Blog Tour – L’amore va nell’umido?: Raccolta differenziata dei miei disastri sentimentali di Daniela Delle Foglie – Intervista all’autrice
Buongiorno smeraldi e benvenuti alla tappa inaugurale dedicata a L’amore va nell’umido?: Raccolta differenziata dei miei disastri sentimentali di Daniela Delle Foglie pubblicato da Mondadori il 3 marzo. Si tratta di una spiritosa autobiografia (riveduta e corretta) che narra le esperienze di Daniela nel mondo di Tinder, ma non solo, in questo romanzo c’è molta verità, tanta introspezione e il percorso intrapreso da Daniela per arrivare finalmente a conoscere e ad amare se stessa. Dopo averlo letto, consiglio anche a voi di farlo, ho ritenuto che la scelta migliore per raccontarvelo sia un’intervista a Daniela stessa. Buona lettura
“Se la merce è rimasta sullo scaffale, un motivo ci sarà…” Daniela, che passati i trent’anni osa essere ancora single, se l’è sentito dire più di una volta. È una frase che la fa arrabbiare, si rifiuta di essere paragonata a un barattolo esposto al supermercato, ma una parte di lei vuole sentirsi scelta, desiderata, ha bisogno che lo sguardo maschile certifichi che in fondo non è poi tanto male, anche se ogni volta che si guarda allo specchio vede solo un ammasso di imperfezioni da correggere, dentro e fuori. E così decide di farsi un profilo sulla app di incontri più gettonata del mondo, dove un sacco di sue amiche hanno trovato l’amore, o se non altro del sesso più o meno soddisfacente: Tinder.
Questo libro è l’esilarante resoconto di un anno di incontri con uomini conosciuti on (e off) line, un fenomenale campionario di situazioni imbarazzanti e buchi nell’acqua, un bestiario straordinario di esemplari di maschio di ogni habitat e specie, dal bipolare stagionale allo Shrek di Roma Est, dal sosia di Padre Pio al turista americano in cerca della dolce vita.
Ma è anche un manifesto in difesa dell’imperfezione e della confusione esistenziale, un vademecum per ragazze che non si piacciono abbastanza ed è, soprattutto, il prezioso racconto della stagione decisiva nella vita di una donna: quella in cui impara finalmente ad accettarsi, affrontando i fantasmi del passato e facendo pace con i propri reali desideri.
- Apriamo con una domanda che può apparire banale, ma che nasconde parecchie insidie: chi è Daniela Delle Foglie nella vita di tutti i giorni?
Daniela è una trentenne come tante che cerca di costruirsi un futuro facendo un lavoro che ama e coltivando le sue passioni. È una trentenne che adora andare a cena fuori, ma odia andare in palestra, è una che non può fare a meno di condividere il bello e il brutto della vita con le sue amiche parlandone nella chat di gruppo di WhatsApp.
- Ho letto il tuo libro L’amore va nell’umido? e mi sono stupita di quanto tu ti sia donata al lettore, quanto è stato difficile farlo?
In realtà scrivere di me mi serve per vivere meglio, fare chiarezza davanti alla pagina bianca mi aiuta ad affrontare le difficoltà. Questo libro era necessario per poter andare avanti e superare certi nodi. Chiaramente quando si va così a fondo la paura del giudizio altrui è inevitabile, quindi sì, in certi momenti ho quasi pensato fosse meglio mandare tutto all’aria e non “concedermi” tanto. Ma nel corso della mia vita ho letto libri di altre donne che mi hanno aiutato a sentirmi meno sola in alcuni periodi difficili, quindi il pensiero di poter essere in qualche modo d’aiuto a qualcuno mi ha fatto andare avanti.
- La terapia ha un ruolo fondamentale, nonostante i metodi poco ortodossi del tuo ex analista. È stato più terapeutico scrivere L’amore va nell’umido? o sfogarsi con lui?
Entrambe, nel senso che questo libro senza la terapia molto probabilmente non ci sarebbe stato. Tutto quello che ho capito di me lo devo al lavoro che ho fatto su quel lettino. E ci tengo a sottolineare che il lavoro l’ho fatto io, perché la terapia funziona solo se tu ti metti davvero in gioco e se sei disposta ad affrontare i tuoi “fantasmi”. Sicuramente scrivere questo libro è stata la degna conclusione di un percorso analitico importante.
- “Se la merce è rimasta sullo scaffale, un motivo ci sarà…” questa frase mi ha molto colpito, specie in questi giorni di assalto ai supermercati che hanno dimostrato che alcuni prodotti non vengono scelti nemmeno quando si pensa stia sopraggiungendo l’Apocalisse. Ci sono uomini che, appena incontrati, ti hanno fatto pensare a questa frase?
No, perché sono stata culturalmente schiava anche io dell’idea che se un uomo è single lo è principalmente perché lo sceglie. Idea sbagliatissima. Ora sto cercando di liberarmi di tali costrutti mentali e di cercare di non giudicare gli altri in base a queste categorie. Si è single per tanti motivi, ma nessun essere umano aldilà del genere viene “scelto” come un prodotto. Fortunatamente siamo molto di più di un pacco di pasta. E comunque povere penne lisce lasciate sugli scaffali… a me non dispiacciono affatto, anzi d’ora in poi le comprerò per solidarietà!
- Nel libro scrivi: Ci sono state tantissime Ilarie nella mia vita, tantissime amiche a cui mi sono avvicinata per sentirmi più brutta. Quando hai preso coscienza di esserti autoinflitta questa pena?
Sicuramente l’analisi ha aiutato! Ma il campanello d’allarme vero è stato quando mi sono resa conto che mi capitava spesso di parlare di alcune mie amiche che consideravo molto belle agli uomini che frequentavo come per farmi dire da loro che erano meglio di me. Un meccanismo di autosabotaggio da Oscar!
- Sei dovuta passare attraverso incontri disastrosi e uomini improbabili conosciuti su Tinder per scoprire che l’unico amore di cui hai bisogno è per te stessa. Credi che l’esperienza di Tinder abbia accelerato questo processo di consapevolezza?
Si, perché è stato come andare a sbattere contro il muro e risvegliarmi dopo una bella botta con quella consapevolezza in più. Ma non lo consiglierei, sarebbe meglio arrivarci senza farsi male.
- Noi siamo coetanee e questo mi ha permesso di comprendere appieno i riferimenti musicali degli anni Novanta. La tua disamina sui testi di Max Pezzali mi ha fatto molto ridere nonostante non li avessi mai visti sotto quell’ottica. Hai mai proposto un pezzo sulla musica anni Novanta in una serata Stand-up comedy? Sono certa che avrebbe un riscontro pazzesco.
No, ma in effetti è un’ottima idea! Ci penserò!
- Ho letto dalla tua biografia che sei autrice e sceneggiatrice di tre fiction che io seguo: Non dirlo al mio capo, Che Dio ci aiuti e Don Matteo, quale ti diverte di più scrivere?
Sicuramente Che Dio ci aiuti! Anche perché è la serie a cui sono più affezionata visto che ci ho lavorato per più tempo.
- Io sono follemente innamorata di Che Dio ci aiuti, Suor Angela, Suor Costanza e Azzurra sono i miei personaggi preferiti, sono tue creazioni?
Loro no, perché sono subentrata nel gruppo di scrittura alla terza stagione. I personaggi che sono nati dal mio contributo sono Alice (la ragazzina della terza stagione) e soprattutto Valentina.
- Chiudiamo con la domanda più difficile: Daniela, quanto ti ritieni felice oggi?
Coronavirus a parte, oggi sono contenta della mia vita. “Felice” è una parola troppo grossa, fa quasi paura pronunciarla. Quando lo siamo io e le mie amiche diciamo che siamo “felicine”… così evitiamo la “big word”. Quindi sì, diciamo che sono “felicina” 🙂