Abbandonare un gatto di Murakami Haruki

Nei suoi romanzi e racconti Murakami ha creato un’infinità di mondi, e ne ha svelato ogni segreto ai lettori. Ma c’è una dimensione in cui la sua penna non si è quasi mai avventurata: la sua vita. Con Abbandonare un gatto, Murakami scrive per la prima volta della sua famiglia, e in particolare di suo padre. Ne nasce un ritratto toccante, il racconto sincero del «figlio qualunque di un uomo qualunque». E forse proprio per questo speciale. A tradurre in immagini questo delicato racconto autobiografico, le invenzioni di uno dei più importanti illustratori contemporanei, Emiliano Ponzi, che con i suoi colori aggiunge poesia alla poesia in un’edizione unica al mondo.

Recensione di Dannyella – Abbandonare un gatto di Murakami Haruki, Narrativa straniera moderna e contemporanea, pubblicato da Einaudi il 17/11/2020

Ho voluto acquistare quest’opera in edizione cartacea appena uscita. Sono ben lontana dal potermi dichiarare un’esperta di Murakami, ma ho letto alcune sue opere con vero piacere anche se molte altre mi aspettano ancora. Questo libro, autobiografico, però, ha attirato da subito la mia attenzione. Perché quando apprezziamo la penna di una autore diventiamo anche curiosi nei confronti dell’autore stesso, della sua vita, della sua storia. La possibilità che questo libro dà, quindi, di cogliere uno spiraglio della vota e della personalità dell’autore mi ha subito incuriosita.

Ed eccolo qui: un libricino cartonato con una copertina con alette, in tipico stile Einaudi. Poche pagine, siamo sotto le ottanta, in cui la scrittura è intervallata regolarmente con delle deliziosi illustrazioni. Mossa vincente da parte della casa editrice quella di affiancare la penna di Murakami alle illustrazioni di Emiliano Ponzi (l’illustratore che trasforma le parole in immagini, diceva un articolo su di lui), rendendo l’opera realmente degna di fare bella mostra di sé in una libreria di un lettore appassionato. In copertina, tralasciando l’odiosa fascetta rossa che lo avvolge, con su scritto Murakami Inedito (a mio parere uno specchietto per allodole molto commerciale destinato ad attirare l’attenzione di quei lettori troppo superficiali per essere attratti dalla copertina), un’altra illustrazione del Ponzi dove si vedono un bambino con un uomo su una bici: il bambino ha tra le mani un gatto in una scatola.

L’opera comincia proprio con il ricordo di Murakami del giorno in cui andò con il papà in bicicletta fino alla spiaggia e lì abbandonò una gattina. A quel tempo l’autore era un ragazzino che frequentava la prima o la seconda elementare, costretto ad accettare impotente la scelta del genitore di abbandonare l’animale. A quell’epoca, liberarsi di un gatto era una cosa normale, un gesto ben lontano dall’azione deprecabile che è oggi: siamo nel dopoguerra, l’idea di sterilizzare un animale domestico per non avere una ricca progenie di cui occuparsi non era neanche lontanamente considerabile. Una volta tornati a casa, però, padre e figlio trovano una bella sorpresa ad aspettarli: la gattina lì ad aspettarli. Così la famiglia Haruki deciderà di tenere con sé quella straordinaria gattina… del resto se l’è meritato sul serio. Con questo primo episodio Murakami comincia a parlare del padre: abile studioso che ha dovuto mettere da parte gli studi per dare il proprio contributo allo sforzo bellico del suo Paese, per poi venire inaspettatamente congedato, proprio per poter continuare a studiare, nel novembre del 1941, esattamente otto giorni prima dell’attacco A Pearl Harbor. Se non fosse stato congedato proprio quel giorno, probabilmente non sarebbe più tornato a casa, probabilmente non avrebbe mai incontrato la donna che sarebbe diventata sua moglie, probabilmente Murakami non sarebbe mai nato e i suoi libri non sarebbero mai esistiti. Sono riflessioni di questo genere che ci accompagnano per tutta questa delicata opera, mentre ricostruiamo i tratti del padre dell’autore e del loro rapporto complicato.

Se mio padre, invece di essere smobilitato, fosse finito nelle Filippine o in Birmania… se il professore di musica fidanzato con mia madre non fosse morto in guerra… Quando immagino una di queste eventualità, capisco che sarei potuto non nascere mai, ed è una sensazione davvero strana. Non esisterebbe la mia coscienza. Né esisterebbero i libri che ho scritto. 

Credo sia un memoir immancabile nella libreria degli appassionati di Murakami che leggeranno i frammenti della sua famiglia e della sua infanzia con vera avidità.

Per una persona che fa il mio mestiere che qualcuno sia intelligente o meno non ha molta importanza. Perché per scrivere è necessario essere dotati, più che di intelligenza, di libertà di spirito e di una forte intuizione. 

 

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