I cinque canti di Palermo: Le prime indagini di Leo Salinas di Giuseppe Di Piazza
Trama Due innamorati divisi, come Romeo e Giulietta. Una ragazza francese, stupenda e malinconica, che nasconde un terribile segreto.
Un medico per bene con simpatie fasciste. Un malacarne buono a nulla che rapisce i suoi tre figli. Un “ladro onesto”, fratello di un mercante di uova di tonno alla Vuccirìa. Queste le persone che popolano le giornate di Leo Salinas, detto “occhi di sonno”, un giovane cronista di nera che ogni sera torna a casa con le scarpe sporche di sangue umano. E tanta voglia di vita e bellezza. Perché è Palermo, sono gli anni Ottanta, è la giovinezza in una città sconvolta dalle guerre di mafia. Ma anche un luogo unico, di profumi, di chiese, cibo e mare. E donne bellissime, che come sirene promettono meraviglia e possono portare salvezza o perdizione.
Con I cinque canti di Palermo, Giuseppe Di Piazza ripresenta in una versione riveduta e corretta il suo libro di esordio, aggiungendo un fondamentale e inaspettato “quinto canto”. E, come fanno solo i grandi scrittori, trasporta il lettore in un mondo lontano e vicino, esotico e normale, in cui ogni personaggio colpisce al cuore.
I cinque canti di Palermo: Le prime indagini di Leo Salinas di Giuseppe Di Piazza, noir pubblicato da HarperCollins lo scorso 16 gennaio
Sono nata durante gli anni caldi della guerra di Mafia, ma non ho percepito il clima da Far West fino ai quattordici anni. Fu un boato a svegliare la mia coscienza, era il 23 maggio del 1992. Ci sono un PRIMA e un DOPO quella data. Il prima è scandito dalla bellezza della mia città, guardavo Palermo con gli occhi innamorati, sempre allegra, colorata, baciata dal sole tutto l’anno e abbracciata dal mare. Un crogiolo di civiltà diverse riusciva a convivere pacificamente, noi stessi frutto di antiche dominazioni eravamo un miscuglio di Arabo Normanni, e di splendore mi riempivo gli occhi. Palermo è una “fimmina” di sfacciata bellezza, sempre in tiro, elegante, sensuale, intelligente. Tutto questo splendore offuscava la mia percezione della realtà. E fu un boato in quel pomeriggio primaverile a farmi aprire gli occhi. A farmi vedere le tracce di sangue sull’asfalto, percepire che dietro una facciata splendente c’era una macchia ben più grande che le coscienze sporche e l’omertà imperante non riuscivano a lavare via. Quando mi è stato proposto questo libro per il blog, non ho avuto alcuna incertezza, nessun tentennamento, non ho nemmeno letto la trama, sapevo solamente che volevo leggere questo romanzo, come una sorta di memorandum non solo personale, ma con la speranza che sia utile anche alle nuove generazioni, quelle che ignorano di quanto sangue si sia macchiata la mia amata Palermo.
I cinque canti di Palermo, presentato per la prima volta nel 2012 con un’altra casa editrice e con un titolo diverso, “I QUATTRO CANTI DI PALERMO” – che nella toponomastica cittadina rappresentano l’intersecarsi di due vie del centro, che dà origine ad una piazza chiamata i quattro canti – è una riedizione pubblicata lo scorso 16 gennaio, in cui il romanzo si arricchisce di un quinto canto, che l’autore ormai lontano dalla sua Palermo rinomina “il canto dell’assenza”, ed è anche il mio capitolo preferito, quello che ha riempito di struggimento la mia anima.
“Non c’era niente di straordinario: in quei tempi si moriva. Non avevamo altra difesa se non trovarci un cantuccio dove nasconderci dalla realtà… Non c’era consapevolezza, non sapevamo di combattere una guerra: contavamo i caduti, sentivamo le unghie della morte conficcarsi ogni giorno di più nelle nostre vite.”
Protagonista della storia è un giornalista di cronaca nera alle sue prime inchieste; poco più che ventenne, Leo Salinas è detto “occhi di sonno” per le sue capatine notturne nelle strade cittadine in cerca di spunti per i suoi articoli e le inchieste giornalistiche. Ho adorato leggere tutta la parte legata alle indagini, ai suoi servizi, alle difficoltà oggettive, aggravate dalla mancanza di velocità tecnologica con la quale viaggiano le notizie ai giorni nostri. Mi ha fatto un po’ specie e ho sorriso perché avevo dimenticato che in quegli anni non c’era internet a scandire la nostra vita. Leo Salinas girava con la sua vespa, con in tasca i suoi fidati gettoni, e trasmetteva le notizie in redazione usando le cabine telefoniche. I giovani d’oggi, probabilmente, ne ignorano l’esistenza.
Ogni racconto, verosimile, in cui il lettore può percepire le storie reali dalle quali è tratto, ha un denominatore comune: la Mafia. I soprusi di quel periodo, l’onore, gli omicidi, il sangue sulle strade e, se da un lato il lettore si trova a riflettere sulle tante ingiustizie, dall’altro a prevalere è un sentimento di rabbia e frustrazione.
“Si conviveva. Buoni e cattivi, vittime e carnefici. Figlie d’impiegati perbene e figli di mafiosi sanguinari. La linea di confine, a Palermo, non è mai stata tracciata”
Ho bevuto questo romanzo, mi sono ubriacata delle sue parole e, subito dopo la inevitabile ubriacatura, ho avuto una sorta di sbronza triste. Non è facile per chi a Palermo è nata, e continua a viverci, parlare di determinati temi. Ho sempre odiato le fiction televisive, quelle che si arrogano il diritto di raccontare la mafia secondo loro, seguendo uno schema a dir poco grottesco. Noi non siamo così, Giuseppe Di Piazza, invece, ci racconta la verità, si attiene a fatti realmente accaduti e lo fa senza fronzoli e senza ammiccamenti, ci mostra una Palermo reale e la vita dei giovani durante quegli anni a dir poco turbolenti. Lo stesso Leo Salinas ha una sorta di doppia vita: da una parte il cronista d’assalto che cerca il suo posto nel mondo e insegue le notizie con la sua immancabile vespa, e dall’altra il ragazzo di vent’anni, con la sua turbolenta vita amorosa, che ascolta buona musica e si spoglia letteralmente di tutte le brutture che ha incontrato per la strada, una volta rientrato in casa. E tra tutte le donne che ha amato nella sua vita, a percepirsi nell’ultimo canto è il forte sentimento per l’unica fimmina che, nonostante abbia un po’ tradito le sue aspettative, non può far a meno di amare: Palermo.