Blog Tour – C’era una volta un fiume di Diane Setterfield – il caleidoscopio di personaggi

C’era una volta un fiume di Diane Setterfield, è un libro che va preso in mano nel momento giusto. Imporre un romanzo del genere sarebbe controproducente perché va assaporato, letto poco per volta, senza la fretta di dover giungere alla conclusione per preparare la tappa del Blog Tour in tempi record. Essere una blogger è bellissimo in molte occasioni, ma assolutamente folle e sfiancante in altre. Probabilmente se avessi acquistato C’era una volta un fiume sarebbe rimasto inesplorato nella mia libreria per lungo tempo e questo non perché la trama e la cover non siano attrattive, ma perché, già solo da quelle, si capisce che gli si deve concedere il tempo e il momento giusti per apprezzarlo. Come un buon vino che va fatto decantare per assaporarne tutti i profumi ed esaltarne il gusto.

La mia follia è stata scegliere la tappa: il caleidoscopio di personaggi. Con un titolo così era ovvio che ce ne fossero a bizzeffe. E infatti per buona parte non ci ho capito granché, trovare le connessioni tra di loro era davvero complicato e ho faticato a tenere a mente chi faceva cosa, chi era quello e chi l’altro. Insomma, il mio cervello per poco non andava in ebollizione. Ogni personaggio poi viene approfondito e ha la sua storia personale, nulla viene lasciato al caso da Setterfield, ogni cosa sembra avere una grande importanza, come se non esistessero delle gerarchie tra i personaggi e fossero tutti sullo stesso livello.

Il mistero è alla base di questo libro e tralasciare qualche dettaglio per affrettare la lettura è davvero un errore, l’ho provato sulla mia pelle credetemi, se ti saltano le connessioni sei fregato e non riesci più a venirne a capo. In questo libro si mischiano folclore, mistero, magia, seguendo un sentiero tortuoso. Ci sono stati capitoli in cui la mia mente vagava, facendo fatica a restare ancorata alla storia e ai personaggi, ma credo che la colpa sia da imputare unicamente a me e che questo libro abbia moltissimo potenziale e sia un gran bel libro perfetto per chi ha la pazienza di attendere, per chi non vuole tutto e subito, per chi ama gustare le cose piano piano e scoprire tutto lentamente.


c'era una volta un fiumeIn una notte buia nel pieno dell’inverno, in un’antica locanda sul Tamigi succede qualcosa di straordinario. Mentre i clienti abituali si raccontano storie per passare insieme le ore più buie, la porta si apre ed entra uno sconosciuto gravemente ferito. Tra le sue braccia c’è il corpo esanime di una bambina. Qualche ora dopo, la piccola si muove, fa un respiro e torna in vita. Si tratta di un miracolo? È successo qualcosa di magico? O la scienza può fornire una spiegazione? Le persone che abitano sulle rive del fiume applicano tutta la loro ingegnosità per risolvere l’enigma, ma col passare dei giorni il mistero non fa che approfondirsi. La piccola è muta e incapace di rispondere alle domande essenziali: chi è? Da dove viene? Il problema è che ben tre famiglie la reclamano come loro. Una giovane madre benestante è certa che si tratti della figlia scomparsa due anni prima. Una famiglia di contadini che ha appena scoperto la relazione segreta di uno dei figli è pronta ad accogliere la nipotina. La domestica del pastore locale, umile e solitaria, vede nella bimba la sorella minore. Ma per quanto siano strazianti le perdite passate, questa bambina non può essere di tutti. Ogni famiglia ha i propri misteri e molti segreti dovranno essere svelati prima che la sua identità possa essere conosciuta.

Al centro di questo romanzo è il Tamigi: un fiume capace di divorare i vivi e talvolta di restituire i morti. E la scrittura della Setterfield si snoda come il corso d’acqua che la anima: un momento tumultuosa, il momento successivo tranquilla, maestosa, quasi lenta, ma sempre trascinante.


il caleidoscopio di personaggi

Joe e Margot sono i proprietari dello Swan Inn lungo il Tamigi, il locale in cui avviene il miracolo.

Margot La proprietaria dello Swan era Margot Ockwell. Gli Ockwell gestivano il locale da che se ne aveva memoria. Per la legge la locandiera si chiamava Margot Bliss, perché era sposata, ma qui allo Swan rimaneva una Ockwell. Margot era una bella donna vicina ai sessanta. Era la figlia dell’ultima proprietaria; sua nonna e la sua bisnonna avevano gestito la locanda prima di lei, ma nessuno aveva da ridire sul fatto che lo Swan di Radcot fosse in mano alle donne. Era così e basta.

Joe Joe Bliss. Era nato a Kemble, venticinque miglia più su lungo il fiume, a un tiro di schioppo dal punto in cui il Tamigi emerge dal terreno in un rivoletto così sottile che è poco più che una chiazza di terra umida. I Bliss erano deboli di bronchi. Nascevano gracili e malaticci, e la maggior parte di loro erano spacciati ancor prima di diventare grandi. I Bliss erano persone gentili, spesso sorridenti, con lo sguardo mite. Il Tamigi l’aveva portato a Radcot, e a Radcot rimase. Con un po’ di pratica capì di potersi destreggiare in ogni genere di racconto, dai pettegolezzi alla Storia, dalla tradizione al folclore alle favole. Il suo volto espressivo riusciva a trasmettere sorpresa, trepidazione, sollievo, dubbio e qualsiasi altra emozione con la stessa abilità di un attore. Nel giro di qualche settimana da quando aveva bevuto per la prima volta allo Swan, Joe imparò come conquistare gli ascoltatori. Conquistò anche Margot, e lei conquistò lui.

Jonathan Jonathan era un ragazzino che sorrideva sempre–ma pareva malinconico. Non era stupido, ma la scuola era stata fonte di frustrazione per lui, gli altri bambini lo deridevano per il suo viso particolare e i suoi strani atteggiamenti, e così l’aveva abbandonata dopo qualche mese. Non era riuscito a imparare a leggere e a scrivere. I clienti abituali dello Swan conoscevano bene il piccolo Ockwell, con tutte le sue stranezze. 

Rita Escludendo Margot e le sue figlie, che erano parte integrante dello Swan come le assi del pavimento e i muri di pietra, le donne erano una presenza rara nella locanda, e non appena entrò nella stanza, tutti gli occhi si posarono su di lei. Rita Sunday. Le famiglie più facoltose della zona volevano soltanto Rita per gestire gli arrivi e le partenze da questo mondo e per curare tutti i malanni che subentravano fra queste due tappe. Rita viveva a Radcot da quasi dieci anni ormai. La morte non la spaventava. Da allora si era presa cura dei malati, aveva assistito alla loro dipartita e ne aveva ricomposto i resti. Morte per malattia, morte per parto, morte per incidente. Morte criminosa, un paio di volte. Morte come benevola visitatrice in età avanzata. L’ospedale di Godstow era sul fiume, perciò Rita aveva dimestichezza con i cadaveri degli annegati.

L’uomo ferito L’uomo–se di un uomo si trattava–era alto e robusto, ma il suo viso era ripugnante e alla sua vista i clienti rimasero di sasso. Era un mostro uscito da una leggenda popolare? Aveva il naso storto e schiacciato, e sotto c’era un buco profondo nero di sangue. Il suo aspetto era già abbastanza orripilante, ma quella terribile creatura teneva tra le braccia un pupazzo con il viso e gli arti di cera, e i capelli dipinti.

«È un fotografo» disse. «Perdiana! Come fai a saperlo?» «Le dita. Vedi questi segni? Sono macchie di nitrato d’argento. È la sostanza che si usa per sviluppare le fotografie.» Henry Daunt conferma che la piccola non è sua figlia, l’ha trovata nel fiume e tratta in salvo.

La bambina morta (o forse no?) Era una bambina, e nessuno l’aveva notato, nessuno, anche se era ovvio. Quale artigiano sarebbe arrivato a creare una bambola di tale perfezione per poi vestirla con un semplice grembiulino di cotone simile a quello di una qualsiasi bambina? Chi avrebbe dipinto un viso così macabro e privo di vita? Quale creatore se non il buon Dio avrebbe potuto disegnare la curva di quella mandibola, le linee di quella tibia, quel piedino delicato con cinque dita modellate, misurate e dettagliate una per una? Certo che era una bambina! Come avevano potuto pensare altrimenti?

Le donne distesero la bimba sulla panca accanto alla finestra. Era di un pallore mortale, completamente immobile, tranne gli occhi che sbattevano e si guardavano intorno.

Bess e Robert Armstrong il figlio maggiore, Robin dona loro dei grandissimi mal di testa e una lettera strappata, contenete il nome di quella che sembrerebbe essere sua figlia li fa partire alla volta di dello Swan Inn per capire se la bimba non morta potrebbe essere loro nipote. Quando si erano sposati, Bess portava già in grembo Robin, frutto della violenza subita da un altro uomo. Robert aveva scelto di dimenticarlo. Non era stato difficile perché fin da subito aveva amato quel bambino con tutto il cuore. Si era messo in testa di costruire una famiglia con Bess, non fragile e divisa, ma forte e completa, e non avrebbe mai permesso che un membro ne venisse escluso. C’era abbastanza amore per tutti. Era convinto che l’amore li avrebbe tenuti uniti. Ma quando si era reso conto che il ladro che aveva forzato il cassetto della scrivania e trafugato il contenuto altri non era che Robin, aveva pianto di delusione.

Lily White è una governante che ha perso la sorella minore e che si sente in colpa per ciò che le è successo, quando Lily viene a sapere della bambina decide di andare allo Swan Inn e dimostrare che è sua sorella ‘morta annegata’, ma i conti non tornano visto che Lily ha almeno quarant’anni. si sussurrava che Lily White fosse un po’ svitata. C’era un fondo di verità in ciò che la gente immaginava sul suo conto. Per la legge e davanti agli occhi di Dio, Lily White non era affatto sposata.

Anthony e Helena Vaughan hanno avuto una figlia, scomparsa due anni prima e che Helena si rifiuta di credere morta. Quando vengono a conoscenza della bimba dello Swan Inn sono certi possa trattarsi della loro Helena. Sembrano i più accreditati per potersi prendere cura della piccola, ma saranno davvero i suoi genitori? «Vede, abbiamo perso una bambina.» «Perso?» «È scomparsa.» «Deve scusarmi, Mr Vaughan, ma noi inglesi usiamo così tanti eufemismi quando parliamo di morte. Persa, scomparsa… Sono parole che hanno più di un significato. Ho già frainteso una volta riguardo a vostra moglie e non vorrei farlo di nuovo.» Mr Vaughan deglutì e guardò la propria mano sul bracciolo del divano. Fece scorrere un’unghia sul tessuto imprimendovi una linea. «Probabilmente conosce già la mia storia. Immagino che legga i giornali, e comunque era sulla bocca di tutti nella contea. Due anni fa. A Buscot.»

Spero di essere riuscita a incuriosirvi, raccontare questo romanzo non è semplice e vi suggerisco di seguire le altre tappe del Blog Tour per decidere se può fare al caso vostro. Buon proseguimento smeraldi!

c'era una volta un fiume

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.