Alaska. La resa dei conti di Brenda Novak
Trama «La paura non può impedirmi di vivere la mia vita»: è quello che si ripete ogni giorno la psichiatra Evelyn Talbot, soprattutto da quando si è trasferita ad Hanover House, la clinica di massima sicurezza in mezzo ai ghiacci dell’Alaska, dove studia le menti dei più efferati serial killer. Chi meglio di lei può guardare il male dritto negli occhi, dopo essere sopravvissuta alle torture di Jasper, il ragazzo che a sedici anni l’ha ridotta in fin di vita, sfuggendo poi a ogni tentativo di cattura? Adesso, a quarant’anni, si sente pronta a realizzare il sogno di avere un figlio con il suo compagno, l’affascinante sergente Amarok. Ma la gravidanza non arriva e nel frattempo, nei dintorni della clinica, cominciano a succedere fatti inquietanti. Una turista è scomparsa durante una bufera di neve, e quando Amarok giunge allo chalet ha subito un pessimo presentimento: la porta del capanno della legna è stata fatta a pezzi con un’ascia. I sospetti cadono sul fidanzato della ragazza, ma quando dalla neve riemerge non un cadavere di donna, bensì due, Amarok inizia a temere che ci sia in giro qualcuno di molto più pericoloso. Qualcuno con lo stesso modus operandi di Jasper. Molti anni prima Evelyn si era fatta una promessa: non essere mai più una vittima. Ma è davvero possibile sopravvivere due volte alla furia di un killer?
Alaska. La resa dei conti di Brenda Novak, thriller e volume conclusivo della trilogia Evelyn Talbot, pubblicato da Giunti lo scorso 16 ottobre.
Aspettavo questo libro esattamente con la stessa trepidazione con la quale si attende il Natale. Chi ha letto la mia recensione di Hanover House, secondo capitolo della trilogia con protagonista la psichiatra Evelyn Talbot, pubblicato lo scorso anno, sa già che la storia terminava con un cliffhanger di quelli davvero potenti. Quindi, l’ultimo anno è stato un lunghissimo conto alla rovescia in attesa di sapere come si sarebbe conclusa la trilogia ambientata tra i ghiacci dell’Alaska.
E credetemi, avevo delle aspettative altissime sul capitolo finale, perché Brenda Novak aveva lasciato tantissima carne al fuoco e volevo fortissimamente che non bruciasse niente e regalasse ad ogni interrogativo aperto una degna conclusione. Cercavo la chiusura del cerchio e, ahimè, non l’ho trovata. Ma procediamo con ordine, perché al di là di tutto l’autrice è stata doppiamente brava: non nasce come thrillerista ma è riuscita a far innamorare dei suoi libri tantissimi appassionati del genere come me.
Dove eravamo rimasti? Jasper, lo psicopatico che aveva rapito una Evelyn Talbot adolescente, torturandola e seviziandola, e uccidendo le sue migliori amiche, è riuscito a farsi assumere nella clinica detentiva di massima sicurezza Hanover House come guardia penitenziaria, con il nome fittizio di Andy Smith. Il suo unico obiettivo è sempre stata Evelyn, tutte le donne che ha ucciso nel corso della sua vita avevano le stesse caratteristiche fisiche della bella dottoressa, che ha scelto di trasferirsi in Alaska con il solo scopo di studiare menti criminali come quella del suo rapitore. Jasper non ha mai accettato che la donna fosse riuscita a sfuggirgli, e da sempre vuole tornare a lei per concludere ciò che aveva iniziato a diciotto anni. È totalmente cambiato, grazie a interventi chirurgici che gli hanno modificato i tratti somatici. È perfino riuscito ad entrare nelle grazie degli abitanti di Hilltop perché ha salvato la vita alla dottoressa Talbot.
“… Evelyn gli doveva la vita! Chi poteva dire cosa sarebbe successo se non fosse arrivato a casa di Amarok proprio in quel momento? Bishop le avrebbe fatto la lobotomia frontale e lei non sarebbe stata lì a raccontarlo.”
Ma Evelyn non riesce a togliersi di dosso quella sensazione negativa su Andy Smith. È come se sentisse sottopelle che è un uomo con il quale non può permettersi di abbassare le difese. E ultimamente è particolarmente paranoica, perché vorrebbe dare una svolta alla sua vita, mettere su famiglia con Amarok, il poliziotto che è riuscito a farle credere nell’amore, quello duraturo, quello che ti fa abbattere le difese e sognare di avere un figlio insieme. Ma allargare la famiglia significa stabilità ed un impegno in Alaska a lungo termine e lei non è convinta di voler rimanere per sempre tra i ghiacci. E più di ogni cosa vorrebbe chiudere il capitolo con Jasper, che sente sempre più vicino, soprattutto quando, nei dintorni della clinica, iniziano ad accadere fatti inquietanti. A cominciare dalla sparizione di una donna, una turista giunta in Alaska con il fratello e un paio di amici per una battuta di caccia. Lo chalet che la ospitava viene ritrovato vuoto e la porta del capanno della legna distrutta con un’ascia. Le ricerche si fanno intense, lo stesso Amarok, unico poliziotto di Hilltop , non smette di cercare la ragazza, non vuole avere a che fare con l’ennesimo caso di omicidio, perché la clinica detentiva della dottoressa Talbot non piace agli abitanti del luogo, che non accettano di vivere vicini a così tante menti criminali. Però il ritrovamento dei corpi, non solo della turista, rinvenuta sulla neve con segni di strangolamento, ma anche quello di una spogliarellista, seviziata e mutilata, non lascia scampo a dubbi: c’è un altro serial killer nei paraggi e ha lo stesso modus operandi di Jasper.
Perché? Perché? Perché?
Me lo sto chiedendo da giorni, e non ho ancora trovato una risposta. Avevamo tutti gli elementi per concludere col botto questa trilogia. Mi aspettavo decisamente di più, non solo a livello narrativo, ma soprattutto per la caratterizzazione dei personaggi. Volevo ritrovare la Evelyn Talbot determinata e con gli attributi, quella che sapeva a mettere in riga i suoi pazienti, colei che non aveva paura di niente e nessuno, ma su tutto la donna che aveva vinto la reticenza della sua famiglia e degli abitanti di Hilltop ed era riuscita a coronare il sogno di avere una clinica in cui studiare le psicopatie. Dove è finita quella donna? Ne La resa dei conti, ho trovato il personaggio decisamente sottotono, debole , impaurito. Non ho gradito la sua scelta di mettere in discussione il suo futuro in Alaska né la sua indecisione nei riguardi di Amarok. Alla prima difficoltà è pronta a mollare tutto e tornare a Boston. E non parliamo di come l’autrice ha ridotto Jasper. Mi ricordo che tremavo di paura nei volumi precedenti, i capitoli su Jasper erano sempre un qualcosa di spaventoso da leggere assolutamente di giorno e in compagnia. Ricordo il terrore di vedermelo saltare fuori dalle pagine. Che fine ha fatto lo psicopatico carismatico? Mi aspettavo decisamente di più, volevo quella scossa di adrenalina che mi aveva fatto amare follemente i primi due libri della trilogia. Sono invece rimasta con l’amaro in bocca, avrei voluto un maggiore approfondimento sui prigionieri di Hanover House. In quest’ultimo romanzo viene pure introdotta la prima detenuta donna. Speravo che venisse esplorato più a fondo il suo caso e non buttato lì, come un riempitivo di trama.
E ciò nonostante continuerò a consigliare la lettura di questa trilogia, per quanto non riesca a non bocciare quest’ultimo capitolo.