Blog Tour – Viking Chronicles di Andretta Baldanza – Teaser + Estratti

Buongiorno smeraldi, oggi prendiamo parte al Blog Tour di una nuova autrice self, Andretta Baldanza, che esordisce sul mercato con Viking Chronicles. Noi vi presentiamo i Teaser e gli Estratti ma prima eccovi cover e trama.

Titolo: Viking Chronicles
Autore: Andretta Baldanza
Data di uscita: 01/12/2017
E-book: € 2,99
Cartaceo: —
Pagine: 317
Serie: #1
Editore: Self – Publishing
Genere: Storico, Erotic Romance

Trama E’ Frejya che stabilisce il destino dei mortali mentre Odino si assicura che ne siano degni. Ma quando entra in gioco la dea Sjöfn, è sempre lei ad avere l’ultima parola, e nessuno può essere sicuro del proprio fato, nemmeno gli dei.
Hindalvisk, X secolo d.C.
Eric è un giovane uomo che vive secondo gli insegnamenti ricevuti da suo padre sull’onore e la giustizia. Alyssa è un’abile guaritrice itinerante. Entrambi hanno già tracciato la strada del proprio futuro, ma le rune del destino vengono rimescolate quando Alyssa viene catturata e ridotta in schiavitù da Eric stesso. Eric è un guerriero, pur non essendo un uomo violento, ed è fiero di combattere per il suo popolo ed il suo Re e di rendere suo padre Tjell orgoglioso nel Valhalla. Ha due fratelli minori a cui ha cercato di fare da padre dopo la morte di Tjell, e un fratello non umano: Ulfric, un lupo che ha salvato da cucciolo e che non si è più allontanato da lui. Preparato a condurre la vita ardimentosa ma solitaria del guerriero, cambierà decisamente cammino dopo l’incontro Alyssa che resterà al suo fianco fino alla sua ultima, difficile battaglia contro un nemico imprevisto ed insidioso. Armati soltanto del proprio onore e del proprio coraggio, Eric ed Alyssa dovranno combattere per compiere il nuovo, incredibile destino che Sjöfn ha scritto per loro.

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ESTRATTO 1 (INCIPIT):

Notai il suo sguardo la prima volta che mi avvicinai a lei con una tazza d’acqua. Era una giornata calda e sebbene il sole non filtrasse attraverso le foglie degli alti alberi, l’aria era pesante, umida e difficile da respirare. Il terreno morbido del sottobosco era scivoloso e infido, gli insetti ronzavano incessantemente intorno alle nostre teste.

Lei e gli altri schiavi procedevano lentamente, legati saldamente gli uni agli altri anche alle caviglie, in modo che potessero compiere solo passi brevi e veloci e non fossero quindi in grado di tentare la fuga correndo. Non che avessero una possibilità di farcela, comunque, anche se ci avessero provato. La maggior parte di loro era a piedi nudi e sanguinava, tutti indossavano i pochi abiti ormai laceri con i quali erano stati catturati. Non era stato loro permesso prendere nulla dalle loro case prima dell’esilio forzato. E’ la prima regola: sradicare gli schiavi dalle loro proprietà contribuisce a renderli più docili e malleabili. Il viaggio era lungo, eravamo in cammino nella scura foresta di Keolf da ormai sei giorni e ce ne attendevano almeno altrettanti prima di arrivare a Hindalvisk. Noi procedevamo a cavallo, ma naturalmente i prigionieri non potevano che marciare, cercando di tenere il passo con le nostre cavalcature. Le risorse per il viaggio di ritorno erano scarse, e l’acqua per gli schiavi era poca, per non parlare del cibo. Non eravamo abituati a spostarci via terra per tragitti così lunghi: siamo uomini di mare, dopotutto. Molti maschi robusti, presi per il fisico imponente e destinati ai lavori pesanti, erano già stati spezzati dalla fatica e dalla sete.

Lei no.

ESTRATTO 2

Quando fui abbastanza vicino perché sentisse i miei passi, Alyssa si fermò sollevandosi in tutta la sua altezza, dritta come una giovane quercia fiera, con il vento alle spalle che le faceva vorticare i riccioli attorno al viso. Le vesti, decisamente più pudiche di quelle con cui l’avevo vista l’ultima volta nella Sala del Trono, erano anch’esse sollevate dal vento malizioso. Era una visione di tale bellezza che non ne avevo visto l’uguale in tutta la mia vita. Fjandinn hafi það! Madre Frejya aiutami, cosa ci faccio qui? Ebbi l’impulso irrazionale di voltarmi e correre via, tuttavia non lo feci e continuai ad avanzare nella sua direzione.

«Alyssa» esordii salutandola, senza sapere come avrei continuato. Lei restò muta e immobile, senza tradire la minima emozione, che fosse paura oppure odio o disgusto.

«Ho rivendicato la tua proprietà, come forse già sai, la tua e quella di Viki» dissi, rendendomi conto mentre parlavo di quanto potessero suonare arroganti quelle parole. «Io sono Eric. Mi chiamano Urlo di Thor, è il mio nome in battaglia. In tempo di pace invece sono solo Eric l’intagliatore». Pensai che presentarmi come si deve fosse il minimo che potessi fare, dopotutto.

Alyssa sollevò un sopracciglio ma non si mosse. Desideravo che dicesse qualcosa, qualunque cosa, ma non fui accontentato.

«Sono venuto, umh…» ripresi titubante «a vedere come sta la tua faccia» riuscii a dire infine. «E’ stata messa a dura prova, a quanto vedo, e non una sola volta negli ultimi giorni».

Mi si attorcigliava la lingua e non riuscivo a mettere insieme le parole, accidenti a lei. Detestavo mostrarmi irresoluto. Davanti a una schiava, poi! In qualunque circostanza, ero stato educato fino da bambino a non lasciar trapelare sentimenti come debolezza, indecisione e confusione, per non parlare della paura. Un uomo non dubita mai di sé stesso, non ha paura di nulla poiché non teme la morte, non si ritrae mai dinnanzi a una sfida e non si lascia distrarre dalle emozioni. Questo è il codice, stabilito da Odino in persona all’inizio del Tempo, con cui vengono addestrati i guerrieri della mia tribù. Quella dannata creatura mi faceva sentire debole, indeciso, confuso ed intimorito tutto insieme.

Infilai la mano in tasca per superare il momento di imbarazzo e le porsi uno scatolino di legno, intagliato da me, che naturalmente lei non degnò di uno sguardo. Ma avevo ripreso il controllo di me stesso, e potei proseguire.

«Puoi toccarlo, Alyssa, non morde e a dirla tutta, nemmeno io. Ti ho portato un unguento speciale, lo prepara mia madre. So che sei una guaritrice, ma mia madre è stata una guerriera, ha sposato un guerriero e ha avuto tre figli maschi. E’ piuttosto esperta nel rimettere in sesto una faccia presa a pugni». Ancora nessuna reazione, movimento o guizzo nello sguardo da parte sua. Avrebbe potuto essere una statua.

Muovendomi molto lentamente, non saprei dire se per non spaventarla o per non provocare una reazione violenta, mi avvicinai ulteriormente a lei e aprii la scatoletta. Immersi due dita nell’unguento e molto cautamente stesi il braccio fino al suo viso. Mi fermai con la mano accostata alla sua guancia per un istante, solo per lasciarle il tempo di capire quello che stavo per fare e non coglierla di sorpresa, poi lo spalmai piano sul suo zigomo gonfio. La sensazione della sua pelle sotto i miei polpastrelli mi diede un leggero formicolio e, che Thor mi maledicesse all’istante, un vergognoso spasmo al basso ventre. Fui ripagato da un leggerissimo allargarsi dei suoi occhi, ma niente di più. Finii di applicare il medicamento e richiusi lo scatolino, lanciandolo con noncuranza sulla piccola catasta di legna che aveva raccolto, perché lo portasse al suo giaciglio. Ero certo che non mi avrebbe dato la soddisfazione di ringraziarmi, ma altrettanto sicuro che ne avrebbe apprezzato gli effetti benefici sul viso gonfio e malandato. Di sicuro non le sarebbe dispiaciuto farne ancora uso, almeno per il prossimo paio di giorni. Stavo per darle le spalle, quando finalmente un filo di voce uscì dalla sua gola.

«Io non ti appartengo» sibilò.

«No, chiaramente no» risposi secco.

Mi voltai e me ne andai, furioso con lei, con me stesso, con la mia debolezza, con la maledetta guerra che l’aveva portata a Hindalvisk, con tutti gli dei e con tutti gli uomini che conoscevo o avrei conosciuto in futuro. Che cazzo di risposta le ho dato? Avrei dovuto prenderla a bastonate per la sua insolenza, non darle ragione! Per gli dei, le avevo o non le avevo appena detto di averla rivendicata come mia schiava? Mi misi quasi a correre coprendo a grandi passi la poca strada che mi separava dal bordello, sperando di trovare oblio, o quantomeno un momento di sollievo, fra le braccia di Inga ed almeno una delle sue compagne.

ESTRATTO 3

«Bene… prima di tutto, ti sono grata» proseguii «per come hai trattato me e Viki sulla via per Hindalvisk e per non averci lasciato nelle mani di Gunther. So che siamo solo schiave e tu non ci devi niente, ma so anche che ci hai salvato la vita, rivendicandoci. E anche se odio stare qui, devi sapere che…» Eric trasalì violentemente e io capii di aver scelto molto male le mie parole. Cercai di aggiustare il tiro. «No, Eric, aspetta… quello che cerco di dire è che non riesco accettare di essere una schiava. Non essere padrona della mia vita per me è intollerabile. Oh come posso farti capire… tu sembri essere il padrone del mondo… ma io… quella che sono, quella che potrei essere, non esiste più. Esiste solo una donna a disposizione di chi ne ha bisogno, senza possibilità di scelta.» Eric dava segno di voler intervenire ma io lo precedetti, facendo un gesto con la mano per zittirlo. «No Eric, sai che è vero, è questo che sono, tra la tua gente. Chiunque potrebbe decidere anche domani di prendermi, trascinarmi in un bordello e fare di me una prostituta, e questo sarebbe perfettamente accettabile per tutti voi.»

«Dovrebbe passare sul mio cadavere» sibilò Eric mentre parlavo, ma io non mi interruppi.

«Tuttavia Eric… se c’è un motivo per il quale ho potuto tollerare almeno in parte questa situazione e tornare a sentirmi utile, lo devo soltanto a te. Mi hai salvata, nel Keolf e poi di nuovo qui, dandomi la possibilità di fare quello che amo e desidero. Non smetterò mai di esserti grata per questo. Davvero, non lo dimenticherò» conclusi.

«Già. Ma nonostante questo sei infelice e ci odi.» rimarcò lui amareggiato.

«Beh, Eric… non voglio mentirti. Si, io detesto stare qui. Quello che intendo dire è che ora so che non è colpa tua.»

«No, non lo è, infatti» rispose lui d’un tratto rabbioso «Ma tu odi tutto ugualmente, já? Odi me, odi la mia gente, odi il mio villaggio… mia madre, magari? I miei fratelli? Oh non li conosci? Vieni con me, te li presento, così poi potrai odiare anche loro!» ruggì furioso.

Spaventata dalla sua rabbia improvvisa, indietreggiai di qualche passo. I suoi occhi erano spalancati e potevo vedere le pupille dilatate al loro interno. Una grossa vena gli pulsava sul collo al ritmo accelerato del cuore, teneva i pugni serrati strettissimi, le mani si stavano arrossando e le vene diventando evidenti sulle sue braccia. Le narici fremevano come quelle di uno stallone selvaggio trattenuto a forza da una robusta cavezza. Era un vulcano sul punto di erompere.

«No Eric io non…» balbettai incerta, ma lui fu più veloce e mi interruppe.

«… odi quello che sono e quello che rappresento. Ammettilo, hai detto di non voler mentire. Allora dillo maledizione. Sii onesta fino in fondo, guaritrice. Oh, non temere» aggiunse con scherno, vedendo il mio sguardo atterrito. «Non ti batterò per la tua sincerità, anche se non nego di avere una gran voglia di stenderti sulle mie ginocchia e darti una bella lezione a suon di scudisciate!»

«Io.. no… Eric non è così io non ti odio, era questo che cercavo di… si, detesto questa situazione ma…» sussurrai confusa, tentando di salvare la situazione in cui mi ero cacciata con le mie stesse mani.

«Cosa cambia? Io ti ho portato qui. Sono io la situazione» disse, battendosi il pugno violentemente sul torace per sottolineare il concetto. «Ah! Nemmeno avessi avuto chissà quali migliori possibilità, in balia di tuo fratello! Dimmi, dove saresti ora se non ti avessimo preso?»

Il suo riferimento alla mia vita prima della deportazione mi fece trasalire. Gli avevo raccontato qualcosa di me, sulla riva del Fjord non troppo tempo prima: aveva forse intenzione di usare le mie stesse confidenze contro di me alla prima occasione che gli si presentava, quel barbaro arrogante?

«Non osare!» sibilai quindi, infuriandomi a mia volta. «La mia vita non era perfetta ma me la cavavo, grazie tante! Come ti permetti di giudicarla? Sarei libera, ecco cosa sarei se non fosse per te! Libera, mi senti? Riesci a comprendere il significato di questa parola o è troppo difficile per uno zotico ignorante come te che capisce solo la spada e la mazza?»

«Oh, si. Saresti stata libera. Libera di obbedire, libera di sottometterti Eivind, fino a quando non ti avesse spedito a riunirti con tuo padre, tagliandoti la gola nel sonno. Bella libertà la tua. Sei mostruosamente ingrata» rispose, furibondo anch’egli. «Vattene Alyssa. E’ meglio che tu vada via ora, finché ho ancora un minimo di dominio su me stesso.»

ESTRATTO 4

Cominciai a grattarmi distrattamente la barba e a riflettere. Sven mi aveva detto che i miei sentimenti per Alyssa erano piuttosto evidenti, ma io stesso non ero nemmeno sicuro di sapere esattamente di quale natura fossero. Era ammirazione per la sua bellezza quella che provavo? Una semplice attrazione fisica? O poteva definirsi vero e proprio affetto? Forse si trattava solo di gratitudine per l’ottimo lavoro che svolgeva come guaritrice… Provai ad analizzarli con la mia mente pratica e poco incline ai sentimentalismi. Prima di tutto, mi sentivo molto protettivo nei suoi confronti. Avevo continuamente l’esigenza di assicurarmi che stesse bene e che non fosse in pericolo. Non mi erano sfuggiti gli sguardi lascivi che Gunther le rivolgeva ogni volta che ne aveva occasione, e di certo la cosa non mi faceva stare affatto tranquillo. Non potevo controllarla a vista tutto il giorno, tuttavia, e questo mi faceva spesso provare ansia senza motivo. Dopotutto era una donna adulta. Oltre a questo, la desideravo continuamente a livello fisico, come non avevo mai desiderato nessuna donna prima di allora. Era sufficiente a chiamarlo amore?

ESTRATTO 5

La guardai. Stava in piedi davanti a me nella notte, indomita, con indosso soltanto una sottile veste di lino, la pelle increspata dal freddo e i capelli sciolti illuminati dai deboli bagliori delle braci dietro di lei. Tutto in quella donna mi attraeva. Il suo viso, luminoso e schietto. Il suo corpo, snello e forte. Le sue movenze sinuose ed eleganti. La sua mente pronta, brillante ed acuta. Avrei dato un braccio, o magari tutti e due, per assaggiare quelle labbra perfette e rosse, per sentire la sua lingua muoversi nella mia bocca. Mi avvicinai disperato e immersi le mani tra i suoi capelli, sperando che i miei occhi le dicessero tutto ciò che provavo, indipendentemente dalla parole che stavo per pronunciare. Rimasi per un momento immobile con la fronte appoggiata alla sua, assaporando il contatto con la sua pelle e sentendo le sue piccole mani scendere sui miei fianchi, per un solo istante, prima di fare l’ennesimo, doloroso passo indietro. Ci sarebbe mai stata una possibilità, per noi?

«No, Alyssa» risposi. «Io non verrò più all’hospitale.»

Alyssa sussultò, sorpresa

«Cosa vuol dire che non verrai più? Hai detto che non volevi lasciarmi senza protezione!»

«Sarai protetta, ma non da me» chiarii. Quelle parole mi graffiarono la gola come se fossero fatte di pietra. L’idea di lasciarla nelle mani di qualcun altro mi uccideva, ma era la cosa migliore. Mi parve che gli occhi di Alyssa si velassero di lacrime.

«Non piangere, piccola. Per favore» la pregai, dimenticando dignità ed orgoglio. «Con Gunther così aggressivo, la mia vicinanza ti farebbe solo correre ulteriori rischi, e io non voglio e non posso permetterlo. Ci ha visti davanti alla casa reale dopo l’udienza. E ci ha visti ieri sera, Alyssa. Sono sicuro che ha capito… lui sa che… che io… tengo molto a te» dissi alla fine, arrendendomi una volta per sempre all’evidenza dei miei sentimenti. «Questo non è un bene. Mi odia, lo sai. Ed è pericoloso. Tu non hai idea di quanto, ma io si. Lo conosco da quando eravamo bambini. Devi fidarti di me Alyssa. E’ meglio se ti sto lontano.»

«Eric…no…» Alyssa fece un piccolo passo nella mia direzione, ed il profumo della sua pelle mi investì, facendo vacillare tutte le mie certezze. Guardare il suo viso afflitto mi faceva impazzire. Ma non potevo lasciare che il desiderio governasse le mie azioni, per quanto intenso fosse. Tantomeno potevo lasciarmi condurre dall’amore come un ragazzino in fregola. Perché di questo si trattava, ormai non potevano esserci più dubbi. Ma ero un soldato, per tutti gli dei, non mi aveva insegnato niente mio padre? Era mio dovere proteggerla. Non mi sarei comportato come un bambino capriccioso.

«No Alyssa. Ti prego. Affidarti ad altri è già molto difficile e l’idea di non vederti per chissà quanto tempo, dopo quello che ti ho detto ieri sera… è come se mi stessero strappando le viscere fuori dal corpo con un ferro rovente» ammisi. «Ma è la cosa giusta. Se tieni anche solo un poco a me, non cercare di farmi cambiare idea, perché in questo momento ti sarebbe fin troppo facile riuscirci, e se ti accadesse qualcosa per causa mia…» serrai gli occhi sconcertato dal dolore che mi procurava anche solo il pensiero di una tale eventualità «…io non potrei più vivere.»

Le sue lacrime ormai scendevano abbondanti.

«Non è giusto» disse.

«No, non lo è» risposi.

ESTRATTO 6 (HOT)

Quando si rilassò, crollò sdraiata sulla schiena con un sospiro ed io fui subito accanto a lei, cercando le sue labbra con le mie: volevo che sentisse il suo sapore su di me. La sua bocca si mosse, subito esigente, e questo mi riempì di gioia e di orgoglio: aveva appena goduto, ma non era ancora sazia. Grande Odino, cosa avevo fatto per meritare una donna come questa? Intrecciai le gambe con le sue e l’abbracciai, mentre lei si muoveva gentilmente contro il mio corpo continuando a baciarmi. Restammo così, avvinti, assaporando ogni movimento, ogni sfregamento dei nostri corpi l’uno contro l’altro, fermandoci di tanto in tanto per prolungare l’attesa che avrebbe reso il nostro piacere ancora più intenso. Feci scorrere la mano sui suoi seni, poi sulla sua pancia, e trovai di nuovo con le dita il paradiso in mezzo alle sue cosce, mentre le sue mani percorrevano senza sosta l’asta ormai tesa allo spasmo del mio sesso, stuzzicando il göt e provocandomi lampi di piacere intensi ed improvvisi come pugnalate al ventre e alle gambe. Entrai in lei con le dita, accarezzandola da dentro, nutrendomi dei piccoli spasmi premonitori che mi circondavano le dita, dei suoi respiri sempre più veloci, delle parole sensuali che sussurrava al mio orecchio con la voce arrochita dall’eccitazione. Entro breve, non fui più in grado di attendere. Mi avvicinai smanioso alla sua umida apertura e l’accarezzai col pene, inumidendomi dei suoi umori, prima di cominciare a penetrarla. Provai ad essere di nuovo lento, entrando poco per volta, muovendomi in cerchio e stimolando intenzionalmente la sua pelle sensibile con il göt. Ma Alyssa non voleva più aspettare. Si inarcò all’improvviso, accogliendomi completamente con un gemito. Finalmente potei lasciare libero il mio istinto: non era più tempo di trattenermi. La presi con poche spinte vigorose, che ci portarono velocemente entrambi sulla vetta più alta. L’orgasmo ci travolse mentre ci guardavamo negli occhi, divorandoci con lo sguardo, i nostri corpi pulsanti all’unisono e le nostre gambe tremanti le une contro le altre.

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