serva ma lo affianca ad un giovane inesperto appena entrato nel circolo della malavita. Perché è così importante questo furto non è dato saperlo.
“Ma che min**ia ci devono fare con questa centoventisei che ce la stanno facendo ripulire come se servisse per la cresima?”
A che cosa servirà l’auto è tristemente noto. A trent’anni esatti da quel 19 luglio, Claudio Fava ed Ezio Abbate ci regalano un racconto brevissimo ma brillante sul mondo della malavita siciliana. Caratterizzazioni ben delineate che con poche descrizioni restituiscono una realtà veritiera. Lettura assolutamente necessaria, non solo per non dimenticare e conservare una memoria di quanto successo in Sicilia nel secolo scorso, ma per far conoscere anche alle nuove generazioni uno spaccato realistico di chi ha lottato fino alla morte per estirpare il Male dalla nostra terra.