The chain di Adrian McKinty
Trama “Mi chiamo Rachel Klein e fino a pochi minuti fa ero una madre qualunque, una donna qualunque. Ma adesso sono una vittima. Una criminale. Una rapitrice. È bastato un attimo: una telefonata, un numero occultato, poche parole. Abbiamo rapito tua figlia Kylie. Segui le istruzioni. E non spezzare la Catena, oppure tua figlia morirà. La voce di questa donna che non conosco mi dice che Kylie è sulla sua macchina, legata e imbavagliata, e per riaverla non sarà sufficiente pagare un riscatto. Non è così che funziona la Catena. Devo anche trovare un altro bambino da rapire. Come ha fatto lei, la donna con cui sto parlando: una madre disperata, come me. Ha rapito Kylie per salvare suo figlio. E se io non obbedisco agli ordini, suo figlio morirà. Ho solo ventiquattro ore di tempo per fare l’impensabile. Per fare a qualcun altro ciò che è stato fatto a me: togliermi il bene più prezioso, farmi precipitare in un abisso di angoscia, un labirinto di terrore da cui uscirò soltanto compiendo qualcosa di efferato. Io non sono così, non ho mai fatto niente di male nella mia vita. Ma non ho scelta. Se voglio salvare Kylie, devo perdere me stessa…”.
“Spaventoso, travolgente, originale” Stephen King
“Scritto in uno stato di grazia. Un capolavoro di suspense” Don Winslow
“McKinty è così bravo che sto seriamente iniziando a detestarlo” Lee Child
The chain di Adrian McKinty, suspense thriller pubblicato da Longanesi nella collana La Gaja scienza lo scorso 29 agosto
VITTIMA
RAPITORE
CRIMINALE.
Se sei un genitore non scegli di leggere The chain, se sei un genitore di un adolescente che ha la stessa età della figlia della protagonista ti tieni lontano da The chain, ed infine se sei un genitore come la sottoscritta, ansioso ed iperprotettivo, dopo aver letto The chain, prendi tuo figlio, lo rinchiudi sotto una campana di vetro e lo proteggi dal mondo esterno. Questo è stato, più o meno, il mio percorso con questo libro. Sentimenti contrastanti che da un lato hanno aggiunto ulteriore ansia a quella che già possiedo, dall’altro ho avuto modo di esorcizzare quelle paure che quando diventi madre si radicano dentro il tuo essere. Come se l’essere genitori spostasse un po’ l’ago delle tue priorità: non è più la tua vita il centro dell’universo, ma la vita di chi hai messo al mondo, che va protetta e salvaguardata.
Rachel Klein è una donna qualunque, 35 anni, divorziata, madre di una tredicenne veramente in gamba, Kylie. Nell’ultimo anno ha vinto forse la sua battaglia più difficile: il cancro al seno. È in remissione ma dalle ultime analisi i suoi valori si sono nuovamente alterati. Si sta recando ad un appuntamento con la sua oncologa, quando riceve una di quelle telefonate che non vorresti arrivasse mai.
“Uno: non sei la prima e di certo non sarai l’ultima. Due: non è una questione di soldi. Ogni cosa viene fatta per la Catena. Tra cinque minuti, Rachel, riceverai la telefonata più importante della tua vita. Dovrai accostare la macchina e prestare la massima attenzione. Riceverai istruzioni dettagliate. Assicurati di avere carta e penna a portata di mano. Non voglio illuderti che per te le cose saranno facili. Ti aspettano giorni molto duri, ma la Catena ti farà arrivare sino alla fine.”
Sembra il peggiore degli scherzi, qualcosa di inimmaginabile, ma è tutto reale, qualcuno ha rapito Kylie e per riaverla indietro non basterà pagare un riscatto. Chi ha preso la figlia è un’altra madre disperata che è dovuta diventare un mostro per liberare a sua volta il proprio figlio. Un’agghiacciante catena della quale Rachel diventa uno degli anelli.
“Mia figlia è stata rapita, per riaverla indietro devo sequestrare un ragazzino innocente in mezzo alla strada e minacciare la sua famiglia. E devono capire che non scherzo quando dico che lo ucciderò, altrimenti non rivedrò più Kylie.”
Se sei una persona perbene il male non ti tocca, non immagini nemmeno che basti un attimo, un battito di ciglia per trasformarti da madre a rapitrice. Un solo momento in cui decidi di violare i tuoi principi più profondi e radicati. Perché, se inizialmente sei una vittima, nel passo successivo diventi un carnefice, e devi avere il sangue freddo per commettere azioni moralmente ignobili, per salvare il tuo proprio sangue. Ma chi ti salverà da te stessa? Non puoi commettere azioni mostruose e farla franca con la tua coscienza e chi ha ideato questa terrificante catena di Sant’Antonio ne è pienamente consapevole. Come si sopravvive ad una esperienza così terrificante? Non puoi dire a nessuno che hai attraversato quella sottile linea di confine tra ciò che è moralmente giusto e ciò che è socialmente inaccettabile. La Catena prima ti tortura e poi ti rende complice di torture che devi infliggere agli altri. Ma che cosa succede se decidi di spezzare questa catena, di non sottostare alle rigide regole che la governano? Se scegli di non giocare secondo le regole, tua figlia pagherà con la morte.
Ho letto questo libro in un paio di giorni, la prima parte in maniera quasi febbrile ed ipnotica, la seconda con qualche perplessità, sebbene nella seconda parte conosciamo le origini di questo gioco perverso. Mi sono chiesta con una certa insistenza se potessi calarmi nel ruolo di Rachel, ho cercato di capire se sarei stata capace di agire come lei, con freddezza e razionalità. Se sarei stata in grado di sopravvivere ad una simile prova, se avrei avuto abbastanza sangue freddo per non perdere la testa e agire per il bene di mio figlio, rapendo qualcuno per salvargli la vita. Al di là della finzione romanzata, la risposta a tutte queste domande è sempre stata sì. Potrei agire come Rachel, potrei premere un grilletto se questo significasse salvare mio figlio. E allora eccolo, quel pensiero fisso che accompagna la mia vita da sempre. Non esiste linea di confine tra bene e male, sono la faccia della stessa medaglia e attraversano il nostro percorso in momenti diversi della nostra vita. The chain diventa un libro che si apre a riflessioni più ampie e lo fa con un ritmo serratissimo, asciutto, poco descrittivo, asfissiante. E mantiene alta l’attenzione del lettore quasi fino alla fine, dove è arrivata, purtroppo, la batosta della delusione. Mi aspettavo un epilogo diverso, meno in stile americano in cui l’azione, tipica di film come Rambo, ruba la scena. Ecco, con un finale diverso avrei urlato al capolavoro, ma così non riesco ad andare oltre ad un giudizio più contenuto.